Come sopravvivere a un capo "tossico"
Chi sono i capi "tossici"? E come sopravvivere quando l'ambiente di lavoro diventa insopportabile e fonte di malessere?
Un ambiente lavorativo caratterizzato dalla presenza di un leader democratico capace di coinvolgere al meglio i propri collaboratori creando un clima positivo e armonico favorisce la produttività e l’efficienza lavorativa.
Tuttavia troppo spesso i leader assumono atteggiamenti disfunzionali basati su arroganza, non curanza del benessere dei sottoposti, presunzione, accanimento e tanto altro: i "capi tossici".
Queste persone con incarichi di responsabilità possono diventare capaci di rendere impossibile la vita professionale ed extra lavorativa dei dipendenti, con forti ripercussioni sulla salute fisica e mentale fino a vero e proprio burnout.
Caratteristiche di un capo tossico
A livello generale, un capo tossico manifesta autorità indiscutibile e incapacità di coinvolgere i propri lavoratori nei processi decisionali, imponendo le vie di azioni, le scelte e i processi, senza curarsi si aspetti fondamentali della salute e dei bisogni altrui.
Più nello specifico, è spesso arrogante sia nei gesti che nelle parole e crede di poter dire e fare ciò che desidera, considerando gli altri inferiori e gioendo del loro timore.
L’arroganza va di pari passo con l’incapacità di comunicare in modo efficace, utilizzando intimidazioni, tono di voce alto, minacce e imperativi come mezzi per ottenere ciò che vuole.
Non sa ascoltare e non tiene conto di quanto detto dai lavoratori, anche se utile e magari innovativo, perché ritenuto di poco conto e errato a prescindere. Ogni iniziativa di altri viene spesso messa a tacere, senza considerarla.
Inoltre, non fidandosi di nessuno, è incapace di delegare, pretendendo di controllare ogni singolo aspetto in modo talvolta ossessivo e maniacale, compromettendo e limitando la libertà di azione ed espressione dei lavoratori.
Nel tentativo di non mostrarsi debole urla e tenta di risolvere le conflittualità o i problemi attraverso le grida e i rimproveri, accusa gli altri anche di proprie mancanze, generando malcontento anche tra gli stessi lavoratori, quindi un clima invivibile.
Il comportamento vessatorio può raggiungere livelli estremi come avviene nei casi di mobbing lavorativo.
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Tipologie di capo tossico
Seppur a livello generale i “capi tossici” manifestano le medesime caratteristiche, lo scrittore Vijay Nair ha delineato diverse categorie in questo gruppo di leader:
> Arrivista: è un leader incapace sia a livello organizzativo che nelle competenze, quindi si appropria delle idee altrui e accusa gli altri dei propri errori, preservando la propria autorità;
> Insicuro: usa l’aggressività per imporsi e cera fedeli alleati che possano seguirlo e supportarlo nella relazione con i dipendenti;
> Workaholic: è il tipico capo immerso nel lavoro, che non ha altro al di fuori dall’ufficio e pretende che sia così per tutti i lavoratori sottoposti;
> Scansafatiche: opposto al precedente, non fa nulla riversando anche le proprie responsabilità e doveri sugli altri, pretendendo la messa in atto di impegno e precisione da questi;
> Arrogante: forse il più comune, è il capo che usa solo l’arroganza per comunicare con la convinzione di non sbagliare mai.
Capo tossico: che fare?
In presenza di un capo tossico e laddove la situazione diventi insostenibile e generatrice di malessere, prima di raggiungere livelli gravi di stress e burnout, è bene correre ai ripari.
La soluzione più estrema è quella di cercare al più presto un nuovo impiego di lavoro per poter abbandonare il luogo del disagio, facendosi anche supportare da specialisti nel superamento del malessere.
Tuttavia, prima di arrivare agli estremi, si possono mettere in atto alcuni stratagemmi di “sopravvivenza”, ricordandosi che molto difficilmente si riuscirà a far cambiare atteggiamento e comportamento al proprio capo.
In primo luogo, è importante tentare di non rispondere alle provocazioni, controllare le reazioni emotive davanti al leader poiché aumentano il suo comportamento, essendo fonte di gratifica e rinforzo.
Poi lavorare su di sé e sulla consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità sia personali che professionali, non permettendo ai rimproveri e all'arroganza del leader di scalfire le proprie convinzioni, l’autostima e ila certezza del proprio agire.
Ricordarsi di avere un valore e delle risorse ridimensionerà la rabbia e la sofferenza provocata dal non riconoscimento del titolare, nonché permetterà di mantenere un buon livello di impegno.
Da qui è importante cercare di dare sempre il massimo e rispondere alle richieste fatte con determinazione e competenza, tentando anche di capire dal vostro capo, magari con il dialogo e la calma, cosa si aspetta da voi, e agire in anticipo o comunque in modo mirato.
Infine mantenere la propria modalità di azione, non assumere l’atteggiamento del capo ma rimanere integro nei propri valori e principi, cercando di creare relazioni positive nell’ambiente di lavoro con i colleghi al fine di migliorare il clima e vivere un supporto reciproco.
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