La sindrome da disagio lavorativo: mobbing e stress psicosociale
Il lavoro e la carriera hanno assunto sempre maggiore importanza nella vita e nell’identità dell’individuo. Lo stress al lavoro causa dei danni profondi sullo stato di salute psico-fisico del lavoratore come nel caso del mobbing e dello stress psicosociale. Vediamo quali sono i sintomi
Nel corso degli anni il lavoro ha assorbito molto spazio della vita individuale, ma soprattutto è aumentata l’importanza associata alla carriera e alla professionalità.
A livello psicologico ciò è coinciso con un maggior peso del lavoro nello sviluppo dell’identità personale. Dall’altra parte vuol dire che qualunque problema nell’ambiente lavorativo avrà delle enormi conseguenze sullo stato di salute psicofisico dell’individuo. Ultimamente si sta diffondendo la sindrome da disagio lavorativo che si presenta con sintomi ansiosi, depressivi e psicosomatici (debolezza, insonnia, ecc.).
Questa patologia può derivare da un ritmo di lavoro troppo alto o da problemi sociali come burnout o mobbing che si ripercuotono sia a livello individuale, sia a livello organizzativo (produttività, efficienza, clima ostile, ecc.).
Mobbing e disagio lavorativo
La sindrome da disagio lavorativo è strettamente legata agli episodi di mobbing. Il termine deriva dal verbo inglese to mob cioè assalire o aggredire. Il mobbing fa riferimento a quell’insieme di molestie e violenze psicologiche che devono essere perpetrate per almeno sei mesi in modo sistematico.
Il mobbing può essere orizzontale (da parte dei colleghi), verticale (da parte dei capi) o strategico/organizzativo (allontanamento delle persone che creano problemi). Gli attacchi al lavoratore assumono molte forme diverse: dequalificazione, isolamento, compiti minimi, attacchi diretti o indiretti alla reputazione e così via.
Le conseguenze hanno una diversa entità e colpiscono l’individuo nel suo stato di salute, così come nella sua vita sociale arrivando a colpirne anche la famiglia. Il disagio lavorativo assume quindi una veste sociale, sia nelle cause, sia nelle conseguenze.
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Il disagio lavorativo e lo stress lavoro-correlato
Il disagio lavorativo, qualunque forma assuma, ha alla sua base un accumulo di stress psicosociale. Ciò indica che il lavoratore cede quando viene colpito non solo nelle sue attività lavorative, ma anche nello svolgimento della vita sociale associata alla professione. Non si tratta solo di mobbing, ma anche delle risorse sociali che il lavoro richiede.
Le professioni sanitarie e in generale quelle deputate all’aiuto e al sostegno di persone svantaggiate sono quelle più a rischio. Lo stress da lavoro correlato è all’origine di disturbi di vario tipo: muscolo-scheletrici, cardiovascolari e a carico dell’umore (depressione).
La valutazione dello stress lavoro-correlato
L’aumento dei casi di disagio lavorativo, ma soprattutto la portata delle loro conseguenze a carico dell’individuo, hanno reso necessaria la messa a punto di metodi per valutare il livello di rischio di stress cui ogni dipendente è sottoposto. La percezione del rischio è un processo che risente delle differenze individuali e purtroppo siamo ancora in attesa che l’Europa sancisca delle linee guida comuni e delle metodologie certe.
Il Testo Unico sulla sicurezza (D. Lgs 81/80) sancisce in modo non chiaro come adempiere alla’obbligo della valutazione/misurazione e la confusione nelle aziende è massima. C’è chi decide di fare da sé senza avvalersi di alcun tipo di professionalità, ma usando degli strumenti di dubbia validità. Ad ogni modo le aree da considerare, per una valutazione dello stress psicosociale il più possibile completa, dovrebbero essere almeno tre:
1. fattori di rischio fisici e oggettivi dovuti all’ambiente o alle attrezzature;
2. fattori di rischio tecnici ed organizzativi (gestione dei turni, qualità della comunicazione, ecc.);
3. rischio psicosociale (assenteismo, turn over elevato, vertenze lavorative, ecc.).
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Immagine | @boetter