Il ruolo della motivazione nella psicologia del lavoro
La psicologia del lavoro considera la motivazione un fattore determinante
per essere felici e produttivi professionalmente. Molte teorie hanno cercato di definire i bisogni e come si coniughi la sfera personale con quella lavorativa: da Maslow a Argyris e Vroom, sono diverse le modalità con cui si è ipotizzato il rapporto tra motivazione e lavoro. Vediamone alcune
La psicologia del lavoro vede nella motivazione un elemento fondamentale per una felice vita lavorativa. Con questo termine si fa riferimento all’impegno che un soggetto ripone in un’attività, sia a livello qualitativo, sia a livello quantitativo. In letteratura si parla spesso anche di job involvement per evidenziare la relazione tra le caratteristiche individuali dei lavoratori e quelle aziendali come macrofattore decisivo per determinare il coinvolgimento in ambito lavorativo. Sono molte le teorie che hanno cercato di comprendere come convivono.
Psicologia del lavoro: la motivazione secondo Maslow
Secondo Maslow il comportamento delle persone, anche la lavoro, è dettato dalla soddisfazione dei bisogni ordinati secondo una gerarchia basata su un ordine preciso. Partendo dal basso si trovano:
- bisogni fisiologici legati alla sopravvivenza nell’immediato;
- bisogni di sicurezza fisica ed emotiva che sostengono la sopravvivenza a lungo termine;
- bisogni di appartenenza a un gruppo che sia supporto sociale a vario livello (lavoro, famiglia, gruppi di amici);
- bisogno di stima;
- bisogno di autorealizzazione.
Questa classificazione è stata molto utilizzata nel management ma presenta un punto debole, cioè che ciascuno avverte in modo personale l’urgenza di soddisfare i diversi bisogni. Ad ogni modo resta un utile punto di riferimento per motivare il personale.
Psicologia del lavoro: la motivazione secondo Herzberg
Gli studi sulla psicologia del lavoro di Herzberg e colleghi degli anni Sessanta furono improntati alla ricerca dei fattori che influiscono su soddisfazione e insoddisfazione al lavoro. Due categorie emersero: fattori igienici e motivanti. I primi sono quelli che non incentivano l’azione, ma se non vengono soddisfatti portano a malcontento. Nella seconda categoria rientrano sono quelli che motivano le persone al lavoro perché riescono ad appagare dei bisogni superiori stimolandone la produttività. Tra questi ultimi ci sono: riconoscimento, responsabilità e crescita professionale. Questa teoria fu criticata perché non si basò sull’osservazione diretta, ma solo sull’analisi di interviste.
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Psicologia del lavoro: la motivazione secondo Argyris e Vroom
Due teorie ulteriori sulla psicologia del lavoro sono quelle di Argyris e Vroom. Secondo il primo autore occorre considerare che i lavoratori mettono al primo posto i propri bisogni rispetto a quelli aziendali e quindi bisogna sempre considerare in che rapporti sono questi due gruppi: coincidono totalmente, parzialmente o sono in contrasto? La soluzione sarebbe nell’offrire al lavoratore la possibilità di soddisfare i bisogni di ordine superiore (crescita professionale, valorizzazione del talento, ecc) grazie a un leader direttivo che comunque controlli e definisca i processi lavorativi. Vroom sostiene invece che la motivazione è correlata alla valenza (importanza di giungere ad un obiettivo) e l’aspettativa di raggiungere lo scopo. A questi si può aggiungere l’importanza della ricompensa quando si raggiunge un obiettivo. Per favorire la motivazione occorre definire che rapporto intercorre tra il lavoro e il proprio obiettivo.
Immagine | steve heath