Stereotipi di genere e fiabe
Il principe che salva la principessa e il loro amore coronato in un happy end: questo è il genere di fiabe con il quale molti di noi saranno cresciuti. Solo alcune fanno eccezione. Vediamo insieme come e perché le fiabe alimentano gli stereotipi di genere
Le fiabe costruiscono i loro personaggi all’interno di un sistema patriarcale ben definito, così gli stessi personaggi ricoprono ruoli precisi.
L’eroina è bella, docile, con i "capelli scuri come l'ebano, la pelle bianca come la neve e le labbra rosse come il sangue" (ricordate Biancaneve?). Lei e la sua bellezza sono spesso vittime di una matrigna, solitamente crudele, perfida e invidiosa della Bella. Così inizia la prima dicotomia tra bellezza e bruttezza.
La sua salvezza sarà solo nell’intervento di un eroe, il principe anch’esso bello, coraggioso e forte che la trarrà in salvo e innamorato di lei, la sposerà.
Ed ecco l’happy end che tutti sembrava stessimo aspettando. Se l’eroina è di una scala sociale elevata (vedi Aurora di La Bella Addormentata o Biancaneve) il suo status sociale rimane invariato, in caso contrario il suo status migliorerà (vedi Cenerentola e Bella di La Bella e la Bestia).
Stereotipi di genere nelle fiabe: lei e lui
Come scrive Elena Gianini Belotti (1973) nel suo libro Dalla parte delle bambine, le protagoniste di queste narrazioni sono passive (Aurora dorme cent’anni in attesa del principe), inette, incapaci, vote al servilismo e simbolo di virtù domestica (come non pensare a Cenerentola?), così come la favola di Cappucetto Rosso che sembra esaltare la pericolosità dell’andar sole nel bosco piuttosto che sottolineare che chi molesta o aggredisce in realtà sbaglia.
La donna nelle fiabe è associata agli spazi chiusi, come la casa e le stanze, alla cura della famiglia, la donna del focolare insomma; l'uomo, invece, è associato al valore della scoperta, dell’esplorazione, dell’avventura, dell’azione, del comando, i suoi spazi sono aperti, i suoi orizzonti ampi.
Linguaggio e stereotipi di genere
Stereotipi di genere nelle fiabe anticonvenzionali
I modelli anticonvenzionali si trasmettono con fatica, e sono sempre più diffusi libri, film, giocattoli, programmi televisivi e pubblicitari con grande specificità di genere. Possiamo citare alcuni cartoni dove le eroine si discostano dai temi classici, come Mulan anche se per salvare la Cina si vestiva da uomo, e Lady Oscar, anche se suo padre avrebbe voluto un maschio. Come dimenticare anche Pippi Calzelunghe che riesce a cavarsela da sola in ogni situazione?
Sono poche quindi le narrazioni dove le bambine protagoniste sono esplorative, pensano e si muovono rivelando così la loro creatività. Guardando più indietro, troviamo Piccole Donne di Alcott o Il giardino incantato di Burnet, e con uno sguardo più al presente, alcuni testi di Bianca Pitzorno o Donatella Zilotto.
Stereotipi di genere e fiabe: la questione
La questione della trasmissione dello stereotipo di genere nelle fiabe è la diffusione sin dalla più tenera età di una visione dicotomica e binaria dell’essere uomo o donna, ma più in generale dell’essere persona.
Le fiabe ritraggono un modo di essere donna e di essere uomo che vengono interiorizzati dai bambini e riproposti nel loro modo di percepire la realtà.
La donna e l’uomo sono così intrappolati in rigidi ruoli che difficilmente danno loro l’occasione di acquisire e sentire liberamente come proprie delle caratteristiche attribuite al genere opposto.
Il cliché romantico della relazione uomo-donna delle fiabe non è di per sé sbagliato, ma non può essere proposto come l’unico possibile; non è, infatti, pensabile che l’unico happy end previsto sia per tutte il matrimonio, ad esempio.
La questione fondante è: quali sono i desideri e le possibilità che ogni persona fondamentalmente si perde poiché attribuisce rigidamente qualità e ruoli all’uno e l’altro genere?
Bibliografia: G. Priulla (2013). C'è differenza. Identità di genere e linguaggi: storie, corpi, immagini e parole. Franco Angeli, Milano.
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