Psicoterapia fenomenologica
Psicoterapia fenomenologica: in teoria
L’approccio fenomenologico privilegia l’osservazione dei fenomeni così come appaiono, indipendentemente dal fatto che corrispondano o meno a una realtà oggettiva. In effetti non esiste una realtà in sè, ma solo una realtà in me: sono io che do significato all’esperienza così come la percepisco. Il sentire non è verificabile, non è giusto o sbagliato: il paziente può solo imparare a riconoscerlo e a gestirlo.
L’approccio fenomenologico osserva dunque i fenomeni umani direttamente, senza strutture teoriche prestabilite in cui, successivamente, inserire l’individuo. Qualunque struttura infatti è riduttiva. Gli psicoterapeuti fenomenologi rifiutano la riduzione dello psichico a parametri naturalistico-oggettivi, sia che essi siano declinati in termini biologici (psichiatria clinica), psicologici (behaviourismo, cognitivismo) o sociologici (teorie sistemico-relazionali, sociopsichatria). L’intento antiriduzionistico della fenomenologia sta nel tentativo di cogliere e descrivere gli eventi psicopatologici nel loro darsi immediato, nell’incessante divenire dei vissuti. Si sospende così la questione psicofisica (considerata metafisica) e quella della causalità degli accadimenti psichici (ricerca dell’origine causativa del sintomo).
Le basi storico-scientifiche dell'indirizzo sono, su un versante, la fenomenologia di Edmund Husserl e di Martin Heidegger e le sue applicazioni in ambito psicopatologico e, sull'altro versante, la psicoanalisi freudiana interpretata in senso ermeneutico.
In Italia queste linee di ricerca e di intervento possono essere ben rappresentate dalla scuola di Gaetano Benedetti e Salomon Resnik e dall'opera di Ferdinando Barison, Eugenio Borgna, Bruno Callieri, Lorenzo Calvi e Danilo Cargnello.
Psicoterapia fenomenologica: in pratica
Sul piano psicoterapeutico, psicoanalisi e fenomenologia condividono la scelta di rivolgersi al vissuto del soggetto – non al comportamento –, e il rilievo dato all'incontro umano, all’esserci inteso in senso dialogico – una rilettura della nozione freudiana di transfert e contro-transfert.
Il vissuto. Le metodologie di intervento della psicoterapia fenomenologica si basano sull'impiego della narrazione, dell'ascolto, del silenzio, dell'intuizione, dell'empatia, dell'interpretazione interattiva. Se la comunicazione è profonda e autentica, il paziente può ricostruire, nella nuova realtà dello spazio terapeutico, il suo rapporto con se stesso. Lo psicoterapeuta “fenomenologico” dice: “Non trovo utile tentare di costringere il cliente a modificare i propri sintomi e punti di vista, piuttosto cerco di stimolare la consapevolezza sia mia che sua su ciò che sta accadendo proprio qui e adesso, sottolineo che egli funziona nel modo in cui funziona e che accade ciò che accade, lo invito a divenire più consapevole del senso che il suo sintomo può avere nella sua vita”.
L’esserci. L'esperienza del transfert e del contro-transfert mette in discussione l'identità di ognuno dei due partecipanti della coppia terapeuta-paziente; il fattore terapeutico fondamentale è la possibilità di un riconoscimento reciproco nella relazione. Tale riconoscimento è sempre attuale e irripetibile e ciò implica una diversa accezione della teoria, che non può essere data una volta per tutte, ma si costruisce e si modifica nell'incontro dialettico dell'esperienza clinica.
In poche parole, nell’approccio fenomenologico, l’attuazione dell’antico imperativo delfico “Conosci te stesso” non richiede un altro di fronte a te che, interpretando, ti racconti la tua storia, ma un contesto affettivo che ti consenta di sperimentare l’ampliamento della capacità di osservare il tuo vissuto nel suo darsi.
Psicoterapia fenomenologica: per chi e per quali problematiche
La psicoterapia fenomenologica è indicata sopratutto nei casi di gravi alterazioni dell’equilibrio psichico con compromissione dell’esame di realtà (è una psicoterapia delle psicosi).
Ma è anche adatta a chiunque voglia sviluppare consapevolezza di sé e acquisire la capacità di reagire (responsabilità) adeguatamente, ma a modo suo, a ciò che gli accade.
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Psicoterapia fenomenologica: certificazione e deontologia
L'esercizio di ogni tipo di attività psicoterapeutica – come indicato nel punto 3 della legge Ordinamento della professione di psicologo – è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione (di diverso approccio) almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia presso scuole di specializzazione universitaria o istituti privati riconosciuti dal MIUR.
In deroga a quanto previsto dalla succitata norma, il medico specialista in psichiatria o in neuropsichiatria è autorizzato all’esercizio della psicoterapia anche senza aver frequentato la scuola di specializzazione in psicoterapia.
Va ricordato che il fondamento della psicoterapia fenomenologica è la relazione. L’essere-in-relazione è, di per sé, terapeutico. Questo assunto implica la piena accettazione della responsabilità implicita in ogni cura, che va ben oltre i comuni doveri deontologici. Parlare di scuole, di leggi, di albi professionali, di "tecniche" da insegnare è perciò difficile: secondo questo indirizzo il saper vivere coi malati deve infatti andare di pari passo con le acquisizioni teoriche: la fenomenologia non è tanto un "sapere" da trasmettere, quanto un “modo di relazionarsi" da favorire. Dunque, la formazione degli psichiatri fenomenologi dovrebbe cominciare sul campo, ovvero dal contatto diretto con le persone affette da problematiche psichiche.
Psicoterapia fenomenologica: risorse utili
- Il dialogo come “luogo” formativo per eccellenza dello psicoterapeuta fenomenologico
- L’approccio fenomenologico alla psicoterapia secondo lo psichiatra Bruno Callieri