La miglior dieta è la trasgressione?
Ingannare la dieta con la psicologia aiuterebbe a perdere peso: queste le conclusioni di un recente studio su dieta e trasgressione, in altre parole fare una dieta continuando a concedersi piccole trasgressioni controllate sarebbe alla lunga più efficace rispetto a programmi molto intransigenti che nel lungo periodo hanno maggior probabilità di venire interrotti. Vediamo meglio il perché.
Il modo migliore per osservare efficacemente una dieta dimagrante? Concedersi qualche trasgressione! Questo il risultato di uno studio di alcuni ricercatori della Pennsylvania State University (USA), pare infatti che prefiggersi con intransigenza scopi troppo assoluti o perfezionistici non giovi alla dieta e neanche all’umore facendo perdere, alla lunga, la motivazione al cambiamento.
Dieta e trasgressione: solo rinunce?
Comunemente quando si pensa alla dieta si associa questo termine quasi esclusivamente alle diete dimagranti e quindi ad un regime alimentare che, per un periodo di tempo predeterminato, dovrebbe prevedere un introito calorico, qualitativamente e/o quantitativamente controllato, al fine di far perdere peso. In tal senso la dieta rimanda quasi inevitabilmente all’idea di sacrificio e rinuncia ponendoci già a priori in un una condizione mentale di “carenza” e “sofferenza” che, e qui sta il paradosso, aumenta la voglia di quei cibi, sì ingrassanti, ma molto spesso confortanti e consolatori che non potremmo mangiare. Pare però che una dieta non debba necessariamente escludere la trasgressione.
Risultati della dieta e trasgressione
I ricercatori dello studio citato hanno osservato che, là dove le persone potevano continuare a concedersi – come piccola trasgressione - uno snack dolce, i risultati della loro dieta nel lungo periodo erano più soddisfacenti rispetto a coloro che seguivano programmi alimentari più intransigenti. I motivi di tali effetti tuttavia non sono poi così scontati e potrebbero chiamare in causa dimensioni emotive e motivazionali complesse.
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Dieta e trasgressione: mangiare col cuore
Da tempo la psicologia sociale insegna quanto sia complesso e difficile, quando si fa riferimento a comportamenti e stili di vita salutari, mantenere un cambiamento nel lungo periodo. Passato l’entusiasmo del momento in cui si fantastica il cambiamento desiderato con la dieta, le rinunce e i sacrifici che questa di solito impone rischiano spesso di farla fallire. Questo perché non mangiamo solo con la testa, ma anche col cuore là dove il cibo è un potente strumento di gratificazione personale, conforto emotivo, condivisione sociale e conviviale e identità (si pensi ai consumatori del bio, ai frequentatori dei locali di tendenza, alle famiglie dove il cibo fa da sponda a riti e riunioni conviviali che rimarcano e conservano ruoli e gerarchie familiari).
Dieta e trasgressione: rompere gli automatismi
Mangiare per abitudine e conforto emotivo può diventare quasi un automatismo su cui non si è più portati a riflettere, uno degli effetti positivi di una dieta, intesa come scelta deliberata di uno stile alimentare qualunque esso sia, è proprio quello di rompere questo circolo vizioso portando la propria attenzione a ciò che si mangia. Concedersi qualche piccola trasgressione può aiutare a vivere la dieta come una scelta personale e non come un’imposizione esterna e, perché no, a gustare anche meglio il piccolo snack che ci si concede come momento piacevole per sé invece che un’insana abitudine reiterata senza senso.
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