Psicologia della maschera
Si tratta di una breve disanima sulla maschera, quale meccanismo di difesa rispetto alle ferite antiche.
Vi sono 5 maschere e 5 relative ferite. Ciascuna con un suo particolare significato, con un'organizzazione interna rispetto alla strutturazione del tempo, della condotta, delle relazioni, ecc.
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La maschera è un meccanismo di difesa, innescato in seguito ad una situazione di forte dolore, che crea un vissuto di ferita emotiva profonda, avvenuto in tenera età.
Se vogliamo, possiamo dire che la maschera costituisce una parte strutturante della personalità, la parte più esterna e come tale, è costituita da modi di pensare, di agire, di sentire, di vedere le cose, ecc.
Le ferite e le maschere
Sulla base dell’esperienza, della ricerca e dello studio di eminenti studiosi della psicologia (Reich, Lowen, Pierracos, Eva Brooks, Lise Bourbeau), si possono distinguere cinque ferite con le rispettive maschere:
- la ferita del rifiuto e la corrispettiva maschera da fuggitivo,
- la ferita d’abbandono e la maschera da dipendente,
- la ferita dell’umiliazione con la corrispondente maschera da masochista,
- la ferita del tradimento e la maschera del controllo,
- la ferita dell’ingiustizia e la maschera del rigido.
Queste ferite sono procurate dalle persone più vicine, di solito i genitori, in modo inconsapevole, molto spesso loro stessi sono stati oggetto di questa dinamica a loro tempo nell’infanzia, ma non avendola vista e modificata, la ripropongono automaticamente senza saperlo.
Il significato della maschera
La maschera, come nella tragedia greca, propone un personaggio, con modi di pensare, di parlare, di proporre il corpo, di camminare, di respirare, ecc. Infatti, la diagnosi viene fatto proprio dall’osservazione di tutte queste variabili: corpo, linguaggio, pensiero, affettività.
La maschera è la risposta che il bambino ha trovato a suo tempo, per sopravvivere nel modo migliore alla ferita, è un meccanismo di difesa, un modo per ritrovare un ruolo attivo e di controllo su una situazione subita, eccessivamente dolorosa.
Ad esempio chi subisce l’abbandono (di solito dal genitore dell’altro sesso), indosserà la maschera del fuggitivo, come tentativo di ripristinare il proprio potere e volere. Avrà un corpo sottile e lungo, con poco peso e spessore, parlerà in modo non incisivo per rimarcare la non presenza, non prenderà l’iniziativa, userà termini e modi che lasciano intravedere che non garantisce la sua presenza, ecc.
E’ un modo per illudersi che non è l’altro ad abbandonarlo, ma è lui che se ne va, è sua la responsabilità di quanto sta succedendo e come tale, può modificare la situazione quando e come vuole. Di fatto, ci crede e si mostra così, in fuga, con poco peso e poca presenza.
Ma di fatto è come mettere un cerotto ad una ferita, non si vede, è nascosta ma non è cancellata, c’è e pulsa.
Per cui, smascherarsi è importante, è il primo passo per andare a scoprire la ferita e poterla finalmente curare.
Ciascuno di noi può avere più maschere, anche se generalmente ce n’è una, che risulta maggiormente predominante e strutturante rispetto alle altre. Talvolta la ferita principale, quella più profonda, è quella meno visibile, si nasconde sotto altre più evidenti ed superficiali. Capita infatti che una volta guariti da una ferita, ne salti fuori un’altra, sorprendendoci e lasciandoci nello sgomento.
Ma in realtà la cura e la guarigione è un po’ un processo a strati e progressivo.
Perché ci si maschera a carnevale?