Voti a scuola, pro e contro
Voti, giudizi, e poi alla fine dell'anno, pagelle. Quali sono le forme di valutazione più adatte a misurare il grado di apprendimento di uno specifico argomento degli studenti?
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Gli esami non finiscono mai, ma le vautazioni che più abbiamo temuto nella vita sono sicuramente le pagelle di fine anno. Un tema più caldo del solito quest’anno, considerate le tante sfide che alunni, insegnanti, genitori e tutto il sistema scolastico sono stati chiamati ad affrontare con la didattica a distanza a causa dell’emergenza sanitaria che ha colpito l’intero paese. Accanto a questo, le novità a livello scolastico che vedano, salvo cambiamenti, l’abolizione del voto numerico alle elementari a partire dal prossimo anno.
Fatto, questo, non nuovo per la scuola italiana che negli anni ha visto l’avvicendarsi di differenti modalità di valutazione: dal giudizio qualitativo, ai numeri, le lettere, i giudizi come ottimo, distinto, ecc.
La questione riapre un altro grande dibattito nella scena politica, ma anche didattica, pedagogica ed educativa…voti sì o voti no?
Voti a scuola: quali vantaggi?
L’espressione di un voto su una scala da 1 a 10 ha per il sistema scolastico un valore spesso interpretato in modo errato, ovvero quello di indicare quanto sia il livello di apprendimento di un alunno su un determinato argomento o in generale una disciplina. E più ingenerale quindi il valore e l’abilità dell’alunno stesso.
Tuttavia, l’intento potrebbe essere più nobile e profondo se utilizzato con accortezza: attraverso un valore numerico, esplicitare il livello di obiettivi di apprendimento raggiunti e specialmente le aree che necessitano di potenziamento e miglioramento.
Il voto quindi ha un suo valore se utilizzato in modo funzionale a esprimere all’alunno prima, e al genitore poi, quanta padronanza vi è rispetto ad una disciplina al fine di poter progettare un recupero delle lacune o al contrario valorizzare i talenti e i punti di forza. Il tutto in un’ottica di crescita e di apprendimento.
Potrebbero essere non necessariamente attribuiti attraverso prove, verifiche e interrogazioni che scatenano competizione e preoccupazione, ma anzi attraverso attività laboratoriali, confronti, lavori di gruppo: comunque modalità alternative che mettano sotto stress l’alunno ma trasmettano il piacere di apprendere e il suo valore ad ampio raggio.
Il valore numerico inoltre se ben utilizzato è un parametro potrebbe servire al docente per capire se il proprio metodo di insegnamento e le strategie utilizzate sono funzionali con il gruppo classe specifico, capire quanti ragazzi riesce a raggiungere e chi invece fatica ad approcciarsi alla materia con quel metodo, cercando, in un’ottica inclusiva, di raggiungere tutti gli alunni adattando la didattica.
Voti: i tanti contro che fanno riflettere
Il voto utilizzato come nella consueta normalità scolastica, tuttavia si discosta spesso dal valore positivo che può assumere, divenendo, al contrario un elemento fortemente negativo.
In primo luogo, proprio per il sistema valoriale più ampio in cui successo e insuccesso assumono un valore preponderante, il voto diventa un’attribuzione di capacità e giudizio alla persona. Nella realtà la valutazione dovrebbe fermarsi sulla competenza e capacità appresa, tuttavia spesso è vissuto ed espresso come un valore attribuito al singolo.
Questo è vero per insegnanti e sistema scolastico che, pur non consapevolmente spesso, sono portati a fare distinzione tra gli alunni con voti maggiori, visti come i più capaci e bravi, e quelli con voti minori, spesso considerati poco volenterosi e con scarso impegno.
Questo avviene anche in famiglia in cui il valore numerico viene considerato un elemento di premio o punizione, di impegno o non impegno. Nella società inoltre, talvolta le cose sembrano ribaltarsi con i meno bravi che appaiono come quelli maggiormente integrati nel gruppo dei pari, mentre i “secchioni” quelli più emarginati.
Questo giudizio di valore però si ripercuote sull’immagine di sé del bambino o ragazzo che si sentirà valere due, tre, o al contrario nove e dieci, in base al valore preso. In entrambi i casi possono esserci ripercussioni spiacevoli come bassa considerazione di sé nel primo caso e magari ulteriore riduzione della fatica, ritenuta inutile, ed elevate aspettative percepite con ansia da prestazione e paura di deludere, nel secondo.
Altro elemento cruciale la competitività tra alunni: il voto determina inevitabilmente una gerarchia che può creare disagio, ansia da prestazione, ma anche prese in giro, derisione e vergogna.
Insomma, in qualche modo crea anche dei gruppi e delle dinamiche sociali, nonché inevitabilmente preferenze anche tra i docenti. Nel voto il bambino o ragazzo non vede le proprie aree di miglioramento e i punti di forza, ma solo un valore che attribuisce al sé in toto, è un’etichetta difficile da staccare, un peso nel bene e nel male da sostenere e una difficoltà a dimostrare al mondo intero la propria natura. Sì perché un 10 in tutte le materie non è sinonimo di benessere, felicità, soddisfazione e soprattutto successo lavorativo e nella vita.
Allo stesso tempo una serie di insuccessi scolastici potrebbero nascondere talento e genialità in altri campi, che se hanno la possibilità di esprimersi possono portare a grandi cose.
Voti pro e contro: un diverso punto di vista
Forse la discussione è ben più ampia dei vantaggi e svantaggi nell’utilizzo dei voti e dovrebbe coinvolgere le modalità con cui essi sono espressi, recepiti e considerati. È il modo in cui sono vissuti che li rendono un elemento positivo o negativo e non il valore numerico in sé.
Ai bambini bisogna spiegare che il voto è dato al compito svolto, a quante cose è riuscito ad esprimere e come e non dice nulla sulla sua persona. Semplicemente è un modo come un altro di dire se l’argomento studiato è stato appreso, se ha capito la regola di italiano o matematica, o al contrario serve un ripasso o nuova spiegazione.
Per questo i genitori e gli insegnanti hanno un ruolo importantissimo: i primi nel non puntare tutto sul voto preso con le classiche domande “come è andata la verifica?” oppure “che voti hai preso oggi?” ma con altre del tipo “cosa hai imparato oggi di bello?” “l’argomento nuovo ti è piaciuto? Hai tutto ben chiaro?”. Cercare di trasmettere al bambino e al ragazzo che l’impegno è importante non per arrivare ad un successo ambito da altri, ma per poter raggiungere i propri obiettivi e soddisfazione; che il voto è uno strumento e come tale va utilizzato e che l’apprendimento deve andare al di là del risultato.
Gratificare, specialmente i più piccoli è importante perché stimola a riprovare, a continuare e consolida quanto fatto e appreso, tuttavia è bene farlo per ogni passo, seppur piccolo che sia, quindi anche quando bisognerebbe dare un voto basso, far notare le cose positive e dire che altre possono essere migliorate, proponendole come nuova sfida.
Tuttavia, in una società basata sul valore del successo e insuccesso, in cui i maggiori mezzo per motivare nel fare e raggiungere qualcosa sono di tipo monetario, remunerativo e comunque di benefit, quindi una motivazione di valore estrinseco, i voti rappresentano ancora, purtroppo, uno dei mezzi maggiormente efficaci per coinvolgere gli studenti a studiare, applicarsi, fare i compiti, quello che è necessario è un cambio di rotta, non solo nell’utilizzo dei voti, ma nel sistema e modalità di trasmettere gli apprendimenti: la scuola non come luogo in cui è richiesta una performance che avrà un giudizio, ma come luogo di crescita e di sviluppo in cui i talenti e le capacità possano riaffiorare ed esprimersi.