Amore tra idilliaco e folle

L’amore, quello dei film e delle fiabe, è irruento, spumeggiante, eternamente sopra le righe. Ma davvero l’amore è amore solo se idilliaco o folle?

Amore tra idilliaco e folle

 

Che cos’è l’amore? Un’emozione, un sentimento, una poesia o un’eterna follia? Molte visioni stereotipali dell’amore ne dipingono una versione edulcorata, tratteggiandolo come idilliaco, eterno e immutabile

In alternativa, romanzi e film ci propongono sofferenze amorose al limite della follia, quasi fossero una “controparte” necessaria per raggiungere l’ambito “Happy End”. Forse ci sono alcuni falsi miti sull’amore che bisognerebbe sfatare una volta per tutte!

 

L’amore non è un’emozione

Può sembrare provocatorio affermare che l’amore, oltre a non essere idilliaco, non sia un’emozione. Ma come, si potrebbe obiettare, non ha a che fare con tutto ciò che di irrazionale e passionale agita l’animo umano? E le “farfalle nello stomaco” dove le mettiamo? E il cuore che batte all’impazzata?

Idillio e follia: se sono questi i parametri che adottiamo per definire l’amore, ci concentriamo soprattutto sulle reazioni fisiche e psichiche più immediate, sconvolgenti ma, proprio per questo, transitorie che registriamo quando proviamo gioia accompagnata a desiderio e attrazione fisica per una persona.

L’amore scaturisce certamente dalle emozioni che proviamo in quei momenti, si nutre dell’attesa di riprovare quelle stesse emozioni. Emozioni che, soprattutto nella fase di innamoramento, sono un misto di gioia e sorpresa: il piacere e il mistero della scoperta di una persona verso cui proviamo una forte attrazione, come se in lei riconoscessimo qualcosa di noto, ma che in realtà non conosciamo affatto.

L’amore muove da tutto questo per diventare tuttavia molto altro: un sentimento piuttosto che un’emozione momentanea.

Il sentimento amoroso non è immediato, reattivo e transitorio come una semplice emozione, ma rappresenta una consapevolezza più profonda del legame che ci unisce al nostro partner, più stabile e meno dipendente dall’eccitazione del momento e fondata oltre che sulla componente attrattiva-sensuale, anche su altri “ingredienti” quali l’attaccamento affettivo e la cura reciproca (Castellano, Velotti, Zavattini, Cosa ci fa restare insieme?, Il Mulino, 2010).

Queste componenti rendono un amore sano molto più stabile del transitorio innamoramento.

 

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L’amore non è idilliaco

L’amore idilliaco esiste nelle favole, ma, per fortuna, non nella realtà!

Pensiamo all’etimologia della parola: essa ha in comune la stessa radice di “idolo”, entrambi i termini alludono a un qualche simbolo o persona resi oggetto di ammirazione e reverenza.

In tal senso, la persona amata – a cui si dedicavano poesie chiamate appunto “idilli” – è idealizzata e ammirata alla stregua di una qualche divinità, percepita perfetta nella sua essenza e, conseguentemente, irraggiungibile da chi la adora e la onora.

Vi sembra esagerato tutto questo? Forse non rispecchia la realtà concreta, ma è affine a quanto accade nel vissuto soggettivo di coloro che credono di vivere un amore idilliaco: mirano a sentirsi totalmente fusi con la persona amata, percepita però come idealizzata e dunque irraggiungibile.

In questa tensione fusionale non c’è spazio per la separazione, per le differenze, per i contrasti e non c’è spazio per una relazione paritaria. Ne può derivare una visione deformata della realtà in cui si ritiene vero amore solo quello che sostiene l’estasi suprema dell’emozionalità – sentimenti più “quieti” e profondi rischiano di non poter germogliare perché si interpreta la stabilità emotiva come noia – e in cui l’amore “va bene” solo se non ci sono conflitti e litigi.

L’amore, per diventare profondo e basarsi su una genuina conoscenza reciproca, ha invece bisogno di nutrirsi di anche contrasti, l’importante è saper litigare bene.

 

L’amore non è sofferenza!

Altro falso mito è quello della sofferenza. È questa, potremmo dire, la controparte negativa dell’idillio: si passa dalle vette alle valli in un’altalena emotiva senza sosta che appare l’unica possibilità per sentirsi vivi e coinvolti in una relazione amorosa.

Questa condizione ha le sue estreme conseguenze nelle relazioni d’amore disfunzionale basate su legami patologici di dipendenza affettiva, violenza psicologica, ossessione e possesso.

Stare con un partner che ci reca sofferenza sperando che egli possa cambiare un giorno (donandoci magari un amore idilliaco) è un atteggiamento disfunzionale che nulla ha a che fare con l’amore.

Molte relazioni patologiche di coppia si fondano purtroppo su questa dinamica: un partner sfuggente, imprevedibile, instabile che alterna momenti di passione e dedizione estreme (facendo vivere l’amore idilliaco “da favola”) a momenti di violenza, rifiuto, assenza (la controparte di sofferenza e follia).

La controparte sopporta, tollera, cerca di riparare e più l’amore del partner si fa incerto e più si lega a lui (o a lei) sperando in un nuovo lieto fine.

L’amore sano ha bisogno di un legame di stima e rispetto reciproco fra i partner: chi scegliamo accanto a noi può e deve essere qualcuno che ci piace per come è, compresi i suoi immancabili difetti, non qualcuno che speriamo di poter cambiare un giorno!

Se non riusciamo a fare questo, se ci rendiamo conto di provare attrazione solo per partner che ci deludono e ci causano sofferenza forse dovremmo ricercarne le cause in noi stessi. Se non rimarginiamo le ferite emotive della nostra storia personale (spesso radicate nell’infanzia e nelle prime relazioni affettive) difficilmente potremo aprirci all’altro in modo sano. Un percorso di psicoterapia è spesso utile in tal senso.

 

L’amore non è eterno

Dicendo che l’amore non è eterno non si vuol richiamare oltre tanto l’attenzione sull’indubbia finitudine della nostra vita mortale. Certo, questo è un orizzonte di finitezza ineludibile di tutte le dimensioni della vita umana, compreso quindi l’amore.

Tuttavia, l’amore non è eterno anche in un’altra accezione: ogni rapporto di coppia è tanto più duraturo quanto più non rimane uguale a se stesso.

Nel tempo le circostanze cambiano, le persone cambiano, la vita stessa cambia e ci impone adattamenti, rimodellamenti, sconvolgimenti più o meno grandi del nostro modo di lavorare, di abitare, di vestire, di pensare o di comportarci.

È impossibile prevedere cosa ci capiterà e come reagiremo agli eventi della vita, ma, quel che è certo, è che le cose sia fuori che dentro di noi saranno soggette a mutamenti.

L’amore non può fondarsi sull’illusione di un sentimento,  di un modo di stare insieme inamovibili e uguali a sé stessi: alla prima turbolenza rischierà di incrinarsi e crollare.

Non è la garanzia di cosa non cambierà a definire un amore, ma l’impegno a esserci qualunque cosa, che ancora non sappiamo, possa accadere. Lo ha spiegato molto bene Bauman in queste righe:

“… non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose. L’amore è simile alla trascendenza; non è che un altro nome per definire l’impulso creativo e in quanto tale è carico di rischi, dal momento che mai nessuno può sapere dove andrà a finire tutta la creazione. In ogni amore ci sono almeno due esseri, ciascuno dei quali è la grande incognita nelle equazioni dell’altro”. (Z. Bauman, Amore liquido, Laterza, 2003, pp.10-11).

 

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Foto: Ian Dyball / 123rf.com