Chi è il narcisista perverso?

Intervista a Cinzia Mammoliti, Criminologa da sempre impegnata nella prevenzione della violenza psicologica e della manipolazione relazionale. La intervistiamo sul suo ultimo libro, "Intervista a un narcisista perverso" pubblicato da Runa editrice

Chi è il narcisista perverso?

Laurea in Giurisprudenza nel 1993, con perfezionamento in Criminologia, Psicopatologia forense e Psicologia criminale. Cinzia Mammoliti è ritenuta tra i massimi esperti nazionali in materia di manipolazione relazionale e violenza psicologica.

L'abbiamo intervista sul suo ultimo libro "Intervista a un narcisista perverso" con cui Cinzia si confronta in un dialogo che ha il sapore aspro di una battaglia.

 

Un libro che si legge tutto d’un fiato come un bel romanzo. Peccato che qui di inventato non ci sia proprio niente. Che storia racconta il suo libro?

Si tratta della storia di un uomo affetto da narcisismo perverso, uno dei più gravi disturbi di personalità che vi siano, che si racconta e spiega la sua vita e le sue relazioni in base a una rappresentazione della realtà completamente fuori dall'ordinario, quantomeno per persone normali, ammesso e non concesso che la normalità esista.

Una storia tristemente vera che narra di violenza e crudeltà mentale raccontate da chi le agisce, cercando di spiegare perché le compie.

 

La prima cosa evidente di questo libro è l’immagine di copertina. Cosa rappresenta e perché proprio questa?

L'immagine utilizzata vorrebbe evocare il mito di Narciso, cui si ispira il disturbo narcisistico di personalità. Narciso era un giovane bellissimo e pieno di sé che odiava l'ammirazione e l’interesse di tutti coloro che incontrava  sia donne che uomini.

Un giorno la Ninfa Eco, si innamorò di lui e, respinta, ne morì dal dolore. Gli dei adirati allora, decisero di punire Narciso per la durezza con cui aveva trattato la Ninfa facendolo innamorare della propria immagine.

Fu così che un giorno Narciso, specchiandosi  in una fonte d'acqua s’innamorò all’istante del proprio riflesso che dapprima tentò di abbracciare e baciare, poi, rendendosi conto che non avrebbe mai potuto possederlo, cominciò a struggersi e tormentarsi fino a morire di languore trasformandosi in un narciso, il fiore che cresce ai bordi delle fonti.

Ecco perché sulla copertina del libro c'è un uomo che si specchia. L'intento era quello di evocare il mito di Narciso, con una variante. L'immagine riflessa in questo caso è quella di un mostro, perché Paolo, il protagonista della mia storia è bello esteticamente ma brutto dentro. Solo non si capisce esattamente se se ne renda conto o meno.

 

Lei ha utilizzando nelle prime pagine del libro il termine vampiro per riferirsi all’identikit di queste persone e all’appellativo che a seguito del suo precedente libro le hanno affibbiato di ammazzavampiri. Come mai proprio questo termine e come può aiutarci nella comprensione di questo profiling?

Ammazzavampiri è un termine scherzoso che mi hanno affibbiato alcuni miei lettori da quando sono impegnata nella lotta contro questi soggetti.

In realtà il termine vampiri (energetici) è mutuato da Mario Corte, autore di un testo illuminante sull'argomento che è stato tra i primi in Italia a tracciare un vero e proprio profiling di questi soggetti che per esistere hanno bisogno di nutrirsi dell'energia altrui depauperandoli attraverso la denigrazione, la derisione e l'umiliazione.

I narcisisti maligni sono dei vampiri energetici all'ennesima potenza. Il profilo dettagliato di queste persone è contenuto nel mio primo saggio sull'argomento: “I serial killer dell'anima”, ed. Sonda.

 

Leggendo l’intervista traspare chiaramente una certa sua tensione e tremante agitazione, a momenti rabbia e profonda indignazione nel momento in cui si è relazionata con il suo intervistato. Cosa si prova ad essere davanti ad un personaggio che rientra in questo profilo?

Penso di essermi un po' sopravvalutata, sotto il profilo della gestione dell'emotività, nel momento in cui ho accettato l'intervista che mi è stata commissionata da una Rivista Psichiatrica.

Faccio questo lavoro da molti anni e giocoforza ho sviluppato una corazza che mi aiuta a gestire le situazioni più critiche e le persone più complesse.

Paolo ha messo a dura prova la mia pazienza e le sue continue provocazioni hanno determinato un clima di tensione che se da un lato mi ha aiutata a procedere, dall'altro mi ha coinvolta troppo. E io non posso permettermi il lusso di farmi coinvolgere.

 

Essere narcisisti, la domanda per scoprirlo

 

In una parte della vostra conversazione, lui dice: “quella te la devono consegnare.. non puoi prenderti l’anima di nessuno se non te la vogliono dare...”, riferendosi all’anima delle sue vittime. Mi sembra un punto interessante. Lei, da esperta del fenomeno, cosa argomenterebbe a riguardo?

Penso che lui abbia detto una verità a metà. Puoi abusare psicologicamente di qualcuno solo se c'è una qualche partecipazione, altrimenti é impossibile. Tuttavia Paolo omette tutto quello che ha messo in pista per imbambolare le donne che ha devastato.

Non puoi prenderti l'anima di nessuno se non te la vogliono dare, condivido, ma puoi fare molto per mettere qualcuno nella situazione di consegnartela manipolando, plagiando e destabilizzando dopo aver fatto innamorare.

 

Leggendo l’intervista, la cosa che più mi colpisce non è solo ciò che il “narcisista perverso” racconta di sé, ma specialmente il modo in cui il vostro relazionarvi si muove e si evolve. Si avvertono con forte intensità le sue emozioni e anche lo sforzo ed il lavoro che ha fatto su di sé per resistere alle sue provocazioni. Com’è riuscita a fargli fronte?

Appellandomi alla mia parte zen che col passare degli anni diventa sempre più forte.

 

Sembra debba necessariamente esserci qualcuno che conduca il gioco, che prevarichi sull’altro. Un gioco di potere come lei stessa scrive e come il suo intervistato chiaramente racconta: potere, controllo, dominio, paura della perdita..

Il manipolatore relazionale, soprattutto se narcisista, ha bisogno del controllo in ogni momento e Paolo aveva un gran bisogno di condurre il gioco come ha dimostrato in tutta la nostra conversazione.

 

In un momento dell’intervista, Paolo dice che le donne che ha incontrato erano capaci di tutto, calpestavano la propria dignità pur di non rimanere sole. Quali caratteristiche hanno, queste donne?

Bisogno di appartenenza, incapacità di stare sole, scarsa autonomia e, solitamente una bassa autostima globale. Può, poi, paradossalmente trattarsi di donne che nella vita professionale e sociale sono perfettamente riuscite e realizzate; è la loro parte affettiva che è fragile, infantile e bisognosa di protezione.

 

Qual è il messaggio più grande che si sente di lasciare attraverso questo libro?

Amare non è annullarsi per qualcuno. Dal momento in cui si inizia ad annullarsi ritengo non si possa più parlare di amore ma di disturbo, dipendenza, ossessione, malattia. L'amore è un'altra cosa.

 

In un momento molto delicato del libro chiede al suo intervistato: “..a che serve far pagare ad altri l’inferno che abbiamo vissuto?”. Lei come spiega la mentalità e le azioni di questo tipo di persone?

Sotto il profilo criminologico l'intento pseudo riparatore che porta a ferire gli altri per fare in qualche modo fronte a ferite ricevute da terzi può essere, a mio avviso, discutibile e sicuramente non applicabile a tutti i casi di violenza.

Il fatto è che anche se è difficile ammetterlo la crudeltà spesso esiste senza che vi siano necessariamente giustificazioni psicologiche, psichiatriche, psicanalitiche o sociologiche. Esiste e basta.

 

La storia narrata in questa intervista è una storia crudele, feroce, amara e spietata, che lascia una grande tristezza addosso. Cosa possono fare le Arianne e i Paoli, oggi?

Le Arianne possono informarsi, ascoltarsi, far caso ai primi campanelli d'allarme, non isolarsi e chiedere aiuto. Un tempo di violenza psicologica, narcisismo perverso e dipendenza affettiva si parlava molto poco. Oggi per fortuna grande spazio viene dato all'argomento sui social, i media e la bibliografia in materia è sempre più vasta.

Ben poco da fare c'è invece per i Paoli. Il suo disturbo, infatti, non perdona e non si conoscono ad oggi cure o terapie effettivamente efficaci per il narcisismo patologico. 

 

Dipendenza affettiva: origine e caratteristiche

 

 

Per approfondire:

> Disturbi della personalità