Regolazione delle emozioni e trasmissione dell’obesità

Genitori obesi hanno più probabilità di crescere figli obesi. Ma la trasmissione dell’obesità è tutta colpa della genetica? No, o almeno non solo. Le madri in sovrappeso sarebbero anche quelle con maggiori difficoltà nella regolazione delle emozioni e nelle interazioni con il bambino durante il pasto. Ma non certo di una colpa si tratta…

Regolazione delle emozioni e trasmissione dell’obesità

Uno studio a prevalenza made in Italy recentemente pubblicato sulla rivista Eating Behaviors ha valutato la regolazione delle emozioni nelle madri in sovrappeso.

I risultati sembrano indicare come, non solo l’obesità, ma anche una difficoltà di regolazione delle emozioni, siano significativamente associate ad una bassa interazione e un ridotto scambio emotivo fra madre e bambino durante l’allattamento.

 

Le emozioni da madre a figlio: la mamma perfetta non esiste

Una difficoltà nella regolazione delle emozioni rappresenterebbe uno dei fattori di rischio per lo sviluppo di comportamenti alimentari disfunzionali nell’infanzia favorenti l’insorgenza di sovrappeso e obesità precoci.

Come a dire: senza imparare a comprendere le emozioni che proviamo confondiamo i bisogni emotivi con quelli fisici e rischiamo di mangiare le nostre emozioni.

Una dimostrazione in più di quanto non esista la madre perfetta; tutte le madri, ognuna con la propria competenza emotiva, sperimentano stress emotivo prima e dopo la gravidanza e questo si rifletterebbe in maggiori difficoltà soprattutto per quelle donne che hanno meno dimestichezza con le proprie emozioni e che proprio per questo possono più facilmente di altre presentare una forma psicosomatica di obesità.

Se ci fermiamo a cercare un’unica causa biologica, magari genetica, dell’obesità rischiamo di non considerare tutto questo: anche le madri possono aver bisogno di un sostegno emotivo per imparare ad interagire con i loro bambini.

Madri non si nasce ma si diventa se la maternità può essere considerata un’occasione per crescere e non una colpa per le proprie imperfezioni.

La nostra società, che così poco investe nel sostegno e nel rispetto della maternità e delle famiglie, dove i genitori e le madri spesso crescono i figli isolate senza un adeguato sostegno sociale, ha senz’altro ancora molto su cui lavorare.

 

Quali sono le fasi psicologiche della gravidanza?

 

La regolazione delle emozioni e la trasmissione dell’obesità

Chi pensava che l’obesità fosse un malanno ereditato a causa di un gene dispettoso ha fatto i conti senza l’oste: ovvero il “peso” delle emozioni.

Queste le conclusioni che sembrano derivare dalla ricerca condotta dal professor Zavattini dell’Università Sapienza di Roma in collaborazione con il Dipartimento Di Ostetricia E Ginecologia dell’Ospdale Fatebenfratelli e l’Allaint Internatiola University della California.

Le madri obese o in sovrappeso sarebbero con più probabilità anche quelle con maggiori difficoltà nella regolazione delle emozioni, questa loro difficoltà a gestire le emozioni influenzerebbe anche i loro scambi interattivi con i figli, scambi che avvengono, manco a dirlo, durante il momento del pasto e che risulterebbero emotivamente carenti sul piano del coinvolgimento e della responsività ai bisogni del bambino.

La competenza emotiva, in altre parole, non è innata ma va “insegnata” da madre a bambino. Una difficoltà in tal senso si rifletterebbe in una disregolazione alimentare tanto nelle madri quanto, con molta probabilità, nei loro figli.

 

Trasmissione genetica dell’obesità o difficoltà emozionale?

È ormai indubbiamente noto come il rischio di obesità infantile sia maggiore in quei bambini i cui genitori siano uno o entrambi obesi o sovrappeso. Questo dato tuttavia non può essere interamente spiegato chiamando in causa fattori biologici o genetici.

Gli autori dello studio in questione hanno ipotizzato, infatti, che una difficoltà di regolazione delle emozioni nelle neomamme possa giocare un ruolo importante nella trasmissione intergenerazionale dell’obesità e del sovrappeso.

In questa parte della ricerca, che fa parte di uno studio longitudinale più ampio, è stato coinvolto un gruppo di 65 donne italiane equamente suddivise in normopeso e sovrappeso o obese.

Durante il primo trimestre di gravidanza a queste donne è stata somministrata una scala di valutazione per valutare il loro grado di competenza emotiva e le loro strategie di regolazione delle emozioni.

Dopo il parto, queste stesse donne sono state osservate durante le interazioni con i loro bambini al momento della poppata ed è stata valutata la qualità degli scambi interattivi che queste neomamme intrattenevano con i loro piccoli.

Rispetto al gruppo di donne normopeso, le donne sovrappeso o obese risultavano avare maggiori difficoltà di regolazione delle emozioni e, conseguentemente a ciò, sperimentare un maggior stress dopo il parto e scambi interattivi emotivamente più poveri con i loro bambini al momento del pasto.

In altre parole, la loro difficoltà a regolare le emozioni durante la gravidanza sembrava riflettersi in un’analoga difficoltà a gestire successivamente sia il proprio stress emotivo che le richieste emozionali del bambino.

 

 

Imparare a distinguere la fame fisica dalla fame emotiva

Lo studio in questione è interessante perché avvalora empiricamente una volta di più la teoria della regolazione affettiva in base alla quale un adeguato scambio interattivo e affettivo madre-bambino è fondamentale, tanto quanto il nutrimento alimentare, per lo sviluppo psicologico e fisiologico del bambino.

I bisogni di conforto, affetto e contatto fisico sono basilari tanto quanto quello di ricevere cibo ed è importante che pian piano il bambino impari a distinguere queste due categorie di bisogni: quando ha fame e quindi bisogno di introdurre cibo e quando è spaventato, triste o agitato ed ha invece bisogno di conforto affettivo, di una carezza o di un adulto che riconosca e nomini per lui le emozioni che sta provando.

Tutto questo fa capo ad una competenza emotiva che i genitori per primi devono sviluppare per poterla insegnare al bambino.

Una difficoltà nella regolazione delle emozioni non è certo una colpa e non si associa unicamente al sovrappeso materno; i risultati di questo studio tuttavia dimostrano empiricamente come mente e corpo non possano venir considerati separati l’uno dall’altro e come comportamenti alimentari disfunzionali, che corrispondono ad eccessi ponderali, possano riflettere una fame “emotiva” che rende difficile discriminare tanto le proprie emozioni quanto quelle del bambino. 

 

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Per approfondire

> La ricerca condotta dal professor Zavattini dell’Università Sapienza di Roma