Crisi di mezza età? Esiste, ma non è un dramma

Quello della crisi di mezza età è diventato ormai un cliché per uomini e donne che giustifica bizzarrie comportamentali di ogni sorta coincidenti con il fatidico “giro di boa”. Eppure per la società attuale il tempo sembra non passare mai: si può sempre e comunque reinventare sé stessi?

Uomo di 50 anni, crisi di mezza età

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La chiamano mezza età. Ma non è detto che ci si trovi a metà strada di un qualche percorso. I 50 anni sarebbero un tempo dedicato ai bilanci, non per tutti forse, ma per molti la crisi di mezza età, così si racconta, inizierebbe a farsi sentire minando le più radicate certezze, incrinando un’immagine eternamente giovane e dinamica che si credeva di avere, ponendo limiti alle proprie forze e risorse di vita: non sarà possibile sempre “ricominciare da capo”, si inizia a dover fare i conti con le conseguenze e i risultati di quello che si è già fatto, nessuno sconto o moratoria giustificati dalla giovinezza.

 

Niente di più naturale e auspicabile, se non fosse che viviamo in una società che vorrebbe le persone eternamente giovani e eternamente disposte a ricominciare.

 

La crisi di mezza età in una società liquida

Nel tempo di quella che Zygmunt Bauman definì “società liquida” c’è ancora tempo per avere 50 anni e lamentarsi della crisi di mezza età?

 

A vederla con gli occhi di oggi sembra un cliché dai toni un po’ vintage che pochi possono ancora permettersi. Si è contornati da modelli e stereotipi di successo eternamente giovani e dinamici, da prototipi di personaggi in grado di reinventare sé stessi e ricominciare una nuova vita sempre e comunque e a qualunque costo; tutto può essere archiviato in un “passato” e messo da parte per far spazio al nuovo: il lavoro di una vita, il matrimonio, una o più famiglie, sembrano non esserci più legami realmente vincolanti; per necessità o per desiderio sembra che nell’era del post modernismo si possa – anzi si debba! – fare all’occorrenza “tabula rasa” e riscrivere la storia di una vita.

 

Se la crisi di mezza età esiste ancora è forse soprattutto la crisi fra il tempo psicologico e naturale del ciclo di una vita e il tempo artefatto di un eterno presente, di un eterno “nuovo inizio” veicolato dal contesto socioeconomico globale in cui ci troviamo.

 

C’è ancora spazio oggi per avere 50 anni, assumersi oneri e onori delle scelte passate e procedere con maggior saggezza verso un differente orizzonte?

 

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Realizzare un progetto di vita o coltivare un’illusione?

Lo psicologo Erik Erikson è uno degli Autori più spesso citati nelle questioni psicologiche che riguardano il ciclo di vita là dove si suppone che l’evoluzione e la maturazione psicologica dell’identità di una persona non si arresti al raggiungimento della maggiore età, ma prosegua nell’arco di tutta una vita attraverso tipiche fasi di passaggio che contrassegnano anche l’età adulta, la mezza età e la vecchiaia.

 

La crisi di mezza età dei proverbiali 50 anni si colloca in quella fase del ciclo di vita che Erikson fa coincidere con la seconda età adulta tra i 40 e i 65 anni anni in cui la persona, ormai pienamente adulta, si trova a dover gestire un conflitto fra generatività e stagnazione: per progredire nella propria esistenza in modo soddisfacente deve mettere le proprie risorse al servizio della società e delle generazioni successive lasciando la propria impronta nel creare qualcosa.

 

Che sia avere figli diventando così genitori e fondare una famiglia o la dedizione lavorativa ad imprese produttive e creative: si realizza un progetto di vita. Non risolvere questa tappa del ciclo di vita porta, appunto, ad una “stagnazione” ad un vivere nell’illusione di una giovinezza perenne senza raggiungere un’ulteriore maturazione psicologica e identitaria.


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Una prospettiva di vita più lunga per fare cosa?

Quanto si è preparati a tutto questo? La prospettiva di vita dell’essere umano si sta progressivamente allungando, si è sempre più in grado di lavorare anche fino all’età avanzata e i 50 anni sembrano tutto fuorché la fine delle possibilità di vita e di nuovi progetti futuri.

 

Niente di più stimolante senza dubbio a patto che si sia in grado di utilizzare questo surplus di tempo ed energie che la postmodernità ci sta regalando per ottimizzare l’esperienza passata invece di prolungare l’illusione di poter ricominciare a qualunque costo andando avanti senza storia. 

 

Anna Magnani diceva al suo truccatore “Le rughe non coprirle che ci ho messo una vita a farmele venire”. I segni che le esperienze vissute lasciando in noi, anche in senso psicologico, possono essere “tracce”, “indizi” importanti da seguire per procedere lungo la strada che ci avvicina ogni giorno a diventare pienamente noi stessi.

 

L'amicizia è molto importante per il benessere psicologico in tutto l’arco di vita