La fotografia e i disturbi alimentari
La fotografia è un mezzo che mantiene e intrattiene importanti connessioni coi disturbi alimentari: l’immagine digitale e pubblicitaria che veicola modelli di bellezza e magrezza spesso irrealistici, quella pericolosamente autobiografica presente su un sito pro-anoressia, ma anche quella scattata per riscoprire e riappropriarsi di aspetti della propria identità propria di quei percorsi di terapia e riabilitazione che usano la fotografia come mezzo di crescita e sviluppo di sé
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Modelle, ballerine, attrici, cantanti sono tutte belle, magre, abbronzate e accattivanti, immagini spesso distorte dal digitale, ritoccate, ritagliate, ricolorate e quindi finte, irrealistiche e ineguagliabili dal corpo reale che pur tuttavia ha imparato a nutrirsi di questi modelli di “perfezione” statica, asettica, in altre parole anonima. La fotografia e i disturbi alimentari possono riscoprire tuttavia connessioni diverse, rigeneratrici e produttive nel momento in cui si chiudano le pagine delle riviste di moda e si apra l’obiettivo della fotocamera per ritrarre se stessi alla scoperta di quelle parti dimenticate della propria identità che restituiscano spessore e profondità alla propria immagine corporea.
Fotografia e disturbi alimentari: l’immagine corporea
Esiste un corpo fisico fatto di organi, muscoli e tessuti, di percezioni sensoriali, bisogni e necessità fisiologiche apparentemente ineludibili, un corpo che ingenuamente si potrebbe ritenere “oggettivo”, il corpo “è o non-è” nella misura in cui è lì, auto-evidente ai nostri occhi nella sua incontestabile materialità. Eppure esiste un altro corpo, un corpo psicologico fatto di vissuti, emozioni, sentimenti che anima il corpo fisico e si mescola ad esso fino a diventare un tutt’uno col primo: è l’immagine corporea, il vissuto, cioè, che ognuno di noi ha del proprio corpo, l’autopercezione di sé, della propria fisicità mediata dal rapporto che si ha con sé sessi e coi propri affetti, dalle sfaccettature della propria identità, dai significati emozionali ed esistenziali attribuiti alle tante vicende che il corpo ha attraversato.
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Fotografia e disturbi alimentari in psicoterapia
Usare la fotografia come mezzo terapeutico-riabilitativo dei disturbi alimentari può rappresentare un metodo innovativo ed efficace ad integrazione dei più tradizionali metodi psicoterapeutici per recuperare e rappresentare da differenti angolazioni quegli aspetti solo in primo luogo fisici, ma sostanzialmente psicologici del proprio corpo e della propria identità come sostiene Fabio Piccini autore del volume Ri-Vedersi, guida all’uso dell’autoritratto fotografico per la scoperta e la costruzione del sé (2008), un utile e prezioso manuale di auto aiuto e di crescita personale che offre spunti per utilizzare l’autoritratto fotografico.
Fotografia e disturbi alimentari: “essere” un corpo
La fotografia, specie se utilizzata come autoritratto, apre quindi a nuove prospettive, differenti punti di vista per guardare sé stessi, scoprire cosa il corpo può dirci di noi e cosa possiamo comunicare di noi stessi attraverso di esso mediante il recupero di quelle immagini non canoniche, di quelle angolazioni non usuali che ci insegnano ad operare il passaggio dall’avere all’essere un corpo in cui riconoscere e conoscere i molteplici e mutevoli aspetti della nostra identità.
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