Dipendenza affettiva, come liberarsi dei manipolatori
La dipendenza affettiva è una grave forma di dipendenza patologica da una relazione. I manipolatori affettivi, tuttavia, hanno ben poco a che fare con l’amore. Vediamo perché.
La dipendenza affettiva rientra a pieno titolo tra le dipendenze comportamentali, ovvero quelle forme di dipendenza senza sostanza in cui la persona è vittima di un comportamento, un’attività (che può essere anche socialmente lecita e desiderabile come lo sport o il lavoro), una relazione.
In quest’ultimo caso, pertinente alla sfera delle relazioni amorose, parliamo di dipendenza affettiva dove i manipolatori affettivi sono partner che fanno leva sulle fragilità dell’altro per stringerlo entro un legame distruttivo.
Una dipendenza senza sostanza
Una forma di dipendenza senza sostanza, come è in questo caso, mette in luce molto chiaramente quanto la persona sia dipendente non dall’attività o dal partner in sé, quanto (in modo per alcuni versi simile a quanto avviene per i disturbi alimentari) dal processo messo in atto dal manipolatore affettivo.
Essere dipendenti dal processo vuol dire non poter fare a meno di utilizzare determinate strategie comportamentali e/o relazionali non solo per far fronte allo stress, ma per poter mantenere una coesione e un’immagine unitaria di sé.
Le persone che sono affettivamente dipendenti da un partner, magari violento o abusante, da cui non riescono a distaccarsi sono spesso oggetto di fuorvianti fraintendimenti da parte degli altri.
Queste persone non traggono alcun piacere dalla propria condizione, ma l’idea di rimanere sole è per loro ben più terrificante del subire le violenze o gli abusi del partner. In altre parole: senza quel legame – per quanto distruttivo esso sia – queste persone non riescono a sentire di “esistere”.
La dipendenza affettiva non è amore
La dipendenza affettiva non è una forma di amore – anche se con questo viene facilmente scambiata - ma una modalità patologica e disfunzionale di vivere la relazione con un partner negando i propri bisogni e il proprio spazio di autonomia e considerando l’altro come unica fonte di gratificazione, come elemento indispensabile per sostenere una propria sensazione di vitalità.
A prescindere dall’esistenza di risvolti violenti nella relazione, la dipendenza affettiva porta la persona a vivere significativi cambiamenti nei propri stati mentali e nella percezione di sé a seconda che si senta legata al partner o che ne tema l’allontanamento.
Solo nel primo caso la persona sarà in grado di funzionare adeguatamente, di pensare lucidamente, di sentirsi “unita” e questo rende ragione della grossa difficoltà che, anche in presenza di partner violenti, queste persone possono avere a separarsi. Ed è su questo che fa leva il comportamento dei manipolatori affettivi.
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Un fenomeno relazionale
La dipendenza affettiva è una trappola particolarmente insidiosa perché fa leva sulle insicurezze personali della vittima che, man mano che il rapporto prosegue e si stabilizza nel tempo, finirà per sentirsi sempre più indegna, incapace e inadeguata perdendo una capacità di giudizio critico sulla sua condizione.
Spesso questo processo è un processo a due dove il partner abusante – almeno psicologicamente – mette in atto meccanismi relazionali complementari che mirano a rendere la vittima sempre più incerta e insicura di se stessa.
I manipolatori affettivi sanno intuitivamente far leva proprio sulle debolezze e le insicurezze del partner per mantenere la relazione di dipendenza e abuso.
Spesso si tratta di situazioni di co-dipendenza dove uno dei due partner fonda la propria autostima e il proprio senso di vitalità interna sugli sforzi tesi a “curare” e accudire un partner problematico o violento (es un alcolista).
Questa prospettiva pone in luce il carattere relazionale della dipendenza affettiva dove spesso entrambi i partner, tanto quello abusante quanto quello che si pone come vittima, risultano dipendenti reciprocamente da una relazione distruttiva perpetuata senza reali intenzioni di cambiamento.
Dipendenza affettiva: interventi terapeutici e riabilitativi
La dipendenza affettiva è una situazione che può configurarsi con diversi livelli di gravità a seconda della storia di vita e della caratteristiche di personalità dei soggetti coinvolti.
Spesso oltre a interventi psicoterapeutici, quando sono in atto relazioni di abuso e violenza cronicizzate, si rende necessario coinvolgere servizi socio-assitenziali del territorio (sert, case di accoglienza per donne vittime di violenza ecc).
Si tratta infatti molto spesso di relazioni distruttive – sia per i manipolatori affettivi che per le loro vittime - dove uno o entrambi i partner vivono una grave forma di dipendenza e necessitano di contesti sostituitivi, alla relazione di coppia, che facciano da contenimento del loro fragile assetto identitario.
La dipendenza sana
Tutti noi ricerchiamo nella vita figure affettivamente significative da cui poter dipendere in modo sano per sostenere il nostro senso di vitalità, di appartenenza, di fiducia in noi stessi.
Questo non dev’essere a discapito del nostro valore e dignità personale. Cosa caratterizzi una dipendenza sana da una figura di attaccamento lo aveva spiegato molto bene John Bowlby che aveva studiato il legame di attaccamento, sano e patologico, fra i bambini e le loro madri.
Una persona significativa, per essere una buona fonte si attaccamento, deve poter svolgere due funzioni:
- sia quella di rifugio sicuro (sostegno e aiuto in casi di difficoltà);
- sia quella di “base sicura”: fornire cioè incoraggiamento affinché l’altro possa esplorare il mondo, allontanarsi temporaneamente sostenuto dalla fiducia dell’affetto che lo lega all’altro.
Questo punto è vero sia per i bambini che per gli adulti: in un legame d’amore che sia tale attaccamento e separazione non sono mai in contrapposizione: l’amato può essere percepito sia come colui che fornisce supporto, sia come colui che sostiene la nostra crescita (cosa che non fanno i manipolatori affettivi).
E questi ruoli devono potersi scambiare fra i partner in un assetto di dipendenza sana e reciproca dove ognuno possa fungere sia da accudente che da accudito a seconda degli ambiti della vita e della fasi della relazione.
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