Le componenti psichiche della sofferenza
Il dolore è un'esperienza complessa che si vive con il corpo e con la mente. Le componenti psicologiche della sofferenza non si riallacciano solo ad un quadro psicologico, ma è bene gestirle per evitare di esserne sopraffatti.
Il dolore non è un'esperienza solo fisica o solo emotiva: uno stimolo doloro persistente può avere degli effetti sull'umore sconvolgendo l'equilibrio psicologico dell'individuo.
Esistono studi che evidenziano anche una certa predisposizione psicologica all'esperienza del dolore o meglio alla sua sopportazione.
Particolari personalità e quadri clinici sarebbero più predisposti a riferire una cattiva sopportazione del dolore. Quali sono le componenti psicologiche della sofferenza.
Cosa cercare?
Il dott. Alberto Vignali elenca una serie di elementi da valutare durante il colloquio psicologico per verificare la presenza di componenti psicologiche rilevanti nell'esperienza della sofferenza. Il fine è quello di descrivere il vissuto dell'individuo individuandone la complessa struttura fisica e psichica:
- descrizione della propria malattia e della sofferenza, facendo attenzione al tono e anche al modo in cui si parla della malattia attuale e della propria anamnesi passata;
- come si vive la malattia: chi soffre di un dolore psicogeno tende a porre la malattia e il dolore al centro della propria vita e di comunicarlo con una buona dose di enfasi al fine di provocare una reazione in chi lo ascolta;
- ricerca di una risposta medica/farmacologica al dolore (pur essendo esso di natura psicologica) e comportamento oppositivo nei confronti dei medici che non prescrivono farmaci;
- presenza/assenza di comportamenti di coping che siano efficaci o poco realistici;
- cambiamenti nella vita del paziente alla comparsa della malattia/dolore in termini di: vita familiare, lavorativa e affettiva e anche nelle attività lavorative (spesso il dolore giustifica un atteggiamento passivo);
- indagare i vantaggi secondari: ogni malattia di natura psicogena può essere utilizzato per porsi al centro delle attenzioni o evitare qualcosa di impegnativo o spiacevole.
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Psicologia e dolore cronico
Il dolore può dirsi cronico quando persiste per un periodo di tempo maggiore di tre mesi o comunque più lungo del normale periodo di guarigione.
Può assumere diverse conformazioni: alternante o persistente piuttosto che episodico. La reazione al dolore cronico può essere influenzata da fattori ambientali, sociali e psicologici.
Le componenti psicologiche del dolore cronico fanno riferimento sia al modo in cui si vive la sofferenza, sia al modo in cui si reagisce ad essa. Le strategie di coping psicologico possono aiutare il sia nel caso in cui la natura del dolore sia psicogena, sia fisica.
Reagire al dolore cronico
Quando la persona sperimenta un dolore cronico con il tempo si può vivere una sensazione di estrema vulnerabilità e di scarso potere di azione che in alcuni casi inducono uno stato depressivo. In questo caso aumenta ansia nei confronti del futuro (che andrà sicuramente male) e la paura di un dolore sempre maggiore.
Come reagire a questa passività? Una delle possibilità è il modello stress-valutazione-coping di Beverly Thorn che segue un approccio simile alla terapia cognitivo comportamentale.
Dopo aver indagato tutte le credenze circa il dolore e la sofferenza (sono molto simili alle aree individuate da Vignali) occorre valutare se il paziente si ritiene o meno in grado di gestire la situazione e di attivare strategie di coping efficaci. Lo psicologo dovrà valutare e smontare tutti pensieri automatici e gli errori cognitivi.
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