I comportamenti impulsivi sono scelte consapevoli?
Si tende spesso a colpevolizzare coloro che mettono in atto comportamenti impulsivi come quelli alla base del binge eating o dell’alcolismo. Ma è davvero questione di mancanza di volontà? Essere consapevoli del proprio comportamento equivale ad essere liberi di esercitare una volontà di scelta?
Alcuni disagi psicologici si manifestano in comportamenti impulsivi come l’abuso di sostanze, l’alcolismo o le abbuffate alimentari (binge eating disorder).
Sebbene le persone che mettono in atto questi comportamenti possano essere più che consapevoli di quanto sta avvenendo, la loro incapacità a fermarsi spesso a poco a che fare con la semplice forza di volontà. Essere consapevoli di un certo comportamento non equivale ad essere nella condizioni di modificarlo. Vediamo meglio perché.
Comportamenti impulsivi e perdita di controllo
I comportamenti impulsivi, come risposta comportamentale stabile, sono nella gran parte dei casi delle risposte disadattive allo stress poiché finalizzati a realizzare un evitamento delle emozioni negative ad esso associate.
Le abbuffate alimentari del binge eating disorder ad esempio costituiscono una modalità, spesso l’unica, con la quale la persona reagisce alle difficoltà della vita, difficoltà che non riesce a fronteggiare con strategie maggiormente adattive (come la risoluzione del problema o la gestione delle emozioni ad esso associate).
L’impulso comportamentale dunque assume il “comando”: la persona, spesso inconsapevole delle cause emozionali che hanno prodotto l’abbuffata, percepisce la perdita di controllo sul proprio comportamento e una sostanziale incapacità ad agire diversamente.
Molte persone con binge eating arrivano addirittura a sperimentare stati dissociativi – derealizzazione/depersonalizzazione – durante le abbuffate alimentari.
Il comportamento dunque viene percepito come alieno a sé stessi e alla propria forza di volontà: non si è in grado di scegliere, ma l’unica via disponibile risulta essere quella del reiterarsi del comportamento impulsivo.
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Comportamenti impulsivi e consapevolezza
Il discontrollo comportamentale sotteso a molti comportamenti impulsivi associati ai disturbi psicologici non esclude tuttavia che la persona possa avere un grado di consapevolezza anche dettagliato di quanto sta accadendo. Si tratta però tutt’altro che di una consapevolezza riflessiva, di una presa di coscienza utile a modificare il comportamento e a scegliere soluzioni alternative.
In psicologia cognitiva è stato denominato come “pensiero desiderante”, uno specifico meccanismo cognitivo associato a molti comportamenti impulsivi caratteristici dell’abuso di sostanze o delle abbuffate alimentari che guida in qualche modo la mente verso l’evitamento dello stimolo stressante “distraendo” la persona verso una modalità di pensiero concreto.
L’attenzione della persona si sposta verso tutti quegli stimoli in grado di anticipare una sensazione piacevole connessa alla messa in atto del comportamento impulsivo. Questi potrebbero essere la vista del frigorifero nel binge eating, la ricognizione del supermercato più vicino dove acquistare una bottiglia in una persona alcolista e così via.
Tutta l’attenzione cosciente della mente viene catturata da stimoli esterni e immagini interne in grado di anticipare la messa in atto del comportamento impulsivo (es. abbuffarsi o bere). Questo da un lato provoca già un primo allentamento della tensione dall’originario stimolo stressante (perché la persona appunto se ne “distrae”); dall’altro aumenta la sensazione di urgenza con cui viene ricercata la messa in atto dell’impulso comportamentale.
Comportamenti impulsivi e disregolazione emotiva
Il pensiero desiderante è stato in tal senso assimilato alle rimuginazioni ossessive: sebbene il primo abbia un carattere prettamente concreto e le seconde siano invece spiccatamente sganciate dalla realtà del qui e ora.
Ciò che accomuna questi due meccanismi congiuntivi della mente è il fatto di esercitare l’attenzione e la focalizzazione del pensiero in modi disfunzionali, paradossalmente “irriflessivi” allo scopo di distogliere la mente dal prendere contatto con ciò che realmente la disturba. Ecco perché non è appropriato appellarsi alla forza di volontà: chi soffre di abbuffate incontrollate, di alcolismo o di qualunque altra dipendenza comportamentale/da sostanze non ha poca forza di volontà, piuttosto non ha sviluppato un’adeguata capacità di autoregolazione delle emozioni, questo non le consente di rispondere ad attivamente agli stress della vita né di gestire le emozioni ad essi associate.
Ad una disregolazione emotiva corrisponde così una disregolazione comportamentale e l’agito, il comportamento impulsivo, prende il posto del pensiero: non si ha la possibilità di prendere coscienza, non tanto del proprio comportamento, quanto delle cause emotive che l’anno generato, né di modulare/tollerare quelle emozioni disturbanti.
Una dipendenza comportamentale di questo tipo protratta a lungo può essere molto dannosa perché innesca meccanismi di dipendenza neurochimici e allontana progressivamente sempre di più la persona dal contatto con i propri stati interni. Per questo è fondamentale che si intervenga il più precocemente possibile con interventi psicoterapeutici, farmacologici o riabilitativi a seconda dei casi.
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