La bigoressia: se il mito di Big Jim diventa una trappola

Assidui frequentatori delle palestre, culturisti o devoti del body building: la bigoressia è un termine coniato relativamente di recente per indicare un disturbo psicologico che rende le persone, per lo più uomini, compulsivamente dipendenti dall’allenamento fisico per sostenere la propria autostima. Per la palestra si sacrificano altre aree lavorative e sociali della vita nella distorta convinzione di essere sempre troppo esili a dispetto delle evidenze.

La bigoressia: se il mito di Big Jim diventa una trappola

Fu uno psichiatra americano, il dottor Harrison Pope, a descrivere alla fine degli anni ’90 come dimorfismo muscolare quel disturbo attualmente noto come bigoressia o anoressia inversa. Un disagio psicologico di pertinenza pressoché maschile caratterizzato dall’ossessiva preoccupazione di accrescere la propria massa muscolare con diete e allenamenti in preda al terrore di apparire troppo esili o minuti.

 

La bigoressia: cos’è e cosa non è

Naturalmente non è la passione per la palestra o il body building ad essere patologica in sé, anzi nei giusti limiti può portare benefici per la salute psicofisica. Ma neanche una transitoria “fissa” per le palestre e il culturismo può essere assimilata alla bigoressia: viviamo nella società dell’immagine e dell’apparire che pone come desiderabili e simboli di successo determinati canoni estetici per uomini e donne da cui tutti siamo influenzati soprattutto in momenti di stress. Nella bigoressia però la forma fisica risulta essere la principale se non l’unica area su cui un uomo fonda stabilmente la propria autostima e il proprio senso di sé, ossessionato dal terrore di essere troppo esile e compulsivamente votato a rigidi programmi dietetici e di allenamento in una letterale “fame di grossezza” che sembra insaziabile.

 

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Affinità e differenze con l’anoressia

La bigoressia è detta anche anoressia inversa perché denota alcune somiglianze e differenze peculiari rispetto all’anoressia nervosa. Quest’ultima colpisce soprattutto donne che inseguono ideali impossibili di magrezza, là dove la bigoressia è tipicamente di uomini alla smodata ricerca di una massa muscolare sempre più grossa. In entrambi i casi però è la forma corporea ad assumere un valore centrale per la propria autostima, è sulla ricerca della perfezione attraverso di essa (anche se in direzioni opposte) che la persona misura il suo senso di identità e autoefficacia e tali ideali irraggiungibili sono inseguiti con modalità compulsive (che cioè si è costretti a mettere in atto pena l’essere invasi da un insostenibile senso di ansia o di frammentazione interna) destinate a non avere fine. Sia chi soffre di anoressia nervosa che di bigoressia ha, spesso, una distorta immagine di sé, non è più in grado di vedersi realisticamente ma continua a vedersi troppo grassa o troppo minuto anche quando il dato di realtà dimostra il contrario.

 

La richiesta di aiuto e la bigoressia

La bigoressia, come l’anoressia nervosa, almeno finché non incorre in conseguenze chiaramente dannose per il fisico (si assumono spesso sostanze anabolizzanti in quantità e modalità pericolose con programmi di allenamento eccessivi), è egosintonica: la persona non percepisce di avere un problema nonostante arrivi a sacrificare e a compromettere altre aree importanti della propria vita (lavorativa, affettiva, sociale) in nome degli allenamenti in palestra e del proprio regime dietetico iperproteico. Il punto quindi non è quale sia “la terapia migliore”, ma cosa possa motivare a chiedere aiuto. Spesso solo le allarmanti conseguenze, sul piano fisico e dell’isolamento sociale, incrinano l’illusorio senso di controllo associato alla bigoressia e possono motivare l’inizio di un percorso terapeutico.

 

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