La resilienza di gruppo per superare un trauma collettivo
Come affrontare efficacemente un trauma collettivo come un disastro naturale? Come per l'individuo anche il gruppo può fare affidamento sulla propria resilienza riconoscendo i punti di forza per uscire dalla crisi più forte di prima.
La resilienza è una vera qualità per chi la possiede perché fa riferimento alla capacità di resistere ai cambiamenti traumatici attraverso la flessibilità e l'adattabilità. Queste competenze sono sia individuali, sia collettive.
La psicologia dell'emergenza la considera un elemento chiave negli interventi soprattutto quando gruppi di individui vengono colpiti da traumi repentini, come un terremoto o una calamità. In questi casi la resilienza di gruppo agisce positivamente per risolvere il trauma collettivo.
Traumi collettivi e disastri
Un trauma è un evento che sconvolge la vita di un individuo; sebbene esistano delle situazioni che metterebbero chiunque alla prova, i traumi hanno un certo grado di soggettività. Se parliamo di trauma collettivo, facciamo riferimento di qualcosa che sconvolge un'intera comunità nello stesso momento. Il disastro (quello naturale per eccellenza) è un esempio tipico.
Nella letteratura sono stato date diverse definizioni di disastro, ma nel corso del tempo sono emersi dei punti cruciali sulla natura collettiva, l'impatto e l'immediatezza:
- “Una situazione di stress massivo collettivo” (Kinston & Rosser, 1974)
- “Un evento, per essere definito disastro deve avere un impatto traumatico collettivo e deve suscitare reazioni collettive sia a livello pratico (comportamento ed azioni sociali) sia a livello emotivo ed immaginario”. (Cuzzolaro & Frighi, 1991)
- “Una catastrofe è costituita dal sopraggiungere di un evento nefasto, per lo più improvviso e brutale (Croq, Doutheau e Sailhan, 1987).
Come coniugare resilienza e autoefficacia?
Reazioni collettive emotive e comportamentali
La resilienza di gruppo può andare ad incidere su quelle che sono le reazioni emotive e comportamentali del gruppo al disastro e orientarle al meglio.
Qual è il quadro entro cui si va ad operare? Nelle prime ore si assiste ad una reazione di stupore e shock durante la quale gli individui sembrano congelati. Successivamente si aggiunge la paura e il senso di colpa (nei confronti di chi ha avuto la peggio) e un senso di confusione che induce ad abbandonare il luogo del disastro. In particolari condizioni si può scatenare il panico e conseguenti comportamenti violenti.
I fattori che inducono una situazione del genere possono essere considerati il "negativo" della resilienza collettiva. Secondo Francesco Santoianni sono: mancanza di un leader, percezione di essere intrappolati e incapaci di trovare una via d'uscita e un'atmosfera ansiogena precedente al disastro.
La comunità resiliente
La comunità resiliente quindi affronta la crisi e il trauma per uscirne più forte. Se il pericolo è annunciato la resilienza non agisce solo al momento del disastro, ma si basa anche sulle azione preventive che il gruppo è stato in grado di approntare.
Il primo passo per potenziare la resilienza collettiva è un ribaltamento di prospettiva: in una situazione di difficoltà il primo istinto è quello di pensare a ciò che è andato perso, ma per tornare in auge occorre ribadire esplicitamente tutte le risorse che sono ancora disponibili in termini individuali/comunitari e materiali/immateriali.
Ad una maggiore consapevolezza interna (i valori culturali e il senso di appartenenza sembrano essere i migliori elementi su cui puntare) occorre affiancare una rilettura dei rapporti con l'esterno. Quali sono le reti di supporto in atto e quali possono essere attivate? Anche in questo caso è meglio mantenere un atteggiamento attivo pensando a cosa si "restituisce" all'esterno anche non nell'immediato.
La resilienza è un punto di forza anche per le aziende contro la crisi