Sindrome da bikini, cos'è
Sindrome da bikini, di cosa si tratta? Di un radicato pregiudizio di genere che tende a ridurre la femminilità all'aspetto fisico e, nella fattispecie, alle sue porzioni sessualizzate. Pregiudizio quanto mai fatale, sia per la “prova costume” che per la scienza…
A essere incriminato è proprio lui: il bikini, famigerato costume da bagno femminile, deputato a rivestire proprio le zone fisicamente sessualizzate del corpo femminile: il seno e la zona riproduttiva. Croce e delizia per milioni di donne che alle soglie dell’estate tentano di modificare la propria forma fisica per adeguarla al tanto amato/odiato costume da bagno ma non solo…
Anche la scienza a quanto pare ha la sua “sindrome da bikini”: a concentrasi solo su certe aree del corpo e della salute della donna si rischia, a quanto pare, di commettere grossolani errori che possono costare cara la vita alle pazienti donne.
Sindrome da bikini e prova costume
C’è chi l’ha ribattezzata addirittura “bikini blues”, ma la sindrome da bikini torna puntualmente ogni anno, alle soglie delle vacanze estive, a far parlare di sé. Secondo un’indagine condotta dal portale Inabottle, ne sarebbe “colpita” una donna su 4: il 34% delle donne intervistate dichiara infatti di provare insoddisfazione per il proprio corpo a causa di alcuni chili in più.
Questo, alle soglie della stagione estiva, può portare a vissuti di frustrazione, vergogna e disistima di sé all’idea di scoprire e mostrare il proprio corpo. E non dobbiamo dimenticare che la propria immagine corporea, ovvero il vissuto soggettivo del proprio corpo, si modifica a seconda dei propri stati d’animo: per questo si diventa i peggiori giudici di se stessi e osservare la propria immagine con preoccupazione non farà altro che renderla peggiore ai nostri occhi.
Ecco perché in questo periodo dell’anno si moltiplica il ricorso alle diete, a volte last minute e fai da te, riprendendo i buoni propositi di un’alimentazione sana lasciati magari in sospeso dai mesi invernali. Questa corsa all’ultimo minuto però non fa bene né al corpo né allo spirito: chi fa diete eccessivamente restrittive rischia nel lungo periodo un effetto yo-yo e quindi di riacquistare con gli “interessi” i chili persi.
Ma, soprattutto, si rischia di non appropriarsi mai del tutto di un sano meccanismo di autoregolazione sulla propria alimentazione (si ha ciclicamente bisogno di far ricorso a regolatori “esterni”, le diete e/o il dietologo) né di una sana autostima per il proprio corpo che i modelli stereotipali di bellezza femminile vorrebbero costringere in forme omologate da rotocalco, spesso distanti dalle fattezze “reali” dei corpi in carne e ossa.
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Sindrome da bikini e medicina di genere
Curiosamente lo stesso termine, la sindrome da bikini, è stato adottato anche per alludere a un fenomeno del tutto diverso che riguarda la scienza medica e, in particolare, i pregiudizi dei medici rispetto alla sintomatologia e alle cure delle pazienti donne.
La medicina infatti ha fin troppo spesso ridotto le differenze fra donne e uomini a soli caratteri riproduttivi. Il risultato? Che le uniche “peculiarità” riconosciute alle donne come pazienti riguardano specifiche malattie del seno o dell’apparato riproduttivo (ricordate il bikini?), mentre per tutte le altre malattie i medici tendono ad aspettarsi sintomatologie e decorsi analoghi a quelli attesi negli individui di sesso maschile.
Ebbene molto spesso non è così. Un caso eloquente è quello dei sintomi da infarto che nelle donne possono manifestarsi in modi molto differenti rispetto agli uomini, questo può portare il personale sanitario a sottovalutarli con esiti potenzialmente fatali: solo lo scorso anno in Italia – afferma Rosaria Iardino, presidente di Donneinrete – oltre 150mila donne sono morte perché non è stato loro diagnosticato un infarto in corso.
Ecco perché recentemente molte personalità istituzionali, del mondo politico e scientifico, si stanno muovendo per attirare l’attenzione sul fenomeno della medicina di genere: non sono solo i caratteri sessuali a differenziare le donne in quanto tali e di questo la medicina deve tenere conto.
Alcuni pregiudizi in comune…
Vien da riflettere sul pregiudizio scientifico della sindrome da bikini: in fondo non è così diverso dai pregiudizi diffusi per altri versi nella cultura del rapporto fra i generi.
Una cultura che, esaltando corpi perfetti, esibendo forme e parti di corpi per attirare lo sguardo maschile (e magari vendere un prodotto), non fa altro che perpetrare una visione erotizzata della donna ridotta ai suoi soli connotati sessuali. Queste immagini “oggettivate” fanno sì che le donne stesse imparino, senza quasi accorgersene, a vedersi allo specchio nello stesso modo: come oggetti da manipolare per il piacere altrui.
Fra la sessualizzazione del corpo femminile nelle pubblicità e i pregiudizi, potenzialmente fatali, di certa parte della scienza medica ci sono, certo molte differenze, ma ance inquietanti somiglianze: per motivi diversi la donna è sempre riconosciuta come tale solo in funzione di quel “bikini” ovvero delle zone che rimarcano le sue peculiarità sessuali.
Forse recuperare uno sguardo più “olistico” davanti allo specchio potrebbe salvare, metaforicamente, qualche vita o, almeno, la libertà di spogliarsi per fare un bagno al mare senza l’obbligo di dover piacere ai consumatori di rotocalchi.
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