I bambini e il gioco
Il gioco ha un indubbio valore per quanto riguarda lo sviluppo emotivo, cognitivo e sociale dei bambini contribuendo anche a trasmettere credenze e valori del contesto socioculturale in cui è immerso. Il gioco costituisce inoltre uno strumento di intervento privilegiato per l’approccio terapeutico dei bambini. In ogni caso rappresenta una dimensione imprescindibile per la psiche e lo sviluppo psicoaffettivo.
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Il gioco rappresenta un’attività fondamentale pero lo sviluppo sociologico e sociale dei bambini, è attraverso la dimensione del gioco, infatti, che, in maniera proporzionalmente diversa a seconda delle età, vengono appresi schemi di comportamento, esercitata la fantasia e l’immaginazione, si impara a tollerare l’assenza e le frustrazioni e a condividere regole e norme per socializzare con gli altri.
Bambini e gioco: lo sviluppo affettivo
Gli Autori di matrice psicoanalitica sottolineano soprattutto il ruolo del gioco per lo sviluppo psicoaffettivo dei bambini. Infatti, fin dalla prima infanzia, il gioco rappresenterebbe un mezzo simbolico che accompagna il processo di separazione del bambino dalla madre, il suo riconoscersi come essere umano distinto da lei e la sua capacità di tollerarne l’assenza. In particolare Donald Winnicott considera il gioco un’importante area transizionale, cioè una dimensione intermedia fra mondo esterno e mondo interno là dove, proiettando con l’immaginazione le proprie angosce interne su oggetti reali, i bambini imparerebbero a controllarle e a gestirle sviluppano creatività e autonomia.
Bambini e gioco: lo sviluppo cognitivo
Il gioco evolve con il progredire dell’età dei bambini andando in parallelo, non solo con lo sviluppo affettivo, ma anche con quello cognitivo, come ha evidenziato Jean Piaget. Se, infatti, fino ai 2 anni i bambini si limitano a semplici “giochi di esercizio” (ripetizione di schemi di comportamento motori o vocali osservati negli adulti), dai 3 ai 7-8 anni sviluppano con i “giochi simbolici” la capacità di rappresentare, mediante gesti o schemi appresi, una realtà immaginaria per compensare le frustrazioni, sdrammatizzare eventi turbativi, anticipare e assimilare situazioni nuove e controllare l’aggressività. E’ infine dopo i 7-8 anni che i bambini accedono ai giochi di movimento in cui imparano a condividere e a rispettare determinate regole per la socializzazione fra pari.
Bambini e gioco: la psicoterapia infantile
Il gioco, per la sua valenza di mediatore fra realtà esterna e realtà interna, costituisce un mezzo terapeutico privilegiato con i bambini i quali, pur con differenze legate all’età, non hanno le competenze degli adulti nel riconoscere ed esprimere i propri stati d’animo né per dare un corretto significato agli eventi; la dimensione del gioco, mediante l’utilizzo fantastico di oggetti reali, ben si presta allora a rappresentare i vissuti dei bambini, a renderli “visibili” e quindi condividibili.
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