Psicologia della prudenza
Essere prudenti non significa avere paura di tutto, ma considerare i rischi e le conseguenze e agire con consapevolezza e cautela.
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La prudenza viene spesso considerata poco funzionale e sinonimo di paura, al punto che spesso le persone prudenti vengono tacciate come “fifone” o poco coraggiose. Nella realtà, un ragionevole grado di prudenza può andare a braccetto col coraggio e quindi con la propensione ad agire, seppur rimanendo in una condizione di controllo e consapevolezza delle proprie azioni ed emozioni.
Prudenza: definizione
Il vocabolario Treccani definisce il termine prudenza (che deriva dal latino prudens-entis) come “un atteggiamento cauto ed equilibrato di chi, intuendo la presenza di un pericolo o prevedendo le conseguenze dei suoi atti, si comporta in modo da non correre inutili rischi e da evitare a sé e ad altri qualsiasi possibile danno”.
Concetto caro anche agli antichi greci, con Aristotele che lo definì come la qualità personale di agire in modo retto e decente, e alla Chiesa Cattolica che lo colloca tra le quattro virtù cardinali insieme a giustizia, fortezza e temperanza.
Pertanto, chi agisce con prudenza analizza la situazione e le azioni da compiere, considerando i rischi e le opportunità e scegliendo le modalità di azione più efficaci, per ridurre al minimo la possibilità di rischi e conseguenze negative per sé e gli altri.
Non agisce d'impulso ma piuttosto si trattiene se ha il ragionevole sospetto che le conseguenze possano andare in una direzione non desiderata. Per essere prudenti ci vuole coraggio perché bisogna fare i conti con le proprie emozioni.
Ciò non significa azzerare qualsiasi probabilità di errore, poiché ovviamente nessuno ha il potere di prevedere ogni singola eventualità. Bisogna tenere sempre in conto l'ipotesi di sbagliare. Ma chi si comporta in modo prudente riduce comunque la portata delle possibili conseguenze negative, tracciando la strada per risolvere eventuali "intoppi".
Prudenza agli estremi
Al contrario di quanto afferma il proverbio "la prudenza non è mai troppa", esistono dei casi in cui la prudenza non si rivela funzionale. Lasciarsi paralizzare dalla paura e dalla preoccupazione e bloccare l'azione sul nascere è un atteggiamento tutt'altro che positivo.
Quando le emozioni prendono il sopravvento, infatti, si rischia di analizzare la realtà in modo poco lucido e vedere minacce anche dove non esistono. In questo caso non si tratta di essere prudenti, ma di perdere il controllo e la razionalità fino a trovarsi in una situazione di stallo.
All'estremo opposto troviamo la totale impulsività. Anche in questo caso l’analisi della realtà è distorta, in quanto non si considerano i rischi e i possibili effetti negativi. Un conto è essere coraggiosi, un conto è dimenticarsi di valutare in modo lucido le circostanze ed essere sordi a qualsiasi campanello d'allarme.
Chi sopravvaluta le proprie capacità e sottovaluta i rischi difficilmente riesce nei propri intenti. Ostacoli ed errori lo fanno sprofondare in uno stato di crisi, proprio perché non li aveva calcolati e quindi non aveva previsto un piano di risorse e soluzioni.
La prudenza quindi è un’ottima qualità, se ben calibrata. Trovare il giusto equilibrio tra emotività e razionalità permette di prendere in considerazione dall'inizio i potenziali rischi, ma lasciandosi sempre un certo margine di flessibilità per affrontare gli imprevisti.
Bisogna essere consapevoli del fatto che qualche aspetto potrà sempre sfuggire di mano; se ciò accade non bisogna farsi prendere dal panico, ma mettere in campo la propria resilienza e le proprie abilità di problem solving.