Disturbo borderline e stress nella gravidanza
Lo stress materno nel periodo della gravidanza può rappresentare un fattore di rischio per diverse problematiche psicologiche del bambino e dell'adulto: stress traumatico, conflitti familiari, problemi di coppia, uso di tabacco.
Tra i vari fattori di rischio collegati alla genesi del Disturbo Borderline di Personalità che sono stati presi in considerazione negli ultimi anni, si è cominciato a guardare in modo più approfondito al contributo delle avversità nel periodo prenatale.
Si è detto che lo stress materno nel periodo della gravidanza, l’utilizzo di sostanze stupefacenti, il tabacco, complicazioni mediche, possono portare a restrizioni della crescita intrauterina e a disfunzioni nello sviluppo del feto (Schwarze, 2012). Questi fattori possono indurre deficit cognitivi ed emotivi nella prima infanzia ed aumentare di conseguenza il rischio di problematiche somatiche e disturbi mentali in età adulta.
Le avversità prenatali sono state associate ad altri disturbi mentali, come la schizofrenia, la depressione, il Disturbo Dissociativo dell'Identità. La ricerca condotta da Schwarze e collaboratori (2012), ha scoperto che i pazienti borderline e le loro madri, rispetto al gruppo di controllo sano, riportavano molto più spesso storie di condizioni intrauterine avverse.
Le fonti di stress
Le variabili considerate come fonti di stress comprendevano lo stress traumatico, i conflitti familiari, problemi di coppia, scarso supporto sociale, utilizzo di tabacco durante la gravidanza e complicazioni mediche, evidenziando significative differenze all’interno del gruppo.
Comunque, il dato che emergeva come fattore comune era che le madri di pazienti borderline avevano percepito la loro gravidanza in modo molto più stressante delle madri del gruppo di controllo. In questa indagine sui fattori di rischio prenatali, l’utilizzo di tabacco[1] da parte della madre, e le complicazioni mediche, si sono rivelati i predittori più forti rispetto al DBP dei figli.
Presi insieme, questi fattori fanno pensare che livelli di stress molto elevati nell’ambiente, durante il periodo prenatale, hanno la capacità potenziale di influire sullo sviluppo sano del feto, interferendo negativamente in momenti particolarmente sensibili.
Queste alterazioni possono portare ad una aumentata sensibilità allo stress che può aggravare situazioni di stress successive nel corso dell’esistenza. Simili risultati inducono ad una riflessione rispetto alla considerazione dei fattori genetici del disturbo, e a quella che viene definita vulnerabilità genetica, richiamando in causa il ruolo genitoriale, e soprattutto materno, nell’assicurare le condizioni di crescita e cura migliori per la prole, a partire dal periodo prenatale.
È facile pensare che madri DBP possano essere molto carenti nel fornire l’atmosfera di cura, sostegno, e accoglienza per il figlio, che sono così necessarie in questa fase delicata. Sommate insieme, tutte queste carenze contribuiranno alla trasmissione transgenerazionale della sintomatologia, passandola dai genitori ai figli.
È necessario oltretutto considerare il ruolo che elevati livelli di stress materno alla nascita possono esercitare sull’instaurarsi di un salutare legame di attaccamento madre-bambino, e gli effetti di tale stress per la relazione, anche considerando che elevati livelli di stress sono correlati con uno scarso senso di efficacia personale (Newman, 2007). Alte auto-percezioni di stress rispetto al proprio ruolo di genitore, si pensa possano avere degli effetti avversi sulla relazione madre-bambino (ivi.) e sulla capacità di svolgere al meglio il proprio compito di genitore.
Lo stile genitoriale di madri con disturbi borderline della personalità può quindi avere dei risultati negativi sullo sviluppo e sulla regolazione delle emozioni e del comportamento.