Teoria della mente e sviluppo sociale del bambino
Possedere una teoria della mente significa essere in grado di riflettere sugli stati mentali propri e altrui e quindi su scopi e intenzioni che muovono il comportamento delle persone. La teoria della mente è quindi un’importante facoltà adattiva che matura gradualmente durante lo sviluppo sociale del bambino permettendogli di anticipare e dare senso al comportamento altrui e di agire con previsionalità e ponderatezza.
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La teoria della mente, ossia la capacità di dare un significato agli stati mentali propri e altrui e di utilizzare tali informazioni per l’adattamento interpersonale e sociale, si struttura durante lo sviluppo sociale del bambino (Fonagy P., e Target, M., 1997, Attaccamento e funzione riflessiva, Cortina) già a partire dalle prime relazioni di accudimento.
Un contesto relazionale di attaccamento sicuro fra il bambino e la madre, infatti, è anche quello dove quest’ultima ha maggior facilità a considerare il figlio come altro da sé distinguendo fra i propri stati mentali e quelli del piccolo e facendo più spesso ricorso a questa dimensione mentalizzante per guidarlo nella comprensione dei suoi e degli altrui comportamenti (Dunn J., 1988, La nascita della competenza sociale, Raffaello Cortina).
Teorie della mente e attaccamento
Secondo Fonagy e Target (1997) un attaccamento sicuro comporta lo sviluppo di una sana teoria della mente in quanto fornisce quella fiducia di base che consente al bambino di esplorare gli stati mentali del genitore senza sentirli troppo minacciosi o annientanti e, affermano gli autori, di “ritrovare sé stesso nella mente dell’altro”, trovare cioè, nella mente della madre o del padre, una rappresentazione di sé stesso come soggetto pensante là dove i suoi stati mentali possano venir compresi e restituiti dal genitore in forma adeguata.
Teoria della mente e gioco simbolico nel bambino
Già dai 2 ai 4 anni lo sviluppo sociale del bambino consente l’emergere di precursori della teoria della mente; attraverso l’apprendimento imitativo e il gioco simbolico infatti, il bambino dimostra di possedere una primitiva forma rappresentazionale del significato di azioni e comportamenti altrui riconducendoli a modelli e schemi prototipici da imitare e utilizzare nei giochi di finzione.
In tal modo il bambino nel corso di tutto lo sviluppo strutturerà gradualmente una teoria della mente, cioè una comprensione mediata e sempre più complessa delle motivazioni, desideri e credenze che muovono i comportamenti altrui operando una distinzione sempre più raffinata tra realtà fattuale “esterna” e mondo “interno”, tra gli stati mentali propri e altrui (Liverta Sempio O., Marchetti A., Lecciso F. (2005). Teoria della mente. Tra normalità e patologia. Raffaello Cortina, Milano).
Teoria della mente e psicoterapia
Secondo Fonagy e Target, che ritengono la teoria della mente una dimensione primariamente sociale e interpersonale, i problemi psicopatologici anche dell’età adulta possono avere molto a che fare con un inadeguata capacità di mentalizzazione risalente fin dai primi contesti interattivi.
E’ per questo che lo sviluppo di tale competenza viene a buon diritto ritenuto da vari Autori uno degli obiettivi importanti in una psicoterapia là dove la graduale acquisizione di un’adeguata capacità di esplorare i propri stati mentali e quelli altrui consente l’accesso ad un più integrato senso si sé e a relazioni più soddisfacenti con gli altri.
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