Emozioni: un limite alle decisioni?

Che ruolo hanno le emozioni nelle decisioni grandi e piccole che prendiamo ogni giorno? È possibile prendere decisioni esclusivamente razionali? Le emozioni in realtà non sono necessariamente un elemento di disturbo se sappiamo gestirle ed utilizzarle come informazioni utili al pensiero e all’azione.

Emozioni: un limite alle decisioni?

Prendiamo quotidianamente decisioni, grandi e piccole, su basi apparentemente pratiche e razionali; tuttavia le emozioni pesano sui nostri processi decisionali spesso molto più di quello che crediamo.

Questo perché la componente emotiva è l’ “ingrediente” principale che sostiene le nostre motivazioni. Tutto sta nel saperla gestire al meglio.

 

Emozioni e decisioni

Prendiamo decisioni soppesando costi e benefici in maniera apparentemente razionale… sicuri che sia veramente così?

Spesso valutiamo le possibili conseguenze delle nostre azioni su basi non meramente oggettive, ma facendo una valutazione “affettiva” in base alle emozioni del momento e alle conseguenze emotive, positive o negative, che prevediamo potranno avere per noi determinate decisioni.

E non è tutto, le emozioni posso fornirci informazioni utili sul grado di motivazione o sull’effettiva importanza che determinate scelte hanno per noi, solo se siamo in grado di gestirle tollerando la temporanea “turbolenza” che questo comporta.

 

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Decisioni impulsive o meditate?

Diversi studi psicologici evidenziano quanto le emozioni giochino, nel bene o nel male, un ruolo importante nei nostri processi decisionali. Le modalità e i meccanismi con cui esse influenzano le decisioni che prendiamo possono essere tuttavia differenti a seconda del grado di alfabetizzazione emotiva di cui disponiamo.

Ad esempio, lo studio di Frijda, Kuipers e Terschure (1989) mette in luce quanto, le emozioni sperimentate sul momento, possano fungere da segnali “automatici” per orientare le nostre risposte sulla base di semplici categorie di avvicinamento / evitamento.

Altri studi hanno messo invece in evidenza come la componente emotiva possa fungere non da attivatore diretto, ma da mediatore della risposta decisionale influenzando la percezione e la valutazione soggettiva che facciamo della situazione e aiutandoci a soppesare le alternative (Schwarz e Clore, 2003).

Le emozioni, dunque, possono attivare automaticamente delle risposte impulsive oppure fornire uno stimolo a pensare e a valutare da diversi punti di vista un problema prima di prendere decisioni su come agire.

 

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Saper gestire le emozioni

Cos’è che fa la differenza nel modo in cui possiamo utilizzare l’influenza delle emozioni nei processi decisionali? Ad un livello generale è la nostra stessa intelligenza emotiva e, di conseguenza, la “dimestichezza” che abbiamo con la vita emozionale nostra e altrui, che ci rende più o meno in grado di utilizzare le emozioni come base per il pensiero e la motivazione.

Al contrario, emozioni disturbanti che non siamo in grado di tollerare, possono indurci a comportamenti non sempre vantaggiosi messi in atto più per alleviare la tensione del momento che a fronte di una corretta valutazione della situazione.

In tutti i casi in cui ci sentiamo dominati di automatismi o compulsioni (nell’alimentazione e nella gestione del denaro o nello sport ad esempio) è come se ci affidassimo ad un modello di risposta rigido e ripetitivo che preserva il nostro equilibrio emotivo sacrificando tuttavia parte della nostra stessa capacità decisionale.

 

L’euristica affettiva

Le emozioni possono fungere anche da “scorciatoie” che utilizziamo per prendere decisioni rapidamente semplificando problemi complessi. È il caso della così detta “euristica affettiva”, una vera e propria scorciatoia affettiva che ci induce a decidere sulla base delle emozioni del momento e della valenza emozionale delle alternative che abbiamo a disposizione.

Un esempio sono le decisioni prese in ambito finanziario (Statman, Fisher, Anginer, 2008) in situazioni di rischio: sebbene le leggi del mercato ci dicano che sono proprio i titoli più rischiosi a poter portare a rendimenti più alti, è frequente che si prediligano investimenti a basso rischio associando erroneamente le emozioni positive che l’assenza di rischio comporta, con la possibilità di migliori guadagni.

 

Emozioni, autoconsapevolezza e giudizi sociali

Ma non è tutto, le emozioni che associamo a determinate decisioni sono inevitabilmente influenzate dalla nostra storia e da come abbiamo interpretato in passato situazioni analoghe.

È in virtù di questo che, come illustrano gli studi di Damasio (1997), spesso le emozioni possono influenzare inconsciamente le decisioni che prendiamo inducendoci ad agire secondo strategie decisionali implicite che riproducono pattern di risposte a situazioni note. Queste strategie di risposta sono determinate non soltanto dalla nostra storia personale, ma anche dal contesto sociale; sono, ad esempio, soprattutto paura e senso di colpa –  e i giudizi sociali che temiamo o meno di ricevere – a influenzare le decisioni di mettere in atto o meno comportamenti morali e altruistici.

L’emozione è dunque sempre presente a qualche livello anche in quelle che riteniamo essere le decisioni più razionali e può indurci in errore o aiutarci e mettere a fuoco quello che è veramente importante. Difficile dire se ci siano emozioni “giuste” o “sbagliate”, possiamo però imparare a riconoscerle per usarle al meglio.

 

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