Figlio preferito, come nascono i favoritismi in famiglia

Non è una leggenda metropolitana e neanche una fantasia dei secondogeniti: il figlio preferito esiste, lo dice la scienza. Dovremmo preoccuparci?

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Tutti i genitori hanno un figlio preferito? Ogni genitore negherebbe probabilmente, ma preferire un figlio a un altro è qualcosa di tutt’altro che inusuale.

 

 

Fare preferenze tra i figli, dati empirici

Stando ai risultati di una ricerca condotta dall’Università della California su un campione di 768 genitori, questo fenomeno sarebbe inconfessato ma piuttosto diffuso e darebbe ragione alla percezione che molti figli hanno riguardo a presunte disparità di trattamento ricevute a confronto con altri fratelli o sorelle. 

 

Non sempre si tratta di una dimensione problematica per la verità, ma in alcuni casi le preferenze tra figli possono rivelarsi fonte di sofferenza per entrambe le parti. Anche il figlio “prediletto”, infatti, potrebbe non passarsela poi così bene… 

 

Come nascono le differenze nell'approccio coi figli

I figli non sono tutti uguali, questo è un dato di fatto; ognuno nasce con un proprio temperamento, si sviluppa con un determinato carattere, vive la propria crescita in uno specifico momento di vita della famiglia… La qualità del rapporto genitori e figli, il tipo di attaccamento che si viene a creare tra loro, non dipende in toto né dalle caratteristiche del genitore, né da quelle del bambino ma, e questo è un assunto sempre più chiaro nella psicologia dello sviluppo, dal tipo di “match” che si viene a creare tra loro. 

 

Molte difficoltà o facilità a vivere il ruolo genitoriale possono dipendere da questo aspetto: ci sono figli iperattivi, emotivamente esuberanti o particolarmente incerti per il mangiare e il dormire che possono risultare esasperanti, difficili o poco problematici in funzione anche del tipo di personalità dei genitori e delle risorse emozionali e cognitive a loro disposizione per implicarsi nel rapporto genitoriale. Alcuni genitori potranno sentirsi naturalmente più in sintonia con un figlio dal temperamento più simile al proprio e vivere difficoltà maggiori con un figlio che risulti invece più lontano dal proprio modo di sentire e reagire agli eventi. 

 

Tutto questo è un fenomeno assolutamente normale e non inficia di per sé l’amore e la dedizione che una madre o un padre vivono per i figli. Anzi, figli molto diversi da noi, che magari con le proprie caratteristiche temperamentali toccano qualche nostro “nervo scoperto”, possono rappresentare stimoli preziosi per comprendere meglio noi stessi e affrontare le nostre vulnerabilità irrisolte.  Ma non è solo una questione di temperamento, altri parametri possono innescare preferenze o favoritismi questa volta tutt’altro che “naturali”…

 

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Primogeniti e secondogeniti, cosa cambia?

Uno dei cliché più noti, che molti secondogeniti potranno forse confermare, è quello in cui in una famiglia il primogenito risulti in qualche modo privilegiato rispetto agli altri. La nascita del primo figlio rappresenta indubbiamente un evento di assoluta novità che fa assumere al nuovo nato caratteristiche speciali e fuori dall’ordinario. L’arrivo del secondogenito può avere invece, per alcuni genitori (a volte solo in uno dei due), un sapore più ordinario, meno speciale, ma rappresentare al tempo stesso una rottura di un equilibrio familiare precedente faticosamente costruito e raggiunto. 

 

Spesso in questo caso possono non essere la caratteristiche del bambino in sé a renderlo “meno speciale” del primogenito, ma l’imprevisto ribaltamento degli equilibri di vita che il suo arrivo comporta: ci si aspetta di essere ormai “preparati”, si investe forse anche meno sull’attesa della nascita, ma ci si può trovare molto più in difficoltà di quanto non si era previsto. È come se questa volta la “tempesta” arrivasse a tradimento là dove ci si aspettava di aver ormai imparato a navigare in acque tranquille. 

 

Questo inatteso distress familiare e genitoriale può portare in maniera del tutto involontaria una genitore, o entrambi, a investire diversamente sul secondogenito. Può darsi che questo rappresenti una fase passeggera e che la famiglia ritrovi una posizione più equilibrata col tempo oppure no.

 

Esistono i figli "più deboli?"

Lo stesso scenario può avvenire a causa di preferenze di genere (almeno una volta esisteva un indubbia disparità di trattamento tra figlia maschi e figlie femmine) o di altre caratteristiche del bambino come quando uno dei figli nasce con dei problemi di salute che possono valergli, anche per gli anni a venire, il ruolo di bambino più “debole” della famiglia. Non sono rari i casi in cui tutte le cure e le attenzioni vanno comprensibilmente a riversarsi sul figlio più problematico (non solo di salute, ma anche perché è semplicemente quello che più esplicitamente manifesta un disagio) lasciando involontariamente all’altro fratello/sorella il ruolo di figlio “modello”, di colui o colei che non dà problemi.

 

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Gli effetti sui fratelli quando ci sono preferenze tra figli

Questa disparità di trattamento – per quanto a volte evidente e grossolana – è spesso involontaria e del tutto inconsapevole (ci sono purtroppo casi in cui i favoritismi avvengono in forma deliberata configurando vere e proprie condizioni di maltrattamento o abuso), ma può generare molto malessere sia nel figlio svantaggiato che in quello favorito.

 

Nel primo caso a volte si configura una sorta di sindrome dello sfavorito: quel bambino o bambina cresce assorbendo nella propria costituzione identitaria lo status di “figlio di serie B”. Questo potrà minare la sua autostima, fargli covare rancore e risentimento e portare involontariamente questa persona a rivivere questa percezione di minorità e di esclusone anche in altri contesti di vita adulta.

 

Anche essere il figlio “preferito” però – e questo i fratelli meno fortunati non lo immaginerebbero mai – può comportare dei problemi.
A volte alcune vulnerabilità di tipo narcisistico possono derivare proprio da questo tipi di trattamento privilegiato. Il bambino che viene iperinvestito dell’affetto e dell’ammirazione dei genitori, infatti, rischia di essere amato più per l’idea che i genitori hanno di lui che per come lui o lei è realmente. Assumere su di sé il ruolo di figlio speciale, prediletto, perfetto può essere emozionalmente molto oneroso perché il bambino si sentirà in dovere di corrispondere a queste aspettative di perfezione dei genitori, senza poter esprimere incertezze, difficoltà o preferenze proprie.

 

Sono situazioni in cui una persona può sviluppare quello che viene definito un falso Sé: una sorta di facciata immacolata e adorata dietro la quale vive un insopportabile senso di vuoto poiché quella persona nell’infanzia non si è mai sentita abbastanza sicura di poter essere amata non per l’ideale di perfezione che i genitori vedevano in lui/lei, ma per il suo autentico, vero e imperfetto ma unico modo di essere.

 

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Preferenze e differenze: come riconoscerle?

Spesso gli effetti di questi disequilibri familiari vengono riconosciuti dai figli ormai adulti. Se la persona è in grado di elaborare quanto accaduto – alle volte con un percorso di psicoterapia – può giovarne non solo il suo rapporto coi fratelli, ma anche i rapporti affettivi che instaurerà nella vita a venire.

 

Non sempre i genitori sono in condizione di riconoscere questo tipo di situazioni, per un genitore può essere molto difficile ammettere di vivere delle preferenze e operare delle disparità di trattamento fra i propri figli. Eppure siamo umani e come tali abbiamo le nostre preferenze, le nostre debolezze, le nostre difficoltà irrisolte. Val sempre la pena di ricordare che essere genitori non significa essere perfetti, ma potersi assumere la responsabilità delle proprie imperfezioni

 

Riconoscere la propria umanità a volte è il primo atto di amore che si può fare verso i propri figli, per poterli realmente vedere per quello che sono e di cui hanno bisogno.