I problemi che avevamo messo in quarantena: cosa fare adesso?
Il coronavirus ha lasciato le nostre vite in sospeso per mesi e la quarantena ha messo in stand by anche alcuni problemi che avevamo rimandato. Che fare, ora?
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"… dobbiamo soltanto sceglie se avecce l'ansia che'sta quarantena continua e ce magna tutta la primavera o se invece avecce l'ansia che finisce e ce tocca tornà a fa i conti con le vite nostre che comunque stavano già belle impicciate prima del coronavirus"
(Rebibbia Quarantine - s1e2 Zerocalcare).
Rimandare a “dopo”… e poi?
Lo facciamo quando si avvicinano le vacanze estive, poi all’approssimarsi di quelle di Pasqua o Natale: cogliamo a pretesto uno spartiacque collettivo per rimandare a “dopo” determinati problemi, certe decisioni, alcuni cambiamenti che vorremmo fare.
Anche la pandemia ha indotto a mettere in "quarantena" molte questioni, a dare, comprensibilmente anche, priorità all’emergenza che stavamo vivendo, rimandando il resto ad un incerto e indefinito “dopo”.
Nel frattempo ci siamo detti (in osservanza ad un meccanismo collettivo di negazione maniacale) che sarebbe andato “tutto bene”, che ne saremmo usciti “migliori”, che il mondo sarebbe cambiato (in meglio, si intende…). Ora che l’emergenza è tutt’altro che finita, ma si può/si deve tornare a una qualche normalità, ci ritroviamo in un mondo cambiato in parte (forse non per questo migliore o peggiore), ma con gli stessi problemi di prima: che fare?
Quarantena e bisogni primari
Abraham Maslow è il noto psicologo statunitense che, in tempi assolutamente non sospetti, pubblicò la sua teoria sulla gerarchizzazione dei bisogni umani (1954) destinata a rivelarsi utile e affidabile anche in epoche successive e ben diverse da quella in cui egli visse e operò.
Tutti noi siamo senz’altro d’accordo nel ritenere la nostra autorealizzazione l’obiettivo più importante a livello esistenziale, molto più di aver mangiato una buona pizza o aver dormito una sana notte di sonno. Ma quel che ancora troppo spesso sfugge – e che Maslow invece evidenziò bene – è che esiste una precisa gerarchizzazione dei bisogni umani dove i più elevanti difficilmente possono essere perseguiti e realizzati se quelli di base non sono stati adeguatamente soddisfatti.
Fra questi ultimi troviamo i bisogni fisiologici (respirare, bere, dormire ecc) e quelli di sicurezza, fisica e psicologica. Questi due livelli, fondamentali per l’omeostasi psicofisica degli esseri umani, sono quelli che sono stati più direttamente colpiti dall’emergenza sanitaria in atto, che ha portato a temere per la salute/vita propria o di altri, a provare paura, insicurezza e incertezza sia materiale (si pensi alle ripercussioni economiche) che affettiva (temere per i propri cari, non poter vedere/toccare le persone intime, assistere allo stravolgimento della quotidianità dei propria ambienti di vita e di lavoro).
Non a torto, dunque, la pandemia da nuovo coronavirus è stata definita come evento pre-traumatico (Van der Kolk, 2020). In un assetto di questo tipo non sorprende se molte persone, alle prese con problemi (o paure) relativi alla propria salute e sicurezza, hanno messo in stand by quelli inerenti la vita affettiva e di relazione (difficile mettere in discussione gli affetti in un momento di incertezza globale) come pure desideri/progetti esistenziali e lavorativi.
Ridefinire il problema
In realtà, in molti casi i problemi sono stati solo apparentemente messi in quarantena perché, in molte occasioni, la quarantena stessa ha rappresentato un amplificatore di quelle difficoltà personali e relazionali rese improvvisamente ineludibili dalla limitazione alla libertà individuale e dalla stretta convivenza familiare h24.
Questo non vale soltanto per le situazioni gravi ed emergenziali, come l’abuso di alcol o la violenza domestica, o per alcuni disagi psicologici (come la depressione, i disturbi alimentari o la mancata elaborazione di un lutto), ma anche per quei problemi di relazione e di convivenza che possono rendere affetti e relazioni intime fonte di sofferenza invece che di gratificazione e soddisfazione.
I litigi fra i partner, i problemi fra genitori e figli, le crisi di coppia: problemi che con la quarantena possono essersi amplificati (o improvvisamente esplosi laddove si cercava di tenerli sopiti) in un momento in cui, come abbiamo detto, la mente faticava a trovare le energie per rimettere in discussione tali rapporti e individuare strade per un loro rinnovamento.
Ecco che adesso può essere spiazzante confrontarsi con tutto questo: problemi vecchi e nuovi che sembra siano emersi, o ri-emersi, al di là della nostra volontà e che non ci sentiamo in grado di affrontare. Un problema può sembrare insormontabile almeno in tre condizioni:
- quando è troppo confuso e generico (non si tratta mai di “tutta” la nostra vita, quasi sempre di alcune specifiche aree/persone/relazioni di essa: il problema, perché sia risolvibile, va prima definito con precisione);
- quando si disconosce la propria parte di responsabilità e si ritiene che dipenda solo da cause esterne (eh sì riconoscere la propria parte di responsabilità può essere scomodo e talvolta doloroso, ma ci consente di recuperare padronanza su ciò che accade);
- quando ci si affida troppo a criteri/standard “esterni” e non si ascoltano le proprie sensazioni interne, le uniche che possono orientarci a capire ciò che realmente vogliamo.
Seguire questi tre punti può essere utile non per risolvere il problema, ma per iniziare a ridefinirlo in modo da poterlo percepire più alla nostra portata e non del tutto al di sopra delle nostre forze.
Andrà tutto bene?
Julio Velasco è un dirigente sportivo e allenatore di pallavolo, i suoi interventi hanno fatto scuola spesso ben oltre i confini del mondo sportivo. E anche in questa occasione non ha rinunciato a smentire il senso comune facendo leva, anziché sul vittimismo, sul senso di fiducia e responsabilità che vede e pretende dalle persone con cui lavora:
“Andrà tutto bene? No, come faremo in modo che vada” “Dire che andrà tutto bene va bene per i nostri nipotini, è una bella favola. Ma noi adulti dobbiamo essere pronti, allenarci mentalmente per quella che sarà una lunga traversata nel deserto”. A noi la palla…
Bibliografia
Maslow A.H. (1954), Motivazione e personalità, trad. it. Armando, Roma, 1973.
Van der Kolk B. (2020), Nurturing our mental health during the COVID-19 pandemic. Retrieved from: https://www.besselvanderkolk.com/blog/how-we-can-nurture-our-mental-health-during-the-covid-19-pandemic.