Donne: piacersi e piacere a 50 anni
La soglia dei 50 anni rappresenta per una donna un momento di passaggio esistenziale sicuramente complesso sia dal punto di vista psicologico che sociale. Ma, come in ogni età della vita, per piacere è necessario prima piacersi.
Rispetto ad alcuni decenni fa, la soglia dei 50 anni non rappresenta più per la donna l’inizio della vecchia ma, semmai, l’aprirsi di una nuova fase di vita che può rivelarsi appagante e attiva da molti punti di vista. Questa fase però rappresenta anche un passaggio esistenziale significativo, un momento di cambiamento per la psiche e l’identità femminile, da non sottovalutare né ricondurre sbrigativamente a una perpetua giovinezza.
I 50 anni come fase della vita
Quella dei 50 anni rappresenta per le donne un periodo in cui, facendo l’ingresso nella menopausa, si vivono cambiamenti identitari profondi influenzati, al tempo stesso, dai modi in cui, questa fase, viene considerata dal contesto sociale e culturale. Oggi, per le donne che vivono nei paesi occidentali l’aspettativa di vita è in aumento: considerando una durata della vita media di 85 anni (ISTAT, 2017), i 50 anni segnano ancora un terzo della vita. Tutt’altro quindi che un declino o una fase “discendente” della propria esistenza, ma un momento ancora fortemente impegnato in ambito lavorativo, sociale e sentimentale.
Per diversi motivi però la soglia dei 50 anni può rappresentare una crisi esistenziale non di poco conto per la donna e che, proprio in questo momento di passaggio, può vedersi e sentirsi diversa e avvertire una certa insoddisfazione per il proprio corpo e la propria immagine.
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Menopausa e cambiamenti identitari
Alla crescente insoddisfazione per la propria immagine corporea possono contribuire due fattori: rilevare un aumento di peso e percepire emozionalmente la menopausa come un “cambiamento di status”.
Sebbene, come si è detto, non si sia alla fine della propria vita, vero è che ogni donna si ritrova intorno ai 50 anni a confrontarsi con la fine della giovinezza, della vita fertile e delle possibilità generative del proprio corpo.
Se ha avuto figli propri o magari già dei nipoti, i cambiamenti fisici e ormonali potrebbero contribuire a farla sentire improvvisamente messa “da parte” rispetto alla giovinezza di chi ha di fronte e al venir meno del suo ruolo accuditivo e educativo di madre.
Se non ha avuto figli o gravidanze proprie, la donna nella fase della menopausa potrebbe guardare alla maternità non vissuta in modi differenti scoprendo magari una vena di rimpianto che non si sarebbe aspettata quando ha deciso di rinunciare alla maternità.
In ogni caso, comunque, anche quando la donna continui ad essere serena rispetto alle scelte fatte, la menopausa la rende soggetta a percepire un mutamento di “status” all’interno dell’ordine delle cose.
50 anni: un mutamento di “status”?
La menopausa che caratterizza la soglia dei 50 anni impone infatti alla donna di compiere, non solo fisicamente ma anche psicologicamente, un passaggio significativo nell’ordine delle generazioni che vede l’avvicendarsi di: una donna giovane, una (potenziale) madre, una donna matura.
Un avvicendarsi di tre figure che non sono solo fisiche, ma anche e soprattutto psichiche e che corrispondono a posizioni identitarie rispetto alle quali la psiche di una donna si confronta nell’arco di tutta una vita: come figlia, come madre (reale o potenziale), come anziana (ad es. le proprie nonne). Sono illuminanti a questo proposito le parole che utilizza Winnicott per esprimere questo concetto: “Per ogni donna, vi sono sempre tre donne: la bambina, la madre, la madre della madre. (…) Ella comincia da tre, mentre l'uomo comincia con l'urgenza di essere uno” (Winnicott D., 1964).
Attraversare i 50 anni e la menopausa significa, per la donna, spostarsi verso il terzo polo dell’identità femminile.
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Il culto dell’immagine dell’eterna giovinezza
I cambiamenti fisici possono comportare un certo smarrimento nella donna alle soglie dei 50 anni che – in modi simili e diversi da un’adolescente – osservandosi allo specchio stenta a riconoscersi nel proprio corpo.
È per questi ordini di motivi che possono manifestarsi in alcune donne anche forme di disagio psicologico compreso il presentarsi (o ri-presentarsi) di disturbi del comportamento alimentare.
Su queste vulnerabilità incidono anche le “regole del gioco” dell’attuale società dell’immagine in cui viviamo. La menopausa rappresenta, da questo punto di vista, un’età della vita piuttosto paradossale. Da un lato si è ancora nel pieno delle proprie energie e possibilità mentali e si è comunque ancora fisicamente attive e in buona salute: le cinquantenni di oggi dimostrano 20 o 30 anni di meno delle proprie bisnonne.
Dall’altro, tuttavia, la società attuale pone come modelli univoci di successo e bellezza quelli identificati in corpi eternamente giovani, magri e irraggiungibili (spesso anche da coloro che sono ancora giovani ma in carne e ossa e non patinate dal fotoritocco). Il corpo giovane e snello viene proposto come modello univoco di avvenenza, come unica arma per piacere e piacersi, tutto questo può alimentare vissuti di solitudine e smarrimento in coloro che già per fattori individuali vivono la menopausa come momento di vulnerabilità psicologica.
50 anni e un corpo che cambia
Un elemento che contribuisce spesso ad alimentare l’insoddisfazione corporea delle donne intorno ai 50 anni è una diffusa dispercezione riguardo alla forma e al peso del corpo. Il calo di estrogeni della menopausa, infatti, comporta tutta una serie di naturali e fisiologiche modificazioni della forma del corpo femminile determinando una redistribuzione del tessuto adiposo dalle cosce a livello addominale (Jamin, 1995). Quel che è interessante è che spessissimo le donne percepiscono queste modificazioni morfologiche come un “aumento di peso”, soggetto a venir percepito come eccessivo anche quando rientra nel range di normalità. Questa preoccupazione per il sovrappeso porta ad una rinnovata attenzione per le diete e l’alimentazione, ma ciò con cui alcune donne stentano a confrontarsi è una differente forma corporea che nessun numero sulla bilancia potrà modificare nella sostanza e che, se non riconosciuta come tale, rischia di alimentare preoccupazioni e sacrifici destinati ad alimentare delusione e impotenza.
Ogni passaggio della vita, dalla prima infanzia in poi, comporta una fase di lutto psicologico: impone di rinunciare ad alcuni aspetti per abbracciare nuovi modi di percepirsi e di essere.
Se attraversati consapevolmente, i 50 anni possono schiudere alla donna la possibilità di compiere le modificazioni identitarie che la vita psichica e biologica le impongono senza rimpianti ma raggiungendo maggior appagamento e consentendo alla propria psiche di evolvere ed allinearsi con le modificazioni esteriori del proprio corpo. Solo allora ci si potrà ri-conoscere nell’immagine allo specchio, ricominciare a piacersi e rendersi conto di poter ancora piacere…
“Si può essere stupende a vent’anni, affascinanti a quaranta e irresistibili per tutto il resto della vita” (Coco Chanel).
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