Cosa sono le terapie di conversione sessuale

Le terapie di conversione sessuale sono state scientificamente definite non solo inutili, ma pericolosamente dannose per la salute mentale e sono state ampiamente condannate da più parti del contesto clinico e sociale.

Terapie di conversione sessuale

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Le terapie riparative o la terapia di riorientamento sessuale sono pratiche pseudoscientifiche, dannose e fortemente condannate da ogni parte del mondo scientifico. Non solo non è possibile, ma non è etico né di beneficio operare a favore della conversione dell’orientamento sessuale di una persona ritenendo quest’ultimo espressione di una patologia o di una devianza. 

 

Nell'edizione del 1974 del DSM-II l'omosessualità viene eliminata dalla classificazione dei disturbi mentali e nel 1992 l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha definitivamente rimosso l'omosessualità dalla lista dei disturbi mentali.

 

Sigmund Freud: “progressista” nonostante i pregiudizi

A combattere l’omofobia non è solo il mondo civile, politico e istituzionale; anche la scienza si è trovata in più di un’occasione a dover esercitare la giuste responsabilità che le competono difendendo le teorie realmente affidabili e il rispetto della dignità e della libertà di espressione di ogni persona.

 

Fra i più noti sostenitori delle terapie di conversione vi sono Richard A. Cohen, fondatore della International Healing Foundation e Joseph Nicolosi, direttore della Thomas Aquinas Psychological Clinic in California.

 

Fin dagli albori della psicoanalisi in realtà questo argomento è stato al centro del dibattito scientifico che non poteva naturalmente che risentire delle impostazioni culturali e epistemologiche dell’epoca. Nonostante questo fu lo stesso Sigmund Freud a dichiararsi scettico sull’efficacia di terapia di riconversione sessuale affermando, pur non scevro da pregiudizi, che “l'omosessualità di sicuro non è vantaggiosa ma non c'è niente di cui vergognarsi, nessun vizio, nessuna depravazione, non può essere classificata come una malattia”. 

 

Questo scriveva il padre della psicoanalisi in risposta a una madre che gli aveva chiesto aiuto con suo figlio gay. Egli per altro sosteneva nelle sue teorie l’esistenza di una bisessualità innata a fronte della quale l’orientamento sessuale emergerebbe solo secondariamente.
 

I tempi “bui” in cui visse Alan Turing

Le terapie di conversione sessuale godettero di un triste primato nel periodo a cavallo fra gli anni '30 e '60, sostenute dalla psichiatria, dalla politica e da ampi movimenti religiosi

 

Queste pratiche si fondavano sulla convinzione, errata e preconcetta, che solo l’orientamento eterosessuale fosse quello innato per “natura” e che ogni devianza da esso fosse patologica o maligna e andasse corretta. Le “terapie” condotte in quegli anni non risparmiavano metodi piuttosto aggressivi come l’elettroshock, la castrazione chimica e altre terapie comportamentali basate sul condizionamento

 

Lo stesso Alan Turing (uno dei più grandi matematici di tutti i tempi e padre dell’informatica), nel 1952 venne sottoposto a questo tipo di abusi e morì suicida all’età di 41 anni. Il bellissimo film The Imitation Game (2014) ne racconta la vita, la genialità e purtroppo la triste fine.

 

Le prime consistenti opposizioni alle terapie di conversione sessuale iniziarono solo dopo il 1969 e la nascita dei movimenti a difesa dei diritti delle persone omosessuali. Da allora vennero meno gli approcci corporali più invasivi, ma rimasero iniziative terapeutiche non farmacologiche e non psichiatriche che si configuravano (e si configurano tutt’oggi) come approcci “riparativi”. Si tratta di terapie di conversione di derivazione psicoanalitica (condannate dalla stessa società di psiconalisi americana) che concettualizzano l’orientamento omosessuale come orientamento sessuale incompleto, problematico o di origine traumatica (Nicolosi, 1991; Moberly, 1983).

 

La condanna del mondo scientifico

L’American Psychoanalitical Association ha fermamente condannato le istituzioni proponenti terapie riparative (2004). Nel 2009 l’American Psychological Association illustrava i risultati di una revisione della letteratura scientifica in materia di terapie di conversione sessuale evidenziando come tali pratiche fossero prive di reale efficacia e dannose

 

Per tali motivi si incoraggiava i professionisti a promuovere il benessere psicologico delle persone senza intervenire a favore di una modificazione del loro orientamento sessuale. Si invitavano inoltre i genitori di figli omosessuali e questi ultimi a diffidare di qualunque organizzazione o professionista che concepisse l’omosessualità come malattia o devianza.

 

Nel 2010 in Italia psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, psicoanalisti, studiosi e ricercatori nel campo della salute mentale hanno sottoscritto un documento di condanna di ogni patologizzazione dell'omosessualità, affermando che "qualunque trattamento mirato a indurre il/la paziente a modificare il proprio orientamento sessuale si pone al di fuori dello spirito etico e scientifico". Anche il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi e i consigli regionali si sono più volte pronunciati rimarcando la dannosità delle terapie riparative o di conversione sessuale e l’inammissibilità e ascientificità della concezione dell'omosessualità come malattia (2011). Nel 2015 è infine arrivata la condanna da parte delle Nazioni Unite.
 

Il sintomo non è l’orientamento sessuale

Riguardo alla pretesa o alla richiesta di convertire, riparare o correggere un orientamento sessuale perché ritenuto, soggettivamente o etero normativamente, difforme dalle “attese”, è interessante quanto specificato nell’ICD-10, la classificazione internazionale delle malattie dell’OMS. Si specifica infatti come nessun orientamento sessuale possa essere ritenuto patologico di per sé

 

Al tempo stesso si annovera, fra i disagi psicologici che possono divenire oggetto di attenzione clinica la presenza di un orientamento sessuale ego-distonico, sia esso un orientamento eterosessuale, omosessuale, bisessuale o altro. Cosa significa questo?

 

Che la persona vive un disagio rispetto al proprio orientamento sessuale e chiede, vorrebbe che questo si modificasse. Questo è l’aspetto interessante di questa recente concettualizzazione: il “sintomo”, il disagio che la persona porta non è rappresentato dal suo orientamento sessuale, ma dal suo desiderio di modificarlo rivelando la sua difficoltà ad accettarlo e integrarlo come parte della propria identità. 

 

Non è, per certi versi, molto diverso dalle persone anoressiche che manifestano un intenso desiderio di dimagrire, che continuano a vedersi grasse nonostante siano già sottopeso, e sembrano chiedere aiuto per mantenere il proprio peso sotto i limiti della propria fisiologia.
Fortunatamente uno psicologo non “fa”, non “ripara” né tantomeno “converte” nessuno ma affianca la persona nella ricerca e costruzione di un’identità consapevole, autentica e libera

 

Bibliografia
American Psychological Association (2009). Resolution on Appropriate Affirmative Responses to Sexual Orientation Distress and Change Efforts.
Crow C. (2004). Irate reader's expert on gays has drawn fire from his peers, San Antonio Express-News.
Moberly E. (1983). Homosexuality: A new Christian ethic, Cambridge, James Clarke.
Nicolosi J. (1991). Reparative Therapy of Male Homosexuality: A New Clinical Approach, Northvale, NJ, J. Aronson.
ONU (2015). Citing ‘pervasive abuse,’ new UN report presents recommendations on protecting LGBT rights.
Ordine degli Psicologi del Lazio (2011). La posizione dell'Ordine riguardo alle "terapie riparative".
Ordine Nazionale Psicolog (2011). Omofobia - La Posizione Degli Psicologi.