Perché torniamo dai nostri ex

Alcune relazioni, benché burrascose o insoddisfacenti, tendono a rompersi e ripristinarsi ciclicamente risultando paradossalmente più stabili nel tempo. Come mai alcune persone ritornano dall'ex?

tornare-dall-ex

Credit foto
©Antonio Guillem / 123rf.com

Se una relazione non ci soddisfa o ci fa del male potremmo decidere di chiuderla per ricercare un partner migliore per noi. Semplice, no? No, spesso non lo è. Gli esseri umani infatti sono animati da motivazioni in contrasto tra loro: la paura della solitudine, il timore della stabilità, la ricerca di emozioni altalenanti, la difficoltà ad accettare e vivere il cambiamento… Sono solo alcuni degli elementi che portano le persone a ritornare dall’ex contro ogni apparente ragionevolezza.

 

Separazione e riavvicinamento

“Dovresti lasciarla/o”, molte persone si saranno ritrovate almeno una volta a dire una frase del genere a un’amica o un amico che perseverava nel tornare dall’ex nonostante i problemi e la sofferenza che quella relazione sentimentale stava causando. Come sarà parso evidente, nessuna raccomandazione di “buon senso” è sufficiente: le persone non abbandonano le vecchie modalità se non hanno valide alternative.

 

Si configurano in questi casi relazioni cicliche che devono la loro stabilità nel lungo periodo proprio a quest’alternanza di fasi di separazione e riavvicinamento. Le motivazioni scatenanti possono essere varie: vediamone alcune, senza alcuna pretesa di esaustività, considerando che spesso si sovrappongono.

 

Tornare dall’ex: regolazione emotiva

Alcune persone inconsapevolmente mettono in atto uno schema di regolazione emotiva che per loro rappresenta l'unico modo per sentirsi vicine all'altro.

 

È uno schema che alterna fasi di estrema conflittualità, che sfociano in una rottura, a momenti di riavvicinamento in cui, spinti dalla sofferenza e dalla mancanza dell’altro, i due partner sembrano appianare temporaneamente le divergenze e concedersi una tregua. Ritrovando così un’intesa empatica, appassionata, quasi idilliaca, dove la vicinanza emotiva e sentimentale raggiunge i suoi massimi livelli. 

 

Solitamente davanti a scenari di questo tipo siamo portati a concentrare la nostra attenzione sulle fasi di conflitto (e spesso questo è appropriato) pensando il problema stia proprio lì e che l'obiettivo della coppia sia quello di trovare dei compromessi e smettere di litigare.

 

In alcuni casi questa descrizione non è del tutto veritiera. Certamente i due partner soffrono per la loro situazione, ma questo non vuol dire che vogliano realmente appianarla. Per alcune persone riaccendere una conflittualità e arrivare a una rottura è un modo (del tutto inconsapevole) per avere l'occasione di fare pace. Questo infatti rappresenta l'unico momento in cui si si sentono davvero unite e vicine

 

Alcuni bambini “terribili” imparano implicitamente qualcosa di analogo: provocare la rabbia di un genitore, magari percepito come assente o distante emotivamente, è un modo per poter poi fare la pace ed essere finalmente oggetto di attenzioni affettuose.

 

Tornare dall’ex: dipendenza e violenza

Una relazione di coppia non può definirsi sana e soddisfacente soltanto sulla base della sua durata nel tempo (Castellano, Zavattini e Velotti, 2010): lo vediamo in tutte quelle relazioni – comprese quelle che vanno incontro ciclicamente a momenti di rottura – che risultano straordinariamente stabili nel lungo periodo pur causando grande sofferenza a uno o entrambi i partner.

 

Ritornare dall’ex alle volte significa rientrare in uno schema di relazione disfunzionale di cui psicologicamente non si riesce a fare a meno: quello a cui non si riesce a rinunciare non è la persona in sé, ma il tipo di dinamica che si crea.

 

Ne sono un drammatico esempio le relazioni di coppia contrassegnate dalla violenza e dalla dipendenza affettiva, in cui entrambi i partner hanno l'impressione di non “esistere” psicologicamente senza l’altro. Il loro livello di sofferenza potrà essere più o meno intenso, ma verrà ritenuto pur sempre come un'alternativa rispetto al terrore di annichilimento che rischia di sopraffarli in caso di separazione.

 

Queste situazioni presentano evidenti affinità con le dipendenze da sostanze e rischiano di cronicizzarsi. Per questo è fondamentale chiedere aiuto senza indugi. 

 

Tornare dall’ex: fa male ma lo conosco

Affrontare una separazione implica confrontarsi con il lutto, la perdita, l’assenza e la solitudine, oltre a rimettere in discussione alcune scelte fatte, alcuni lati della propria personalità e alcune prospettive di vita. Si tratta di un compito tanto prezioso quanto oneroso, in proporzione anche al grado di reciproco impegno che vincola i partner (c'è un matrimonio o una convivenza? ci sono figli? la relazione ha comportato scelte di vita e/o rinunce importanti).

 

Per aspetti caratteriali, esperienze del passato o contesti culturali repressivi e limitanti, c'è chi va alla ricerca di sicurezza e stabilità a tal punto da da non riuscire ad accettare alcun tipo di cambiamento. Questa situazione è al centro della miniserie Netflix Unorthodox basata sull'autobiografia di Deborah Feldman.

 

Questo elemento spesso è proprio delle famiglie disfunzionali, dove si fatica ad accettare che i figli crescano e i rapporti intergenerazionali cambino; ma può diventare anche un tratto individuale. La paura di affrontare il cambiamento e confrontarsi con la solitudine può indurre a mantenere una relazione di coppia che, seppur insoddisfacente, garantisce stabilità, prevedibilità e pone al riparo dal confronto con l’ignoto.

 

Non tutto però è perduto. Addirittura in tarda età – quando la vedovanza, l’uscita dei figli da casa o il venir meno di richieste e pressioni sociali aprono a un'inedita dimensione di solitudine – alcune persone scoprono la possibilità di aprirsi al nuovo e a una maggiore autonomia di scelte.

 

Bibliografia
Castellano R., Zavattini G.C. & Velotti P. (2010). Cosa ci fa restare insieme?, Il Mulino, Bologna