I disturbi dell'umore: il disturbo distimico
Tono dell’umore basso, anedonia, tendenza e all'ansia, affaticabilità con difficoltà di concentrazione e memorizzazione, idee di colpa e ipocondria, tristezza e sconforto: cosa sono? A volte non sono solo sintomi che indicano stress, un malumore passeggero o un pessimismo di fondo, ma sono le spie del disturbo distimico. Affrontiamo insieme la tematica del disturbo distimico per conoscerlo meglio
Il disturbo distimico rientra nella grande categoria dei disturbi dell'umore: è un disturbo dell'umore cronico e clinicamente è meno facile da diagnosticare perché presenta gli stessi sintomi della depressione maggiore ma con una differente intensità. Il termine distimia trova la sua origine nel greco δυσθυμία, ovvero malinconia, nel senso di "umore cattivo": prima del 1980 la distimia era classificata tra le nevrosi depressive. Dopo il 1980, nel DSM IV-TR, è diventata disturbo distimico e viene inserita all'interno dei disturbi dell'umore, nella categoria in cui rientrano il disturbo depressivo maggiore e il disturbo depressivo maggiore ricorrente.
Il disturbo distimico: diagnosi
Perché possa esserci diagnosi di disturbo distimico, il DSM IV-TR richiede la presenza di umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi tutti i giorni, per almeno due anni, accompagnato da due o più dei seguenti sintomi:
1) scarso appetito o iperfagia;
2) insonnia o ipersonnia;
3) scarsa energia o astenia;
4) bassa autostima;
5) difficoltà di concentrazione o nel prendere decisioni;
6) sentimenti di disperazione.
In più, l'assenza dei sintomi non è mai superiore ai due mesi; si deve escludere la presenza di un episodio depressivo maggiore, di un episodio maniacale, misto o ipomaniacale, del disturbo ciclotimico; non è concomitante con stati psicotici, non è scaturito dall'abuso di sostanze, non è presente una condizione medica scatenante (come l'ipotiroidismo). Inoltre, i sintomi, anche se non invalidanti come la depressione maggiore, alterano l'equilibrio nella vita sociale, affettiva e lavorativa. Il disturbo distimico può trovarsi in associazione con i disturbi di personalità borderline, istrionico, narcisistico, evitante e dipendente. Una accurata diagnosi differenziale è fondamentale per individuare il disturbo.
Il disturbo distimico: come vive la vita chi ne soffre
Andrew Sims, in Introduzione alla psicopatologia descrittiva, tratteggia così ci è affetto da disturbo ciclotimico: "Una persona di questo tipo è probabilmente colui che coniò l'aforisma (...)«Non c'è rosa senza spine»". Questa cosa fa pensare molto a chi vive la vita con un sottofondo pessimistico: ma non è proprio così. Chi è affetto da disturbo distimico vive la attraverso una costante sfumatura grigia, che tende più al grigio piombo che al grigio chiaro. Spesso chi è affetto da disturbo distimico ha ancora la forza per mascherare questa patologia: sarcasmo, ironia sprezzante, lamenti, reclami e richieste continue coprono un dolore profondo che li rende vittime della vita. Spesso quella che manca è una capacità nel discriminare la portata degli eventi: la fatica di vivere e il pessimismo diventano sonno, bassa autostima, bassa pulsione sessuale, ipocondria e incapacità di vivere emozioni intime. Spesso chi è affetto da disturbo distimico presenta una grande accuratezza nelle cose: c'è una ossessiva cura del dettaglio che viene utilizzata per combattere l'apatia e l'inerzia.
Il disturbo distimico: la terapia non è solo farmacologica
Le persone che soffrono di disturbo distimico arrivano in terapia perché il disagio sociale diventa quello più eclatante: la paura di rimanere soli li porta a cercare aiuto. Ma spesso sono persone rigide e scostanti, talmente lamentose che possono suscitare anche rabbia in chi si prende cura di loro. La sola terapia farmacologica, come per la gran parte dei disturbi, da sola non è efficace: certo, produce miglioramenti, ma non aiuta a cambiare il sottofondo che ha prodotto quel disturbo. Importante è cominciare una psicoterapia o una analisi che possa aiutare la persona a venir fuori dal proprio disagio: l'ausilio farmacologico non è indispensabile, dipende dai casi, ma a volte può aiutare soprattutto come terapia di emergenza da somministrare prima di attivare un protocollo completo.
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