Energie del maschile e del femminile: conoscerle e conoscersi meglio
Scoprire le differenze e le risorse di due mondi paralleli ma inevitabilmente e meravigliosamente collegati e interconnessi: quello maschile e quello femminile. Una continua scoperta che arricchisce e rigenera.
Zuleika Fusco, Counselor Relazionale Supervisore e formatrice esperta in Comunicazione e soluzione pacifica dei conflitti, nonché autrice del libro Viaggio nelle energie del maschile, ci racconta i due mondi del maschile e del femminile, come si relazionano e come possono conoscersi e interagire per migliorare ogni giorno il loro rapporto.
Nell'introduzione, una delle ragioni per le quali ha scritto il libro è quella del "bisogno dell'uomo di ridefinire una propria identità nel momento storico presente": quali le cause storiche, sociali e culturali che hanno portato l'uomo a questa crisi di identità?
Io mi definisco un’osservatrice privilegiata, poiché il mio lavoro di counselor mi porta ad ascoltare ogni giorno le confidenze di molte persone. Dall’esperienza e dai racconti dei miei clienti evinco che gli uomini vivono un momento di difficoltà, perché non sanno più quale sia la loro identità ed è difficile per loro gestire relazioni con un mondo femminile in continuo mutamento. Spesso, anche a livello mediatico, ci concentriamo molto sul ruolo attuale delle donne, chiedendoci quanto sia dura la loro battaglia per affermare se stesse, ma ci dimentichiamo di riflettere sugli uomini, che sono costretti a portare sulle spalle il peso della cultura che rappresentano, la cultura patriarcale. Il patriarcato nasce circa 6.000 anni fa, quando il surriscaldamento della Terra provocò lo scioglimento dei ghiacci e una successiva siccità.
Le terre occupate dalle prime comunità agrarie non furono più idonee a sfamarle. Tutto lascia pensare che, dopo essere diventati sedentari, i nostri antenati dovettero tornare a una vita nomade e predatoria, in cui per sopravvivere bisognava diventare violenti e insensibili. È in questo periodo che l’uomo sviluppa la sua sete di conquista, con tutto ciò che comporta, in termini costruttivi (come lo sviluppo della prima tecnologia) e distruttivi.
La donna segue un altro iter, proprio per via di una natura diversa già da un punto di vista fisiologico. Lei da sempre racchiude in sé il mistero del ciclo della vita, che le fa mantenere un filo di contatto costante con la sua dimensione di strega e con il suo potere di Trasformazione, attraverso il mistero delle mestruazioni e della gravidanza. Due fenomeni speciali che le offrono l’opportunità di sperimentare la sua capacità di rinnovarsi e di creare. Inoltre, il pregiudizio di essere ‘la parte debole’ secondo la visione patriarcale comporta un aspetto di risorsa, poiché la rende libera di esprimere le sue vulnerabilità. Può piangere, può non farcela, può avere paura, può cambiare umore e parere…
L’uomo invece socialmente deve essere forte e coerente, ma è perso nel labirinto come un Teseo senza il filo d’Arianna. Avendo sacrificato la propria sfera emozionale e sensibile, è un guerriero, ma non sa qual è il suo nemico e non sa contro chi combattere. Ha perso il senso di giustizia, perché non sente più la sua interiorità, ma ha introiettato le regole sociali che hanno censurato il suo sentire e sopraffatto con il senso pratico la sua ispirazione. Non può leggere che la giustizia sociale non ha nulla a che vedere con il senso intimo della vita che è del tutto soggettivo.
Rinnegando il proprio femminile interiore ed esaltando il valore della ragione, l’uomo discerne in base alle norme comuni, ma ha difficoltà a riconoscere ed esprimere sentimenti ed emozioni, non si fida delle sue intuizioni. Sa che la libertà termina dove comincia la libertà dell’altro, ma esattamente cosa farsene della sua non lo comprende.
Non è stato educato ad essere libero, ma solo osservante. Rispetta ciò che è comune e non conosce cosa gli piace. In questo subisce l’inganno maggiore. Quando crede di essere libero, è dipendente dal giudizio. Quando pensa di essere rispettato, ha vissuto penando per affermare se stesso. Quando gioca d’astuzia, è passibile di essere ingannato. La sua rete è stretta e non lascia spiragli. Non vola più quest’uomo, perché sogna solo cose possibili a meno che non fantastichi sul superenalotto.
Attraverso il mio lavoro, che mi induce ad un contatto continuo e profondo con il prossimo, grazie alle testimonianze dei miei clienti e allievi che mi raccontano di sé, mi sono detta che, per capire come entrare nel cuore di un uomo, devo pensare che la sua vita si incentri sul dramma dell’obnubilazione.
Tutto nella società lo rimanda a dimenticare se stesso e questa condizione comincia dall’infanzia, quando gli viene insegnato che ciò che sente di fare non è ciò che è giusto fare. In quel momento lui tradisce il suo istinto e diventa una macchina emulativa. Vive cioè trascurando le proprie regole interiori per rispettare le convenzioni.
Tutta la sua attenzione si sposta inevitabilmente sul fare piuttosto che sull’essere, diventando lui oggetto di valutazione da parte della società per le azioni che compie e i risultati che consegue. Anche la ribellione rientra in questo schema. Se ci pensiamo, ribellarsi significa infatti contravvenire a delle regole di cui si riconosce l’importanza, che si hanno ben chiare e che si mantengono comunque come riferimento. Quindi un uomo fa e non può consentirsi il lusso di sentire.
Per avere pari opportunità e diritti e lottare contro la discriminazione, la donna di oggi ha assunto caratteristiche maschili. Cosa ha comportato questo cambiamento all'interno della relazione di coppia?
La diversità dovrebbe costituire nella relazione intima una grande risorsa, la possibilità di una complementarità data proprio dall’opportunità di leggere la vita da prospettive e mappe differenti. Invece, pur di affermarsi in contesti prima esclusivamente maschili, la donna si è ritrovata a vestire i panni dell'austerità, dell'autoritarismo, della razionalità ad ogni costo.
Ha dimostrato all'uomo di esser più uomo di lui, ma ha pagato il prezzo di accantonare aspetti femminili numinosi, come l'emozionalità e la sensitività, l'intuito, la creatività, la capacità d'introspezione e di visione profonda, la consapevolezza del contatto misterico con i cicli della natura, ma anche l'accoglienza. È diventata il primo irreprensibile critico di se stessa. Pensando di acquistare potere, ha dimenticato la sua innata potenza.
E l'uomo? Si è allora trovato di fronte in alcuni casi uno specchio che rimandava gli aspetti più difficili di sé, spesso una persona arrabbiata, in generale in cerca di nuove risposte alle proprie esigenze interiori, civili, sociali. A volte un'antagonista competitiva e agguerrita. Ha perso, quindi, la sua interlocutrice di fiducia, colei che da sempre ha avuto il ruolo di raccogliere le sue confidenze, di sostenere, di contenere le sue fragilità senza porlo in imbarazzo o mettere in discussione la sua virilità, la guida alla parte più profonda di sé.
Perché è la donna che storicamente pone l'uomo a contatto con la sua interiorità, che gli racconta il mondo delle emozioni e lo invita a parlare di 'quelle cose' che tra uomini non si dicono. È lei che semplifica e favorisce la sua vita di relazione, ma soprattutto, è lei che riconduce nella sua vita l'Ispirazione e il Sogno.
L'uomo si è sentito privato di quel sottile legame preferenziale col principio femminile che Jung definiva Anima e che lei incarna.
Possiamo allora porci una domanda per comprendere cosa lui possa provare.
Come ci sentiamo nella vita di tutti i giorni quando vengono a mancarci i punti fermi? Quando per qualche motivo la relazione con chi consideriamo più vicino si interrompe o entra in crisi?
In un paesaggio così mutevole e avendo perso la propria alleata, lui non può che provare paura.
Quali consigli dà alle donne di oggi, sempre più ambiziose e di successo, ma spesso anche sole, per riconquistare la loro femminilità e costruire un rapporto non competitivo con l'uomo?
Sicuramente di affidarsi al piacere delle riscoperta di sé, attraverso un lavoro introspettivo che le porti a ricontattare quella natura strega cui abbiamo già fatto riferimento e che induce alla riconquista di una fiducia verso il proprio sentire e il proprio intuito. Noi donne siamo le prime a censurare l’aspetto più ricco e intrigante della nostra natura, siamo noi a rimettere spesso la nostra parte magica su un rogo metaforico che è fatto essenzialmente di giudizio e del timore che ne proviamo.
L’altro passo importante è il valore della condivisione. Gli uomini per natura sono più camerateschi e conservano riti di aggregazione che, al di là del contenuto specifico li mette insieme, come per esempio anche semplicemente guardare la partita in gruppo. Le donne sono individualiste e hanno perso quei momenti in cui durante la quotidianità si riunivano magari per svolgere i lavori domestici insieme, ma intanto parlavano in confidenza.
La più adulte tramandavano e spiegavano alle giovani i segreti della vita. Le più piccole portavano il contributo del loro entusiasmo e dell’affacciarsi alle prime esperienze. È un valore di sorellanza che dobbiamo recuperare, come cerco di fare attraverso i miei laboratori al femminile, che non a caso si chiamano Cerchi di Sorellanza.
Il terzo suggerimento è di non rincorrere il tempo, ma di usarlo come uno strumento prezioso per ricavare dei momenti in cui fermarsi per sentirsi. Solo quando lo facciamo possiamo infatti recuperare un contatto profondo con noi stesse e riconoscere ciò di cui abbiamo veramente bisogno. In questo modo conquistiamo la possibilità di scegliere liberamente nella vita.
Lo stereotipo culturale del "vero uomo" che non mostra le proprie emozioni per paura di risultare debole e vulnerabile genera spesso crisi nell'uomo stesso, che non si sente libero di esprimersi. In che modo è possibile sradicare questa convinzione?
Non è sicuramente possibile sradicare una convinzione così ancorata in noi da tanto tempo. Occorre far riferimento ad un nuovo progetto educativo, in cui si pensi agli uomini e alle donne come individui ricchi proprio per la complessità della loro natura ambivalente, ovvero maschile/femminile.
L’idea è di riportare l’attenzione su ciò che è necessario integrare, onorando e rispettando ciò che già sentiamo di essere, senza, cioè, continuare ad alimentare il pensiero che non andiamo bene, ma comprendendoci per i nostri reali bisogni. L’uomo non deve imparare a piangere come una donna, ma imparare prima di tutto a riconoscere le proprie emozioni per esprimerle secondo le sue modalità, nel rispetto della propria natura. Perché questo accada, dovremmo rivedere il nostro modo di intendere la genitorialità e soprattutto la relazione madre-figlio, che spesso incide pesantemente sulla capacità di gestire le emozioni e sull’autonomia della persona.
Ogni donna dovrebbe ricordare di non identificarsi con il ruolo di madre al punto di porre in secondo piano il suo essere individuo. La realizzazione personale appaga, distacca dalla relazione regalando alla madre l'opportunità di essere più carica, ricca, serena e di riversare positivamente nel rapporto la soddisfazione incamerata all'esterno.
Mentre l'eccesso di dedizione materna tende a creare dipendenza, perché la donna sente di esistere solo in virtù di quell'impegno. Tende allora a confondere amore e devozione totale, creando confusione e colpa nel bambino, che farà molta difficoltà nella crescita ad affrancarsi dall'immagine di figlio per essere uomo.
Tende a confondere inoltre amore e appartenenza. Sarebbe invece più facile se tutti pensassimo che non siamo dei nostri genitori e non possediamo i figli, ma cerchiamo di facilitarli affinché possano essere liberi di realizzare il loro progetto di vita.
Dal canto suo, l’uomo, influenzato dall'idea di peccato promulgata dalla religione e dalla necessità di mostrarsi ben educato, rinnega gli istinti colpevolizzandoli e percependoli come manifestazione di inadeguatezza alla vita sociale. Come sappiamo, la cultura patriarcale predilige il controllo di sé alla spontaneità, ma la persona che non conosce la propria dimensione istintuale non ha contatto con l'energia vitale, con quella sana aggressività fatta anche di desiderio che ci consente di vivere con grinta e piacere.
L'equazione istinto = Male va, quindi, rotta a favore di un equilibrato sviluppo della personalità maschile, che può così recuperare la sicurezza e le qualità che le sono proprie, come il rapporto profondo con la natura e le sue manifestazioni. Certo l'istinto non deve diventare unica risposta agli stimoli dell'esistenza, unica modalità di approccio al quotidiano, ma sicuramente gli va restituito dignitoso spazio, sapendo che può trasformarsi in grande alleato e soprattutto in eccellente riequilibrante di alcuni aspetti della personalità come quelli patriarcali o adeguati e civili.
In che modo scoprire e imparare a convivere con la propria parte maschile/femminile aiuta la crescita personale dell'individuo?
Elémire Zolla parlava di umana nostalgia dell'interezza, facendo riferimento a quella sensazione umana di aver perso qualcosa, una condizione di integrità, di privilegio, di cui sentiamo continuamente la nostalgia e che inevitabilmente tutti riconduciamo all’anelito a completarci attraverso l’amore di coppia.
Eppure l’amore prevede un passaggio che spesso ci sfugge e che storicamente ci ricorda Gesù quando insegna: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, ribadendo tacitamente che per amare davvero l’altro, occorre prima amarsi e realizzarsi come individuo. Se utilizziamo questa chiave di lettura, l’integrazione non si compie tramite una ricerca all’esterno di noi, ma attraverso un percorso di auto-conoscenza che ci fa riscoprire quel maschile e quel femminile interiori spesso in conflitto come due amanti opposti e complementari, entrambi necessari al nostro equilibrio e che possiamo identificare come la nostra parte logica e quella analogica.
L’equilibrio interiore non è quindi una questione di genere, ma la mappa faticosa su cui uomini e donne si muovono alla ricerca della propria serenità, e, se è vero che essi approcciano la vita in maniera dissimile, forse è costruttivo non tanto sottolineare le differenze quanto l’obiettivo comune, il cui conseguimento induce ad un percorso nel quale la diversità si considera ricchezza, perché ci consente di guardare cosa dobbiamo integrare in noi per crescere e stare bene.
Conoscere l’altra parte dell’universo è dunque il progetto più ambizioso della vita, ma anche il più nutriente, perché ci induce ad una meta davvero gratificante, l’auto-realizzazione.
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