L'arte nella Fase 2, virtuale è meglio? Risponde James M. Bradburne
Molti musei hanno messo online le proprie collezioni, ma con che risultati per l'esperienza dello spettatore? Secondo il direttore della Pinacoteca di Brera nulla è come un comodo sgabello in museo.
Lo abbiamo sperimentato tutti, nelle settimane di quarantena abbiamo navigato in rete con una frequenza superiore a ogni abitudine. Il consumo di internet, secondo i dati diffusi dai gestori di rete, è aumentato di un 40% di media rispetto al periodo pre covid.
Cercare di mantenere una certa normalità ha significato, paradossalmente, stravolgere il modo consueto di vivere i luoghi del quotidiano e del tempo libero. Come godere, ad esempio, dell'arte ai tempi del coronavirus?
Durante il lockdown, non è stato possibile visitare mostre ed esposizioni dal vivo, ma per chi è un “artaholic” molti musei nazionali e intenazionali hanno messo a disposizione le proprie collezioni online, e così alcune cineteche hanno permesso la fruizione via web delle proprie pellicole digitali. Ma con che risultato?
Vedere l'arte, non soltanto scultorea, a due dimensioni, può essere forse più comodo, ma sicuramente fa perdere troppo. Per esempio, la dimensione materica del colore di Vincent Van Gogh, che impressiona dal vivo. Oppure, per restare a Brera, la pittura magrissima del "Paesaggio (Casa rosa)" di Giorgio Morandi. Ne abbiamo parlato con James M. Bradburne, direttore generale della Pinacoteca di Brera.
Bradburne si è distinto per una importante decisione che ha certamente fatto piacere al grande pubblico milanese (e non) che tornerà a percorrere le sale di uno dei musei più importanti d'Italia e non solo.
La Pinacoteca, infatti, offrirà al suo pubblico l’accesso gratuito con prenotazione obbligatoria per tutta l'estate: "La gratuità è un nostro modo per dire grazie alla città, di esserle riconoscenti – ha fatto sapere alla stampa -. Se Brera è nel cuore di Milano, i milanesi sono nel cuore di Brera. Ed è a loro che rivolgiamo il nostro grazie: per non aver mai abbandonato idealmente le nostre sale, per averci fatto sentire il loro sostegno attraverso il sito web e le pagine social, per aver contribuito a fornirci preziose indicazioni sulle loro esigenze e percezioni in vista della riapertura, partecipando numerosissimi a un sondaggio disponibile sul nostro sito. In definitiva, per aver condiviso quella “resistenza culturale” che abbiamo intrapreso all’indomani del lockdown: non una risposta alla contingenza, ma una condizione dello spirito, che ci accompagnerà anche a museo aperto".
Abbiamo parlato con lui di ripartenza e di fruizione, virtuale e reale, dei capolavori dell'arte per tutti.
Secondo lei quale valore deve avere l'esperienza virtuale dell'arte?
Niente può sostituire l'esperienza dell'oggetto reale. D'altra parte, l'esperienza online può fornire l'accesso a informazioni inaccessibili nel museo: radiografie, infrarossi e scansioni UV; documenti storici; materiale comparativo di altre collezioni.
Idealmente, l'esperienza online completa la visita al museo, nei casi peggiori, in particolare quando nel museo vengono utilizzate tecnologie digitali come realtà virtuale e realtà aumentata per creare un filtro tra il visitatore e l'oggetto, si viene a creare confusione.
Lei ha parlato di "museum fatigue", la necessità di offrire ai visitatori sedute per apprezzare le opere e guardarle più a lungo. Cos'altro si può fare per non farsi affaticare dall'arte? Qual è la ricetta giusta, dal momento che il numero dei visitatori è cresciuto con la sua direzione del museo?
Niente sostituisce un semplice sgabello su cui sedersi per aiutare le persone a guardare più a lungo, e niente è meglio di una buona didascalia per aiutarli a vedere di più.
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L'arte contemporanea della vostra collezione è soprattutto figurativa. Come si pone nei confronti delle avanguardie artistiche? Come crede vadano fruite quelle del passato, rispetto alla contemporanea?
Tutta l'arte è contemporanea e attualmente la maggior parte delle ricerche dimostra che l'arte contemporanea è molto più "accessibile" delle opere storiche, proprio perché viviamo nello stesso contesto dell'artista.
L'aspetto importante non è l'età dell'oggetto, ma come è contestualizzato. L'arte è contemporanea solo una volta, mentre il visitatore è sempre contemporaneo.
L'emergenza Covid ha rallentato alcuni trasferimenti: ho visto grandi teche pronte per Palazzo Citterio. Sono stati risolti i problemi strutturali e funzionali? A quando il trasferimento definitivo?
In realtà queste “teche” non sono destinate a essere installate a Palazzo Citterio, sono aree di deposito visibili per le opere destinate, queste si, ad essere esposte a Palazzo Citterio. Quando questo avrà luogo attualmente non lo sappiamo.
Con le nuove misure d'accesso ci sarà bisogno di un maggior coinvolgimento dei visitatori? Ha pensato a qualcosa da fare in questa direzione?
Dipende da cosa si intende per coinvolgimento. Le nuove misure post-COVID non alterano materialmente nulla di ciò che stiamo facendo, con la possibile eccezione dell'eliminazione degli elementi tattili, le didascalie, che erano comunque eccezionali [ndr.: le didascalie della nuova Brera non sono più minute e permettono a tutti una buona lettura e sono accompagnate laddove nel quadro è riprodotto un tessuto prezioso da scampoli così da non vederli soltanto con gli occhi, ma anche poterli toccare con il tatto].
Erano certamente importanti, ma l'approccio attuale non è stato influenzato negativamente dalla crisi. Al contrario, ora i visitatori sono in numero minore, e le condizioni per il loro coinvolgimento - aiutate dalla preparazione pre-visita disponibili online – risultando molto migliori di prima.