Riconoscere le proprie emozioni con la mindfulness
Il termine mindfulness deriva dalla parola sati che significa all’incirca ricordarsi nel senso di ricordarsi di essere consapevoli. Concetto utilizzato per la prima volta dal Budda oltre duemilacinquecento anni fa. Il significato del termine è ancor oggi molto vicino a quello che si adopera nella pratica psicoterapeutica e nei protocolli di insegnamento della mindfulness. Scopriamo come può essere utile per riconoscere le proprie emozioni.
Secondo la definizione che attualmente viene data dalla comunità scientifica, il termine “mindfulness” si riferisce ad un’attenzione consapevole, intenzionale e non giudicante alla propria esperienza nel momento in cui essa viene vissuta.
Sembrerebbe, dalla pratica clinica e delle prove empiriche, che la tecnica della mindfulness migliori la vita emotiva delle persone. Ma in che modo la pratica di porre attenzione al presente in modo non giudicante permette di migliorare le proprie emozioni?
Mindfulness ed emozioni
L’azione della mindfulness la si comprende comprendendo una delle principali cause della sofferenza emotiva: l’evitamento esperienziale, ovvero la tendenza a lottare contro alcuni aspetti della nostra esperienza interiore poiché sono ritenuti sbagliati, incongruenti, incoerenti, inopportuni, inadeguati, cattivi.
Spesso, infatti, è dal tentativo di sbarazzarsi di idee, pensieri ed emozioni che sono ritenuti inappropriati in quanto non sono in linea con l'idea che abbiamo di noi stessi, che origina la sofferenza emotiva.
Il tentativo di evitamento è naturalmente vano e comporta, piuttosto, complicazioni e sofferenza.
Leggi anche la meditazione contro l'ansia: riscoprire il "qui ed ora"
Gli insegnamenti della mindfulness
Ciò che la pratica della mindfulness insegna a fare è riconoscere le proprie emozioni e i propri pensieri accogliendoli così come sono, nella loro semplice, completa e totale realtà percettiva.
La pratica della mindfulness insegna ad accoglierci al di là di stereotipi rigidi che abbiamo costruito su noi stessi per proteggerci da nemici inesistenti. Al contempo però la pratica della mindfulness non ci lascia in balia delle nostre emozioni, lasciandoci da esse trasportare, piuttosto insegna a non rispondere immediatamente ed automaticamente alle emozioni che via via sentiamo.
La mindfulness allena contemporaneamente ad accogliere e a non re-agire subito le emozioni esperite. Questo allenamento consente una maggiore flessibilità cognitiva, portando ad una maggiore libertà di azione, non di vittimizzazione dell’automatismo, ed una maggiore capacità di adattamento (flessibile).
Mindfulness, concetti, abilità
Alcune doverose precisazioni. Il concetto di “accettazione”, insito nella pratica della mindfulness, non è da confondersi con quello di “rassegnazione”.
Mentre la rassegnazione costituisce una rinuncia ad agire rispetto agli eventi, la mindfulness parte dalla consapevolezza di ciò che è in quel momento l’emozione e il sentire, per predisporsi e muoversi in conformità dei propri valori più profondi ed autentici.
Difatti, la pratica della mindfulness si propone di sostituire alcuni comportamenti reattivi, automatici e distruttivi con scelte/azioni consapevoli ed adattive in funzione del contesto.
Altro aspetto importante: la pratica della mindfulness non vuol dire soltanto "meditare", ovvero dedicare formalmente alcuni minuti al giorno alla meditazione.
La vera forza terapeutica della mindfulness è soprattutto quella di accrescere la consapevolezza della persona consentendole superare automatismi, sostituendoli con scelte più sane, costruttive e, soprattutto, libere.
La pratica quotidiana della mindfulness aiuta nell’acquisizione delle seguenti tre abilità:
- Ancorarsi al momento presente invece di essere coinvolti dalle emozioni catastrofiche, depressive e/o dal bisogno compulsivo di agire.
- Riconoscere i pensieri in quanto tali e a non considerarli dati di fatto.
- Superare la tendenza all’evitamento esperienziale e sostituirlo con una maggiore benevolenza verso se stessi.
Emozioni, un limite alle decisioni?