Cybercondria: i rischi di affidarsi a dottor Google
L’ossessiva ricerca di informazioni online riguardo sintomi e possibili malattie che non fa che amplificare il vissuto ansioso riguardo la propria salute. La cybercondria può avere effetti controproducenti anche rispetto alle terapie dei medici "veri".
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Sempre più italiani si rivolgono al cosiddetto “Dottor Google” per ottenere informazioni, rimedi e rassicurazioni riguardo alla propria salute.
Non solo in alternativa al consulto medico, ma soprattutto prima e dopo aver parlato con uno specialista. Una tendenza che, se da un lato denota la volontà dei cosiddetti “pazienti” di sentirsi parte attiva nella gestione della propria salute; dall’altro rischia di dar luogo a fenomeni ansiosi disfunzionali sia sul piano della salute fisica che psicologica.
Per questo motivo è stato coniato il termine cybercondria (Zuccon et. al, 2015; Starcevic 2017): quell’ossessiva ricerca su internet di informazioni sulla salute e i segnali di malattia che ha come esito paradossale quello di amplificare il vissuto ansioso del “cyber-paziente” e con esso la percezione di segnali corporei interpretati come problematici e nefasti.
Cybercondria e pandemia da Sars CoV-2
Il fenomeno della cybercondria è da tempo al centro del dibattito scientifico, ma in questo momento di emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Sars CoV-2 rischia di diventare, anch’esso, un fenomeno pandemico con evidenti rischi per la salute fisica e psicologica delle persone.
Il Sars CoV-2 è un virus nuovo, mai riscontrato prima nell’essere umano e, come tale, è ancora oggetto di studio, non ci sono cure certe così come non ci sono informazioni del tutto definitive al riguardo. Non possiamo sottovalutare poi un altro aspetto: il virus decorre molto spesso in forma asintomatica o, quando produce sintomi più o meno gravi, lo fa (almeno inizialmente) “mimando” quelli di una comune sindrome influenzale rendendolo in tal modo meno scontato da individuare e distinguere da comuni e noti malanni stagionali.
Questo carattere particolarmente insidioso del virus ha senz’altro contribuito ad alimentare preoccupazione e incertezza. Le persone si sono riversate sul web alla ricerca di risposte e linee guida scontrandosi molto spesso, sia con le informazioni contraddittorie e cangianti diffuse a nome di alcuni esponenti della comunità scientifica (inevitabile questo se si studia un virus sconosciuto); sia con le “fake news” di cui il web già ordinariamente abbonda.
E in rete, e in particolare sui social network si sa: è difficile informarsi correttamente, si rischia più che altro di limitarsi a selezionare e fruire delle informazioni che confermano le proprie paure e le proprie credenze rispetto a un determinato fenomeno.
Coloro che sono più ansiosi riguardo alle possibili conseguenze di questo virus o che hanno più paura di sviluppare segni e sintomi dell’infezione selezioneranno, automaticamente (complice anche l’algoritmo di facebook) le notizie più allarmistiche, le previsioni più pessimiste e le interpretazioni più nefaste possibili di eventuali sintomi fisici. Vediamo meglio perché.
Cybercondria e sintomi fisici
Cybercondria altro non è che un neologismo coniato per alludere a quelle manifestazioni di “ipocondria” – ansia da malattia come sarebbe più corretto definirla – che si mettono in atto anche attraverso le informazioni reperite sul web.
Ciò significa che la persona ha preoccupazioni sproporzionate e persistenti riguardo la possibilità di avere o di poter contrarre un grave malattia sebbene non abbia sintomi evidenti o solo lievi disturbi che tuttavia sono interpretati con elevati livelli di ansia e allarme.
Questo porta a effettuare eccessivi e ripetuti controlli sulla propria salute o, come nel caso della cybercondria, a ricercare ossessivamente informazioni e rassicurazioni riguardo ad essa (non accontentandosi, spesso, del parare ricevuto dal medico). Questa condizione rischia di peggiorare quelli che sono i segnali fisici, non di una malattia, ma dell’ansia alimentando un circolo vizioso che rischia di trovare nel web – dove dicevamo la selezione delle informazioni è tutt’altro che imparziale – conferme delle proprie paure peggiori.
Cybercondria e gestione dell’ansia
L’ansia è uno stato di attivazione psicofisiologica dell’organismo, un segnale di allerta di per sé adattivo perché in grado di spingere a prestare la massima attenzione a fonti di potenziale pericolo.
Quando tuttavia questo segnale è sproporzionato, in quantità e durata, si rivela disfunzionale e rischia di prendere il sopravvento diventando esso stesso problematico. Fra i segnali di uno stato ansioso infatti possono esserci tutta una serie di risposte corporee, variabili e di per sé aspecifiche, come la tachicardia, nausea e mal di stomaco, mal di testa, vertigini, difficoltà a respirare, dolori dovuti a spasmi muscolari ecc.
Come si può vedere queste manifestazioni somatiche dell’ansia sono talmente variegate e aspecifiche da poter facilmente essere interpretate nella cybercondria come segnali di malattia. Il rischio è che si crei un circolo vizioso: lievi malesseri fisici suscitano ansia, questa a sua volta si manifesta anche con segnali a livello corporeo che verranno interpretati dalla persona come ulteriori conferme di un proprio stato di malattia aggravando i tal modo l’ansia e la convinzione della compromissione del proprio stato di salute.
È fondamentale non abusare delle informazioni reperite in rete (a volte è consigliabile non cercarle affatto), affidarsi ai consigli del proprio medico e imparare qualche buona tecnica di rilassamento come il Training Autogeno o qualche esercizio di respiro: aiuterà a recuperare una connessione con il proprio corpo e ad osservare che i segnali fisici dell’ansia – che tanto spaventavano – regrediscono in breve tempo soprattutto se la persona riesce a recuperare uno stato di rilassamento fisico e mentale che avrà senz’altro i suoi benefici anche sul sistema immunitario!
Bibliografia
Starcevic V. (2017), Cyberchondria: Challenges of Problematic Online Searches for Health-Related Information, Psychother Psychosom, 86: 129-133.
Zuccon G., Koopman B., Palotti J., (2015), Diagnose this if you can. On the effectviness of search engines in finding medical self-diagnoses information, Advances in Information Retrieval, Lecture Notes in Computer Science Volume 9022: 562-567.