Autostima: cos’è e come migliorarla

L’autostima è forse una delle parole della terminologia psicologica più diffuse e di uso comune. Ciò non stupisce, perché questo concetto fa riferimento, nella sostanza, a qualcosa di vitale per ognuno di noi: sentirsi apprezzati e degni di stima per ciò che facciamo e le persone che siamo.

Autostima: cos’è e come migliorarla

Pensate a un pesciolino che nuota in un acquario: l’acqua è il suo elemento naturale, qualcosa di assolutamente vitale senza cui non potrebbe vivere né essere un pesce. L’autostima è per noi esseri umani qualcosa di altrettanto vitale.

È vitale per ognuno di noi sentire di essere delle persone apprezzabili e di un qualche valore, sentici stimati e considerati dalle persone intorno a noi: è qualcosa di vitale come lo  è l’acqua per i pesci.

Si sente spesso parlare di problemi di “bassa” autostima. Sono definizioni in parte fuorvianti: l’autostima non è un cumulo di monete d’oro che possono aumentare o diminuire, potremmo piuttosto assimilarla ad una pianta che deve ricevere le giuste cure e crescere nell’ambiente adatto per poter crescere e prosperare.

L’autostima poggia sulle nostre radici affettive e va coltivata sempre, ogni giorno. Spesso non ce ne rendiamo conto, ma la maggior parte dei comportamenti che assumiamo, specie quando siamo in uno stato di malessere, sono finalizzati, in fin dei conti, a sostenere la nostra autostima.

Sentire che la nostra autostima è in pericolo è una delle minacce psicologicamente peggiori per la nostra mente di esseri umani. Come migliorarla dunque?

 

Migliorare l’autostima: lo sviluppo infantile

Per capire come migliorare l’autostima occorre anzitutto da dove viene. L’autostima è un costrutto psicologico che indica la percezione interna che ognuno di noi ha riguardo al proprio valore come persona.

L’autostima si sviluppa gradualmente nel bambino fin dalla prima infanzia, fin da quando egli inizia ad avere percezione delle aspettative e dei giudizi che gli altri hanno su di lui.

Sentirsi autenticamente e realisticamente apprezzato e rispecchiato dai genitori nelle proprie abilità così come nelle proprie caratteristiche fisiche rappresentano prerequisiti di base per lo sviluppo di una buona autostima.

Se in questa fase il bambino non riceve un rispecchiamento sufficiente o viene adulato falsamente, per qualità che non possiede autenticamente correrà il rischio di non interiorizzare un’autostima sufficientemente stabile.

Sentirsi persone fondamentalmente buone e apprezzabili permette di valutare e reagire realisticamente ad eventuali errori o insuccessi, mentre se si ha una grossa insicurezza di base ogni inciampo, ogni piccolo fallimento potrà essere percepito come la conferma della propria inettitudine personale.

Quello che fa la differenza dunque non è la “quantità” (tanta autostima/poca autostima ecc) ma più propriamente la stabilità: se possediamo cioè una convinzione sufficientemente salda del nostro valore come persone o se essa vacilla ad ogni avversità della vita.

 

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Migliorare l’autostima: attribuzione esterna o interna?

Spesso per migliorare la propria autostima è di fondamentale importanza imparare a riconoscere il tipo di attribuzione che operiamo quando valutiamo un nostro comportamento.

In quanto esseri umani abbiamo bisogno di darci una spiegazione di ciò che ci accade, di fronte ad un nostro successo o fallimento possiamo operare due diversi tipi di attribuzione.

Possiamo imputarli all’azione degli altri o delle contingenze esterne (attribuzione esterna) o a noi stessi (attribuzione interna). Se vi riconoscete più propensi ad attribuire a voi stessi la colpa di un fallimento e ad attribuire a circostanze esterne (caso, fortuna) i vostri successi, allora forse avete qualcosa da bilanciare meglio riguardo alle vostre reali responsabilità negli eventi che vi accadono. Ma non è tutto…

 

Migliorare l’autostima: attribuzione globale o specifica?

Ma non finisce qui, rispetto ad una nostra diretta responsabilità nell’esito di un accaduto (attribuzione interna) ci sono altri due meccanismi cognitivi che possiamo alternativamente mettere in atto: un’attribuzione specifica o globale.

Nel primo caso valutiamo come apprezzabile o fallimentare l’esito di una nostra azione (ad es. il voto a un esame) senza però che questo incida sulla percezione di noi stessi.

Nel secondo caso (attribuzione globale) invece interpretiamo l’accaduto (il più delle volte un fallimento o un errore) come qualcosa di talmente grave da mettere in discussione il nostro valore personale.

Questo è quello che accade con un’autostima troppo fragile: basta una bocciatura a un esame, una critica ricevuta o un errore commesso per farci sentire che non è solo la nostra condotta ad essere stata fallimentare, ma lo siamo di conseguenza noi stessi globalmente come persone.

Questa confusione cognitiva tra ciò che si fa, le singole azioni, e ciò che si è, la personalità globale, è una delle maggiori trappole per l’autostima.

Occorre imparare a fermarsi, carta e penna alla mano: per ogni “tragico errore” commesso appuntate anche quanto di positivo avete fatto nella stessa circostanza o in circostanze analoghe. Ne otterrete una “fotografia” un po’ più obiettiva delle vostre reali capacità, come persone non siete forse molto di più di una singola azione andata storta?

Mi chiedi qual è stato il mio progresso? Ho cominciato a essere amico di me stesso.” (Lucio Anneo Seneca)

 

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