Come riconoscere un manipolatore affettivo
“Se lo conosci lo eviti” recitava un vecchio slogan. Il manipolatore affettivo è uno dei cliché più comuni, ma non l’unico, con cui sovente di identificano categorie di persone da cui sarebbe importante mettersi in guardia o allontanare per evitare di venir, appunto, “infettati”. Forse la realtà richiede più complessità.
Ormai è una serrata e inarrestabile “caccia alle streghe”: dal manipolatore affettivo, al partner narcisista, all’uomo immaturo… Tanti sono gli esempi, e si potrebbe continuare, di presunte/reali categorie di persone indicate come subdoli guastafeste, pericolose sanguisughe emotive, persone “tossiche” che bisognerebbe riconoscere, allontanare, evitare…
Sui media e non solo, sono tutt’altro che infrequenti articoli più e meno psicologici che pretendono di fornire ricette, decaloghi o più bonari consigli per “vaccinarsi” contro questa o quella tipologia di persona. Ma davvero il nemico è (soltanto) fuori di noi?
Il manipolatore affettivo non esiste
Procediamo con ordine, il manipolatore affettivo di per sé, potremmo dire un po’ provocatoriamente, non esiste. So già che molti a leggere questa frase storceranno il naso, ma in realtà è sempre pericoloso e fuorviante pretendere di ricondurre persone diverse a uno stesso prototipo.
Il manipolatore affettivo fra l’altro di per sé non rappresenta neanche una qualche categoria psicologica precisa, diversissime persone, con differenti assetti di personalità e in differenti modi possono rivelarsi, sempre o occasionalmente, dei manipolatori affettivi. Non si tratta solo della famigerata “triade oscura” – quei disturbi di personalità sul versante della psicopatia o del disturbo narcisistico – la manipolazione affettiva è molto più ubiquitaria di quanto si possa pensare. Non fa parte solo del mondo della psicopatologia, ma anche delle relazioni ordinarie e comuni in cui tutti noi possiamo trovarci. Già, le relazioni…
E qui veniamo a un punto essenziale: il manipolatore affettivo non esiste di per sé come individuo isolato da un contesto, affinché una persona possa tentare di manipolarne un’altra occorre appunto che ci sia un qualche tipo di relazione, di legame fra loro. Senza il secondo polo della relazione non c’è manipolazione affettiva.
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Vittime e carnefici
Ma non è tutto. Molti forse nel pensare ad un manipolatore affettivo saranno andati con la mente ad un cliché molto noto: una “vittima” che viene condizionata/controllata (magari inconsapevolmente) da un “carnefice”, il manipolatore appunto. In realtà questi ruoli non sono così definiti ma possono risultare molto più interscambiabili di quanto si possa pensare.
Anche chi si pone nel ruolo di “vittima” può infatti utilizzare questa posizione relazionale per manipolare affettivamente gli altri. Non ci credete? Eppure gli esempi sono sotto gli occhi di tutti, basta pensare a quanta parte svolga spesso il senso di colpa nelle relazioni affettive.
Una madre preoccupata che accusa implicitamente il figlio di lasciarla sola o di deluderla se questi devia dalle sue aspettative. Una moglie che addossa al marito la responsabilità della sua ansia se questi rientra tardi dal lavoro senza essersi “preoccupato” (appunto…) di avvisarla…
Gli esempi potrebbero continuare. Anche la vittima dunque ha un proprio potere nel manipolare affettivamente le persone a lei/lui care, non esistono solo fidanzati aguzzini, machiavellici e intimidatori che attuano sistematici copioni di gaslighting nei confronti delle proprie compagne.
Manipolazione e relazioni affettive
Gli esempi estremi sopra riportati sono utili essenzialmente a far intravedere quanto possa essere semplicistico e fuorviante parlare di “un” manipolatore affettivo.
La manipolazione affettiva, sebbene possa risultare ad uno sguardo superficiale più appariscente in certe tipologie di relazioni, non è un “marchio di fabbrica” di alcune tipologie di persone. È piuttosto un’eventualità, sempre presente nelle relazioni, fondata non tanto (o non solo) sulle caratteristiche di una persona, quanto sulle premesse con cui tali relazioni si fondano. Nelle relazioni affettive importanti – quelle con un genitore, un partner o un figlio ad esempio – esiste più che in altre il rischio di voler possedere, controllare l’altro, ricondurlo alle proprie attese/pretese affinché la relazione non cambi e confermi quell’equilibrio su cui abbiamo fondato la nostra tranquillità emotiva e a volte la nostra identità.
Tutti noi, in maniera più o meno evidente, possiamo correre il rischio di manipolare affettivamente chi amiamo dimenticandoci a volte – e questo vale, ad esempio, tanto per le relazioni di coppia, quanto per quelle genitori-figli – che le relazioni più profonde e durature non sono quelle che non cambiano mai, quelle dove ci si mantiene sempre uguali a sé stessi, ma quelle in cui i partner sono in grado di cambiare, mutare e riaggiustare man mano gli equilibri fra loro.
Occorre ricordarselo, di tanto in tanto, gli esseri umani sono abitudinari, ma le relazioni sono come una danza in cui occorre man mano modificare le reciproche posizioni per adattarsi ad una musica che cambia, invece di manipolare l’altro per forzare l’interazione su un passo che non è più a tempo con ciò che sta accadendo…
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