Tristezza: un'emozione utile

Ce lo ha detto molto bene il film di animazione "Inside Out": la tristezza è un’emozione utile per l’armonia della personalità. Vediamo allora meglio perché e di cosa si tratta.

Tristezza: un'emozione utile

 

Vi ricordate l’adorabile personaggio di Tristezza nel film di animazione Inside Out? Bene: tutte le emozioni devono essere riconosciute e vissute, compresa la tristezza!

Imparare a denominare le emozioni può avere benefici effetti sul cervello - lo afferma uno studio del 2005 - e sicuramente imparare a identificare le emozioni, soprattutto quelle spiacevoli, ha i suoi benefici sulla salute e il benessere psicologico. Questo è vero anche per la tristezza, un’emozione utile se impariamo a riconoscerla e a gestirla.

 

Tristezza, emozione primaria

Per comprendere l’utilità della tristezza dobbiamo anzitutto capire di cosa si tratta, che cos’è la tristezza effettivamente?

L’etimologia delle parole in tal senso viene spesso in nostro soccorso illuminandoci sulle possibili radici linguistiche e di significato di termini che utilizziamo comunemente.

Ebbene, essere tristi etimologicamente deriva da termini latini o sanscriti che rimandano ai significati di “ruvido”, “torbido”, “scuro”...

L’emozione della tristezza, dunque, sembra rimandare, nel suo significato più essenziale, ad un vissuto piuttosto sgradevole, “scomodo” e, al tempo stesso, piuttosto oscuro, confuso, difficile da decifrare e comprendere.

La tristezza rappresenta d’altra parte una delle emozioni primarie, quelle emozioni, cioè, che rappresentano risposte innate agli stimoli e che tutti noi esprimiamo, anche se in forme molto primitive, fin dalla nascita. La sua funzione è essenzialmente quella di indurci ad un ritiro dal mondo esterno e dall’oggetto-stimolo che la ha provocata, un ritiro a scopo, naturalmente, difensivo e protettivo.

 

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Il valore adattivo delle emozioni

Una prima utilità della tristezza si esplica quindi ad un livello biologico-adattivo di base, lo stesso Darwin, in epoche in cui ancora dovevano essere messe a punto sofisticate teorie psicologiche, aveva sottolineato il valore adattivo delle emozioni, compresa la tristezza.

Le emozioni non sono delle turbolenze di disturbo della nostra vita mentale ma, al contrario, rappresentano segnali preziosi che ci aiutano a comprendere ciò che sta avvenendo e a modificare il nostro comportamento per adeguarci ai cambiamenti dell’ambiente.

 

La mancanza e l'assenza lasciano il posto al desiderio

Da adulti, emozioni sgradevoli come la tristezza possono ancora, e forse di più, essere utili per la nostra salute psicologica a patto che impariamo a identificarle e a gestirle invece di venirne sopraffatti.

Gestire le emozioni negative è ciò che ci aiuta a riconoscere e tollerare i nostri vissuti di tristezza, solitudine e perdita e ad empatizzare con quelli altrui a tutto vantaggio del benessere della nostra vita emotiva e relazionale. Essere tristi significa, in estrema sintesi, sentirsi privi di qualcosa o di qualcuno, sperimentare una condizione di mancanza (quindi di vuoto e di “buio” appunto), questo a vari livelli e con sfumature diverse.

Ma, che sia per la perdita di una relazione, perché abbiamo smarrito un oggetto a chi eravamo affezionati o, ancora, perché stiamo lasciando un lavoro o un’abitazione che ci hanno accompagnato per lungo tempo stiamo in ogni caso avvertendo, in noi stessi, un sentimento di mancanza e di perdita.

Poter riconoscere e tollerare di percepire tristezza è quindi un’occasione spesso preziosa: è dalla mancanza che nasce il bisogno e il desiderio per qualcosa di nuovo.

 

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