Fame emotiva: come fermarsi un attimo prima

La fame emotiva scatta per noia, rabbia, frustrazione, tristezza… Tutti stati emotivi difficili da sopportare per cui “in automatico” cerchiamo di allentare la tensione mangiando. Come riprendere le redini di questa insana abitudine?

Fame emotiva: come fermarsi un attimo prima

La fame emotiva è percepita come un impulso per lo più “urgente”, improvviso a consumare alimenti dolci o fortemente calorici – i cosiddetti comfort foods – indipendentemente dal proprio fisiologico stato di fame o sazietà.

Spesso ci rifugiamo nei cibi consolatori impulsivamente, senza riflettere su quali stress emotivi muovano la nostra voglia di mangiare e mangiando con gran voracità o in modo quasi “automatico”. Senza rendercene conto, infatti, scopriamo di aver finito tutto il pacco di biscotti come se in quei momenti perdessimo il controllo di noi stessi e fosse “qualcos’altro” a indurci a mangiare.

Come riprendere le redini di quanto sta accadendo? Non dando mai nulla per scontato.

 

Fame emotiva: gioie e dolori del gestire le emozioni umane

Sembra ovvio, scontato: se abbiamo fame, mangiamo! In fondo si stratta di un istinto basilare, legato alle radici biologiche della nostra sopravvivenza, qualcosa che, insomma, ci prescinde! Vero e falso allo stesso tempo!

L’essenza di questo ragionamento può valere per il vostro cane o il vostro gatto: non hanno coscienza di se stessi, non provano emozioni secondarie complesse, adottano comportamenti essenzialmente reattivi, guidati dall’istinto di sopravvivenza. Fin qui le cose sono relativamente semplici.

Noi esseri umani siamo dotati invece di autocoscienza e, di conseguenza, di un sistema emotivo un po’ più “raffinato” e complesso che ci porta a vivere stati d’animo più intricati, sfumati spesso contraddittori.

Gioie e dolori dell’appartenere alla specie umana: le nostre capacità mentali ci mettono in condizione di vivere esperienze molto più complesse, di accedere a fonti di soddisfazione e gratificazione – personali e relazionali - precluse ad altre specie animali, di vivere insomma tutta una realtà emotiva molto più tridimensionale, un’esperienza di vita molto più “colorata”.

Ma, c’è un ma, tutta questa complessità della vita emotiva e relazionale può anche sopraffarci, causarci sofferenza e stress quando non riusciamo a tollerarla o a decifrarla in un modo opportuno.

La fame emotiva rappresenta in questi casi una risposta “agita” – cioè un comportamento su cui non siamo in grado di riflettere – per cercare un qualche sollievo da una tensione emotiva sia essa per una vaga ansia, noia, tristezza, rabbia o quant’altro.

Alcune volte, anzi, rimaniamo del tutto inconsapevoli di quali siano i motivi che ci spingono a mangiare. Ecco perché è fondamentale imparare a fermarsi un attimo prima e portare tutta la propria consapevolezza sull’impulso che percepiamo e a cui siamo abituati a rispondere in maniera “automatica”.

 

Leggi anche Psicologia del cibo: perché mangiamo quello che mangiamo? >>

 

Diventare “spettatori” della propria fame emotiva

La Mindfulness integrata con la psicologia congnitivo-comportamentale ha dato luogo a varie tecniche tutte finalizzate ad aiutare le persone a portare consapevolezza sul momento presete, sui propri stati emotivi e sulle proprie modalità di pensiero.

Si tratta di un’operazione affatto banale che richiede di compiere un “salto di livello” decisamente inconsueto se si è abituati a re-agire agli impulsi con comportamenti irriflessivi, come il mangiare nel caso della fame emotiva.

Immaginate degli attori sul palcoscenico di un teatro: sono calati “dentro” la scena, ne fanno parte e non possono far altro che comportarsi secondo il “copione” che già conoscono.

Ma immaginate di non essere su quel palcoscenico ma seduti tra il pubblico: il vostro punto di vista sarà molto differente. Non essendo totalmente immedesimati in ciò che accade potrete fare una serie di considerazioni su come la scena si sta svolgendo, chiedervi che altri sviluppi potrebbe avere la vicenda…

In altre parole: se osservate la scena “da fuori” potrete accedere ad una posizione più riflessiva e sentirvi liberi di ragionare su quanto si sta recitando: forse quello non è l’unico copione che può essere messo sulla scena.

Fermarsi un attimo prima quando si avverte un impulso a mangiare significa un po’ questo: lasciare il palcoscenico e andarsi a sedere dalla parte del pubblico cercando di ragionare sulla rappresentazione che sta per andare in scena.

 

Fame emotiva: da quali stress è causata?

Il consiglio che di solito viene dato è apparentemente molto semplice: quando avvertite l’impulso a mangiare fermatevi per almeno 5 minuti di orologio. Per fare cosa?

Anzitutto per analizzare le caratteristiche della “fame” che sentite. È improvvisa o graduale? È urgente o può attendere? Richiede solo cibi dolci? È congruente con il fisiologico stato di fame o sazietà che vi rimanda il vostro stomaco? La prima cosa da chiedersi, insomma, è se quella sia vera fame, una fame fisica, oppure fame emotiva.

In questo secondo caso può essere utile spostare il centro della vostra attenzione dalla pancia… alla testa! Quali stati d’animo provate? Cosa è accaduto un attimo prima che avvertiste questo impulso a mangiare? Cosa potreste fare di diverso per riuscire a gestire lo stress emotivo che vi sta inducendo ad aprire il frigorifero o la dispensa?

 

La fame emotiva non va presa “alla lettera”

Sembra facile ma non lo è. Potrebbe anche succedere che nonostante proviate a fermarvi la fame emotiva sia più forte e finiate col mangiare comunque.

Non disperate: forse all’inizio potrete imparare a fare “a posteriori” questo esercizio di riflessione (cosa avreste potuto fare di diverso? Di cosa avevate realmente “fame”?) prima di metterlo in pratica in modo preventivo.

Naturalmente è bene tener presente che sebbene tutti noi possiamo occasionalmente ricorrere al cibo con valenze consolatorie, se questo meccanismo diventa “fuori controllo” o inizia ad essere pervasivo può essere necessario intraprendere un  percorso di psicoterapia per comprendere le cause del disturbo alimentare e lavorare, con l’aiuto di un terapeuta, anche sulle modalità di gestione del sintomo.

Il cibo rappresenta in fondo la prima forma di amore che abbiamo ricevuto e quindi uno dei mezzi privilegiati di cui disponiamo sia per esprimere amore e vitalità, sia per esprimere angoscia, ansia e dolore psichico.

La nostra “pancia” può a volte parlare per noi, indicarci stati di malessere di cui dobbiamo occuparci, l’importante è saperla ascoltare realmente invece di prenderla troppo “alla lettera”.

 

Leggi anche

I 5 sensi a tavola per mangiare meglio
> Fame edonica e fame omeostatica

 

Foto: Iakov Filimonov / 123rf.com