I benefici dell'invidia
“L’erba del vicino è sempre più verde” recita un vecchio proverbio. L’invidia fa bene o fa male? E’ un ostacolo a riconoscere i propri veri talenti o uno stimolo al miglioramento personale?
L’invidia è una delle emozioni più sottaciute, negate e celate della tavolozza delle reazioni umane. Già, perché nutrire un sentimento di malevolenza verso i successi altrui è ritenuto socialmente inappropriato e rischia di aggravare la disistima che l’invidioso già nutre per sé stesso a causa delle proprie mancanze.
Eppure non sempre quest’emozione è da ritenersi negativa, può rappresentare anche un “pungolo” costruttivo per il miglioramento di sé a patto di saperla riconoscere e accettare senza dare sfogo alla sua portata più distruttiva. L’invidia, dunque, fa bene o fa male?
L’invidia fa bene o fa male?
L’invidia è un’emozione complessa, strettamente legata all’autoconsapevolezza e alla capacità dunque di confrontarsi con gli altri e con un sistema di norme e valori sociali.
La radice della parola rimanda al verbo latino “video” e ci indica la sua essenziale componente visiva: invidiare significa infatti guardare l’altro con malevolenza per ciò che egli ha e che a noi invece manca.
L’altro invidiato con più livore non è la star di Hollywood, né il cantante o musicista più famoso al mondo. Costoro sono “miti” irraggiungibili e, come tali, non possono mettere in discussione le nostre capacità.
Ma “quello della porta accanto”, la persona che è al nostro livello, il nostro vicino, appunto, dal prato “sempre più verde”, possono rappresentare un'offesa narcisistica ben più bruciante e farci sentire inadeguati incarnando un po’ la rappresentazione di chi potremmo essere e non siamo, del modello “vincente” di noi stessi che non riusciamo a raggiungere.
Per questo, il sentimento di mancanza si associa, nell’invidia, a una componente di aggressività: si vorrebbe distruggere l’altro, e con esso ciò che non si riesce ad avere, per azzerare il confronto, annullare il senso di inferiorità eliminando il termine di paragone che ci fa soffrire.
Non è forse questa la strategia ingaggiata dalla regina Grimilde nei confronti della bella e giovane Biancaneve?
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Invidia e disagio psicologico
L’invidia dunque fa bene o male? Nella sua portata più distruttiva può essere indubbiamente un grande ostacolo a un apprezzamento autentico delle risorse di se stessi e degli altri.
Le persone che tendono a essere - caratterialmente o occasionalmente – più narcisisticamente fragili, con un’autostima più debole, saranno maggiormente vulnerabili sia alla vergogna che all’invidia.
Il successo di una persona potrà essere facilmente percepito come qualcosa che getta discredito sull’interezza della propria persona, che pone in evidenza una propria mancanza ritenuta così grave da mettere a repentaglio il proprio valore personale.
In questi casi non solo si può provare un’intensa aggressività che porta ad allontanare o danneggiare l’altro, ma anche un’alterata percezione di sé arrivando a sentirsi improvvisamente “nessuno” solo perché un’altra persona possiede quello che non si ha e si vorrebbe.
Questa versione patologica dell’invidia può mettere a repentaglio i rapporti interpersonali, comprese le relazioni di intimità, poiché si sarà portati a protrarre una costante e sistematica svalutazione dell’altro.
Questo, per cercare di mantenere sempre “in positivo” quel confronto dal quale si ha necessità di uscire sempre vincenti per non soccombere aun pervasivo senso di insicurezza personale.
Questo assetto mentale può appartenere anche a persone di successo che, dall’esterno, non avrebbero “nulla da invidiare”, ma che vivono un perenne stato di insoddisfazione e infelicità.
L’invidia sana
L’invidia, tuttavia, appartiene anche alla gamma delle reazioni umane “normali”, non rappresenta di per sé un sintomo di un disagio psicologico, può essere avvertita anche nell’ambito di una vita affettiva e sociale sufficientemente sana.
In questi casi, riconoscere che si prova un moto di invidia per un’altra persona può rappresentare un utile atto di onestà verso se stessi e un ottimo stimolo a migliorarsi.
Avvertire un’emozione di questo tipo ci segnala che c’è qualcosa (un traguardo lavorativo, una capacità personale, un obiettivo sociale ecc.) che desideriamo raggiungere e che, come dire, non possiamo ignorare.
Confrontarsi con le proprie mancanze è un indispensabile punto di partenza per prendere coscienza dei propri difetti e di quello che potremmo migliorare di noi stessi e della nostra vita.
Quello che è importante è saper tollerare gli aspetti di imperfezione e di errore in noi stessi (la pretesa di essere perfetti è solo paralizzante): quegli aspetti di “mancanza” che vediamo riflessi “in positivo” nei successi degli altri.
In secondo luogo, possiamo provare a vivere l’invidia più come una sorta di “ispirazione” piuttosto che una svalutazione di noi stessi. Spesso non si tratta di ottenere esattamente quello che l’altro ha, ma di utilizzarlo per ridefinire i “nostri” obiettivi in consonanza con le nostre caratteristiche, bisogni e possibilità personali.
Non si tratta di “rubare” i successi degli altri, ma di prenderli appunto da ispirazione per costruire i propri, quelli che, come un vestito, potranno meglio caderci addosso esaltando le nostre irripetibili qualità.
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