Se non sei impegnato, non esisti
Al possesso di certi oggetti di consumo si è aggiunto di recente un altro parametro per definire la gerarchia sociale di una persona: il (non avere) tempo. Secondo una ricerca pubblicata sul Journal of Consumer Research, essere costantemente impegnati nel lavoro starebbe diventando un vero e proprio status symbol.
Fino a non molto tempo fa il non aver bisogno di lavorare e l’avere molto tempo libero a disposizione erano caratteristiche che identificavano le persone più agiate ed elevate nella scala sociale. Oggi sembra che questi parametri si stiano ribaltando: essere sempre impegnati, non avere tempo per amici, tempo libero o le commissioni quotidiane sembra sia diventato uno status symbol, una sorta di carata di identità di coloro che sono ritenuti più in alto nella scala sociale.
Essere impegnati: uno status sociale
Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Consumer Research, essere costantemente impegnati e oberati dal lavoro sta diventando uno status symbol che le persone utilizzano per identificare coloro che sono più in altro nella scala sociale rispetto a coloro che dichiarano di avere una vita piacevole e con molto tempo libero.
Perché questa inversione di prospettiva? Secondo gli Autori, la frenesia e la mancanza di tempo libero sono caratteristiche che vengono implicitamente considerate indice di competenza e ambizione nel lavoro, elementi ritenuti indispensabili all’affermazione professionale in un mercato, come quello attuale, sempre più competitivo.
Questa visione connoterebbe soprattutto il mondo statunitense, fondato sul concetto di mobilità sociale e sull’dea che ognuno con i propri sforzi può essere, sempre e comunque, artefice del proprio destino e, attraverso il duro lavoro, ambire a qualunque posizione sociale.
Le cose sarebbero (almeno per il momento) differenti in Europa e in Italia dove le persone confidano meno nella mobilità sociale, ma considerano ancora il tempo libero e quello dedicato agli affetti familiari delle dimensioni importanti, spesso più della carriera.
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Persone impegnate: anche i dettagli fanno la differenza
Basta un auricolare bluetooth rispetto a un più “disimpegnato” paio di auricolari ordinari a fare la differenza. Le persone reclutate per lo studio erano invitate a dare il loro giudizio su alcune storie di invenzione che descrivevano le caratteristiche di alcuni personaggi. Ebbene anche singoli dettagli come quello citato potevano fare la differenza suggerendo che nel primo caso, più che nel secondo, la persona fosse molto impegnata e quindi di status più elevato…
Non è dunque solo come le persone spendono i propri soldi, ma anche come spendono il proprio tempo – concludono i ricercatori – che contribuisce a definirle e, in tal senso, l’assenza di tempo per vacanze e attività di svago sembra contribuire a porle, nella percezione altrui, in alto nella scala sociale.
Le persone, in altre parole, definiscono il proprio status sociale non più, o non solo, mostrando di possedere beni di lusso (una bella auto, gioielli, beni immobili ecc.), ma anche “esibendo” frenesia e mancanza di tempo libero.
Queste inferenze di status, basate sull’intensità del lavoro e la mancanza di tempo, risultano essere culturalmente determinate – più marcate infatti nella cultura statunitense – e rappresentare, oggi, una sorta di “prodotti di lusso apparentemente senza marchio” che le persone inseguono anche per la necessità di definire l’immagine di sé e la propria identità sociale.
Risparmiare tempo è una questione di marketing
Il fatto che sia la mancanza di tempo libero a definire le persone più impegnate nel lavoro può avere ripercussioni importanti, dicono gli Autori, non solo sul mercato e sula cultura del lavoro, ma anche sul marketing. Stanno infatti prendendo piede sempre più prodotti che promettono di far risparmiare tempo, e non ci stupiremmo magari di scoprire, da ricerche future, che le persone tendano a dotarsi di questi prodotti anche quando non ne hanno realmente necessità, ma solamente per una questione di status.
Un esempio principe, come sostenuto da Michael Pollan (2013), è fornito dall’industria alimentare. Il motto sotteso all’offerta comerciale di cibi pronti sembra essere più o meno questo: “sei troppo importante per avere tempo di cucinare”… “se hai tempo da dedicare ai fornelli sei un perdente, uno che non si impegna abbastanza”…
Ma siamo sicuri che in una società, dove attività “normali” come il lavoro diventano spesso vere e proprie dipendenze, questa sia la direzione più utile da prendere? Davvero questo rincorrere la mancanza di tempo libero ci aiuterà a prosperare a lungo termine? Noi Italiani, è vero, risultiamo relativamente meno condizionati da questi dettami sociali ma in una società globalizzata come quella attuale, dove sempre più realtà aziendali e multinazionali esportano modelli di lavoro statunitensi, davvero possiamo pensare di rimanere immuni? Forse sarebbe conveniente correre preventivamente ai ripari.
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