La relazione madre e figlio

Spesso si sentono commenti di varia natura sulle madri di figlio maschio, su cosa significhi avere un figlio del sesso opposto. Quanto c'è di vero?

La relazione madre e figlio

Quando si aspetta un figlio, l'incognita del genere (fin quando dura) genera non poche domande.

Avere un figlio maschio o femmina porta i genitori ad avere aspettative e paura molto diverse tra di loro. A partire dalle somiglianze fisiche per finire con il supposto amore più intenso per un figlio del sesso opposto.

Ma cosa c'è di vero in queste dicerie? Quali sono le insidie e le opportunità nella relazione madre -figlio?


Complesso edipico

Molti autori si sono cimentati nel tentativo di definire le specificità del rapporto tra una madre e un figlio maschio. Sigmund Freud ha spiegato questo delicato rapporto e un suo punto nodale intorno ai 5-6 anni del bambino attraverso un noto mito greco.

Il complesso edipico sarebbe il momento in cui il figlio abbandona la madre come oggetto d'amore primario, perché non potrà mai diventare la sua partner, per indirizzare la sua attenzione verso le coetanee.

Il complesso edipico, secondo Freud, si risolve perché il bambino si rende conto che il suo avversario in amore, il padre, oltre ad essere oggetto d'affetto è anche un temibile nemico.

La paura che il padre possa punire attraverso la castrazione induce il bambino ad abbandonare i suoi desideri nei confronti della madre e a cercare l'affetto in qualcuno a lei affine: le altre donne.

 

La madre castrante

A prescindere da questa ipotesi, il tipo di rapporto che la madre intesse con il figlio durante la sua infanzia ha comunque delle conseguenze a lungo termine.

Così come per la relazione padre-figlia, il genitore di sesso opposto rappresenta per il bambino il metro attraverso cui confrontare le future partner. La madre quindi può rappresentare un obiettivo o un modello da cui allontanarsi, ma non lascia indifferente.

La famosa madre castrante è quella che potrà porre non pochi problemi al figlio. Sono donne iperprotettive e fortemente ansiogene e scaricano questa loro preoccupazione spesso creando delle relazioni troppo intense, simbiotiche: scambiano il loro bisogno di essere rassicurate per un bisogno del bambino.

La reazione a questo tipo di rapporto non è predeterminata perché dipende dalle specifiche caratteristiche del bambino. Alcune possibilità sono:

> Incapacità di avvicinarsi ad altre donne;
> Ricerca di una fotocopia della madre e del rapporto simbiotico con lei;
> Ribellione e disorientamento.


Una sana relazione

Non spaventiamoci, non ci sono solo problemi nella relazione madre -figlio. Ogni genitore può inciampare ed essere un po' troppo protettivo, oppure non dare esattamente un buon esempio.

Fortunatamente i figli sani non vengono cresciuti da madri perfette, ma da madri sufficientemente buone che insegnano prima di tutto, che agli sbagli si ripara.

Ma allora come aiutare il figlio maschio? Una buona relazione genitoriale è sempre la chiave. Se i genitori sono una coppia il loro rapporto diventa l'esempio di come stare bene in coppia, soprattutto se l'ansia di uno dei due viene compensata dall'altro.

Per le coppie separate è fondamentale che il padre non venga mai denigrato
e sempre presentato come modello di uomo.
Insomma, più si è convinti che il padre sia un buon modello di uomo, più la madre può aiutare il figlio ad interiorizzare un modo di fare che non le appartiene semplicemente mostrando di apprezzarlo.

 

Leggi anche Le aspettative genitoriali nel rapporto con i figli >>