5 cose da fare dopo un licenziamento
L’esperienza del licenziamento è spesso traumatica, soprattutto se arriva in maniera inaspettata a uno stadio già avanzato della vita lavorativa. Come riprendersi da questa “doccia fredda”? Seguendo questi 5 (ottimi) consigli.
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Il licenziamento può configurarsi come un vero e proprio evento traumatico per chi lo subisce specie se sussistono determinati fattori di rischio. Anzitutto lo stadio di avanzamento nella vita lavorativa: se non essere assunti dopo uno stage può rappresentare un esperienza altamente frustrante e deludente, perdere il lavoro in una fase ormai consolidata di esperienza e inserimento professionale può rappresentare un vero e proprio trauma, che può mettere a rischio la salute fisica e mentale.
Questo è vero soprattutto per coloro che si identificano molto con il lavoro e derivano dalla propria posizione professionale gran parte della propria identità. Perdere questa dimensione può equivalere, nel vissuto emotivo, un po’ a perdere sé stessi, il ruolo delle emozioni nel lavoro è infatti molto importante.
In realtà ogni evento della vita, anche il più doloroso, può rappresentare sempre un’opportunità di crescita. Chi vive questa esperienza deve non solo sincerarsi di quali siano in questi casi diritti e tutele del lavoratore, ma anche affrontare un piccolo “lutto” per poter individuare le strade per ripartire. Vediamo allora 5 cose da fare dopo il licenziamento per affrontare la perdita del lavoro.
1. Elaborare lo shock iniziale
Per superare un licenziamento e trovare un nuovo lavoro è necessario anzitutto non correre subito avanti, ma concedersi il tempo e lo spazio mentale per elaborare lo shock e la perdita.
Perdere il lavoro è gli effetti un lutto, si tratta della perdita di una dimensione importante della vostra vita che fino a ora ha definito il vostro ruolo nella società, la vostra autostima o il vostro senso di efficacia e competenza oltre alla vostra tranquillità economica.
Ci saranno senz’altro altre strade attraverso le quali ricostruire in forme diverse queste dimensioni, ma al momento siete in una fase di shock in cui la mente ha anzitutto bisogno di comprendere e accettare ciò che sta accadendo.
La mente umana infatti reagisce inizialmente con una certa incredulità ad una perdita: sebbene abbiamo ben chiaro a livello cognitivo che cosa sia concretamente accaduto, non è affatto strano percepire dal punto di vista emotivo vissuti di stupore, scetticismo, irrealtà (“no, questo non sta accadendo a me”). È normale: ci vuole del tempo, diverso per ognuno, affinché la mente accetti la perdita e quando questo avviene spesso sopraggiunge la rabbia, la protesta verso ciò che si è perduto e non si può riavere indietro.
Prima o poi tutto questo lascia gradualmente il posto ad una reazione di tristezza, ritiro, mancanza di energie. Spesso arrivati a questa fase si alterneranno stati emotivi contrastanti, ora di rabbia ora di rassegnazione: è il segnale che la vostra mente sta elaborando quello che vi è successo.
2. Non chiudersi in sé stessi
Il processo che è stato appena descritto può durare alcuni giorni o diverse settimane a seconda delle capacità di resilienza personale e della soggettiva gravità del licenziamento. C’è un elemento fra gli altri che può fare molto la differenza su come la perdita del lavoro verrà affrontata e superata ed è la capacità di trarre sostegno e conforto dagli altri piuttosto che chiudersi in sé stessi.
Abbiamo detto che il lavoro è per molte persone una fonte non solo di guadagno economico ma anche di identità e autostima, costoro possono certamente trarre maggiori soddisfazioni dalla propria dimensione professionale in termini di autorealizzazione. Tuttavia subiranno gli esiti più pesanti del licenziamento perché alla perdita della sicurezza economica si affiancherà la perdita di una parte importante di identità e stima di sé.
Per queste ragioni in alcune persone l’esperienza della perdita del posto di lavoro può comportare vissuti di vergogna intollerabili e potenzialmente disorganizzanti che possono indurre a volte a mentire, anche per lungo tempo, ad amici e familiari finché inevitabilmente la realtà non si impone con tutta la sua drammatica evidenza.
È importante che tutto questo non accada, non solo perché oltre al lavoro si rischierebbe di perdere sostegno e fiducia dei propri cari, ma anche perché, una volta “scoperti”, si amplificherebbero le quote di vergogna e indegnità a causa delle quali si era tenuta nascosta la propria condizione.
Se vi rendere conto di avere remore a parlare della vostra condizione o se addirittura vi ritrovate a mentire alle persone che amate è urgente che chiediate aiuto a un professionista della salute mentale rivolgendovi anche direttamente ai Servizi pubblici della vostra zona (consultori, Centro di salute mentale).
3. Riconsiderare il passato
A volte il licenziamento arriva in tronco, per decisioni di budget prese ai “piani alti” senza alcuna attinenza con la realtà quotidiana del lavoratore né con le sue capacità. Altre volte è frutto di una crisi e una riorganizzazione aziendale ventilata già da tempo che può rendere drammaticamente superflue o obsolete determinate mansioni. Altre ancora può accadere a seguito di conflitti e contrasti con i propri datori di lavoro o con nuovi dirigenti (casi in cui è essenziale valutare diritti e tutele contro eventuali discriminazioni agite con un licenziamento senza giusta causa) o perché in ogni caso “qualcosa non ha – o non ha più – funzionato”.
In tutte queste, e altre possibili circostanze, quasi mai la narrazione che avrete in testa dell’accaduto rimarrà la stessa nel tempo. Abbiamo accennato a quanto inizialmente la mente accolga con incredulità una perdita, questo probabilmente avrà influenzato anche il modo con cui, nei primi giorni o settimane, avrete interpretato le cause/circostanze del vostro licenziamento: come qualcosa di inspiegato e inspiegabile di fronte a cui vi sentivate assolutamente passivi e incapaci di fare alcun che.
Se è vero che non siete (a meno di legittime rivendicazioni legali) nelle condizioni di “riavvolgere il nastro” e cambiare il finale di questa brutta storia è vero però che con il passare delle settimane potrebbero chiarirsi, nelle vostre riflessioni, diversi punti oscuri che la accompagnano.
Potreste per esempio riconsiderare diversamente le circostanze contestuali – che magari prima non potevate osservare con altrettanta chiarezza – che hanno portato all’individuazione di alcuni esuberi in quella realtà lavorativa e dare, per così dire, un senso diverso, più ampio, a quello che vi è successo. Questo aiuta la mente perché rende un evento, per quanto traumatico e doloroso, non più inspiegabile: per la nostra salute psicologica è fondamentale pensare, riflettere e trovare un senso agli avvenimenti e spesso questo senso è al di là della nostra contingenza individuale.
Potrete certamente anche provare a fare alcune considerazioni sul vostro operato lavorativo, sul modo in cui vi siete rapportati ai colleghi o in cui avete dato per scontate alcune cose magari non soppesando delle criticità che forse si palesavano all’orizzonte. Quale che sia il vostro caso specifico è fuor di dubbio che questa esperienza, avendovi catapultato con violenza “fuori” da una realtà con cui eravate profondamente identificati, vi sta dando lì opportunità di riconsiderarla da una prospettiva più distaccata e potrà darvi senz’altro spunti per orientarvi ancora meglio nel prossimo contesto lavorativo in cui vi troverete.
4. Ripartire…
Dopo aver elaborato lo shock della perdita e aver riconsiderato le circostanze che l’hanno resa possibile è giunto il momento di guardare a voi stessi, al bagaglio di capacità e competenze maturate fin ora e orientarsi verso il futuro.
Ci sono molti modi per trovare un nuovo lavoro ma prima di capire dove si vuole andare è necessario aver ben chiaro cosa si porta in valigia. Ecco che allora potrà esservi di aiuto, prima di tuffarvi nella giungla delle offerte di lavoro, fare un attento check delle vostre competenze.
Probabilmente vi troverete a dover aggiornare il vostro curriculum vitae e già questo potrà essere un ottimo spunto. Specie se si è stati in un posto di lavoro per diverso tempo, raramente si ha avuto modo di fare questa operazione che invece può rivelarsi estremamente utile: le vostre competenze professionali fanno parte di voi e vi definiscono anche a prescindere da un posto di lavoro specifico. Spendere del tempo in questa attività di storytelling può rivelarsi non solo “curativo” per la psiche ferita, ma anche di stimolo per rinverdire e rinnovare la consapevolezza delle vostre risorse e capacità.
5. Trovare un nuovo lavoro con nuove ambizioni
I modi per trovare un nuovo lavoro possono essere differenti anche a seconda della condizione in cui vi trovate. Se siete in forte emergenza dovrete forse trovare al più presto un impiego, anche non del tutto affine alle vostre ambizioni, che vi garantisca un’entrata economica. Questo non vuol dire però che la vostra ricerca di lavoro sia finita.
Sia che possiate concedervi del “tempo sabatico”, sia che siate stati constretti per necessità ad “accontentarvi” transitoriamente di un lavoro poco stimolante le cose per voi sono solo all’inizio. È tempo di guardare con coraggio e una giusta dose di ambizione ai vostri obiettivi.
Siete in un certo senso in una condizione che ha dei privilegi: potete permettervi il lusso si immaginare anche i cambiamenti più radicali perché al momento non c’è alcuna realtà lavorativa che vi vincola. Può darsi che abbiate lasciato nel cassetto quel progetto di mettervi in proprio o che abbiate avuto sempre il “pallino” di dedicarvi ad un campo completamente diverso, magari più creativo di quello dove siete stati fin ora.
O, ancora, che vi siate resi più consapevoli delle vostre risorse e ambizioni e che decidiate di utilizzare questo tempo della ripartenza per frequentare un master, un corso di alta specializzazione o candidarvi per un nuovo lavoro che vi dia di più, e non di meno, del precedente.
Se avrete attraversato la fase di “lutto” con i tempi e modi appropriati per la mente, ricercando le persone maggiormente in grado di sostenervi e mettendo in una nuova luce le vostre competenze professionali e i vostro obiettivi, quest’ultimo step “ricostruttivo” non potrà che essere una fase creativa e generatrice di buone idee.