Gatekeeping: sessismo delle madri e cura dei figli
Le madri possono esserne portatrici a volte inconsapevoli di stereotipi di genere. Il gatekeeping materno può rendere la condivisione della cura dei figli più apparente che reale. Vediamo perché.
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Secondo una ricerca britannica pubblicata sulla rivista Sex Roles (Grant & Pinho, 2018), le ideologie sessiste ambivalenti non solo dei padri ma anche delle madri possono influenzare il tempo e il grado di coinvolgimento che i genitori dedicano alla cura dei figli.
Il gatekeeping materno, questo il nome assegnato al fenomeno, risulterebbe correlato con una divisione più tradizionale del lavoro familiare, un minor coinvolgimento dei padri nella cura dei figli e una maggiore differenza tra il tempo in cui le madri e i padri investono nel lavoro familiare. Credenze sessiste e stereotipate su ruoli e differenze di genere possono essere appannaggio di entrambi i sessi e replicare una struttura familiare di stampo patriarcale anche quando, all’apparenza, i due genitori cambiano lo stesso numero di pannolini… Vediamo perché.
Gatekeeping e sessismo ambivalente
La teoria del sessismo ambivalente (Glick e Fiske 1996, 2001) si fonda su una peculiarità che contraddistingue il rapporto fra uomini e donne nelle società patriarcali: una storica e consolidata differenza di potere associata ad un elevato grado di intimità e interdipendenza. Questo, secondo gli Autori, rende il pregiudizio sessista connotato da un’elevata ambivalenza in cui si mescolano aperta ostilità (legata all’asimmetria di potere) e placida benevolenza (connessa all’interdipendenza) utilizzati, spesso in contemporanea, per legittimare le posizioni di potere storicamente assegnate a ciascun genere: la dimensione lavorativa, sociale e politica per il maschile e quella delle relazioni interpersonali e di cura per il femminile.
Il sessismo nei confronti delle donne risulterebbe ambivalente perché composto sia da una componente ostile, agita verso coloro che sfidano o rifiutano i ruoli più convenzionali; sia da una componente benevola che riconosce alle donne uno status più elevato e maggiore competenza rispetto alla sfera delle relazioni interpersonali, ma le considera al tempo stesso esseri deboli e bisognosi della protezione maschile, dunque inferiori rispetto agli uomini.
L’ostilità e la benevolenza verso le donne rafforza quindi la disuguaglianza di genere e benché sia tradizionalmente più vistosamente espressa dagli uomini, non mancano donne che, più o meno consapevolmente, fanno propria questa visione del rapporto fra i generi interpretando come manifestazione di affetto e interesse un atteggiamento paternalistico o svalutando e criticando le donne che contraddicono i ruoli più tradizionali.
Atteggiamenti ambivalenti verso gli uomini
Anche gli atteggiamenti nei confronti degli uomini possono essere contrassegnati da un’analoga ambivalenza (Glick e Fiske 1999, 2001): su un primo versante si riscontra un atteggiamento dichiaratamente ostile ma non per questo meno riduttivo e stereotipato che si contrappone al potere degli uomini svalutandone le competenze emotive e relazionali e riconducendoli unicamente a tratti stereotipali (uomini che non saprebbero badare a sé stessi senza una donna, interessati solo al soddisfacimento sessuale, incompetenti nelle relazioni e nella cura dell’altro o apertamente svalutati se dediti a professioni o ruoli più tradizionalmente “femminili”).
Su un secondo versante troviamo un atteggiamento benevolo con cui vengono ammirati e stimati uomini che si mostrano protettivi verso le donne e pronti a adorarle e idealizzarle.
Questi atteggiamenti ostili e benevoli, verso uomini e donne, tendono a mantenere un rapporto stereotipato fra i generi (Glick et al. 2000 , 2004) ma anche ad influenzare il comportamento delle madri nella cura dei figli: si parla allora di gatekeeping.
Gatekeeping: in cosa consiste
Il gatekeeping materno è definito come un insieme di credenze e comportamenti, influenzati da atteggiamenti sessisti ambivalenti, che inibiscono uno sforzo collaborativo tra madri e padri nel lavoro familiare e nella cura dei figli (Allen e Hawkins 1999).
Secondo gli studi sull’argomento, un'espressione particolarmente diffusa del gatekeeping materno è il modello manager-helper (Coltrane 1996). In questo modello, le madri agiscono come dei veri e propri “manager”: organizzano, pianificano e programmano il coinvolgimento dei padri nella cura dei figli al fine di mantenere la responsabilità esclusiva del lavoro familiare. Di conseguenza, queste madri tenderebbero a controllare e supervisionare i padri e a criticare la qualità delle loro mansioni domestiche e della cura dei figli (Thompson e Walker 1989 ).
Il gatekeeping materno è, più in particolare, costituito da tre dimensioni correlate (Allen e Hawkins 1999 ).
- La dimensione delle norme e delle responsabilità (le madri tenderebbero ad assumersi l’intera responsabilità della cura dei figli, stabilendo standard rigorosi e gestendo la partecipazione del padre).
- La dimensione di conferma dell'identità materna (si concentra maggiormente sulla madre stessa e si riferisce al desiderio di una convalida esterna del suo ruolo materno).
- La dimensione delle ideologie di genere della madre connessa ad aspettative pregiudizievoli, stereotipali e sessiste per uomini e donne (che vedrebbero, ad esempio, gli uomini inevitabilmente incompetenti o meno capaci nella cura dei figli e nelle mansioni domestiche).
Queste tre dimensioni riflettono nel loro complesso la tendenza di alcune e madri a difendere determinati ruoli di genere e la loro riluttanza a condividere il controllo dei lavori domestici e della cura dei figli con i loro compagni (Allen e Hawkins 1999).
Gatekeeping e cura dei figli: una ricerca
La ricerca cui prima si accennava è stata condotta in Gran Bretagna allo scopo di indagare il possibile meccanismo attraverso il quale le ideologie sessiste vengono tradotte in comportamenti quotidiani che aiutano a mantenere una struttura sociale di genere (Glick e Fiske 2001; Grant & Pinho, 2018).
Sebbene la Gran Bretagna sia un paese con livelli relativamente bassi di disparità di genere, sembrerebbe caratterizzata a livello culturale ancora da un modello di stampo patriarcale tradizionale.
Di conseguenza, sebbene abbia una delle percentuali maggiori di madri che lavorano, la maggior parte di queste lo fanno a tempo parziale caricandosi quindi maggiormente della cura dei figli e sacrificando, più dei loro compagni, la vita professionale.
Lo studio (condotto nell’ambito di una più ampia indagine sulla famiglia) ha coinvolto un gruppo di 207 donne britanniche madri di almeno un bambino di età inferiore ai 6 anni. Ognuna ha compilato online un questionario dove era richiesto di esprimere il proprio grado di accordo/disaccordo su alcune affermazioni. Il questionario era teso a esplorare:
- tempo e coinvolgimento dedicati alla cura dei figli (“chi fa cosa”),
- sessismo ambivalente (es. "le femministe cercano donne che abbiano più potere degli uomini" e "Molte donne hanno una qualità di purezza che pochi uomini possiedono"),
- atteggiamenti ambivalenti verso gli uomini (es. "Gli uomini di solito cercano di dominare le conversazioni quando parlano con le donne" e "Gli uomini sono più disposti a correre rischi rispetto alle donne");
- gatekeeping materno (es. "Mio marito non sa davvero come prendersi cura di nostro figlio… quindi è più semplice se faccio queste cose" e "Alla maggior parte delle donne piace prendersi cura della propria casa e agli uomini non piace quella roba").
Gatekeeping e routine quotidiana
I risultati dello studio hanno mostrato che effettivamente le ideologie sessiste ostili, soprattutto verso gli uomini, hanno un ruolo nelle tendenze di gatekeeping delle madri.
Queste risulterebbero avere un maggior controllo organizzativo e decisionale nella cura dei figli, investire una quantità maggiore in termini di tempo e assumersi la maggior parte della responsabilità a prescindere da una più o meno equa suddivisione pratica delle mansioni da svolgere nelle attività di routine.
Ciò vuol dire che il gatekeeping materno può influenzare una disparità nel coinvolgimento e nell’assunzione di responsabilità genitoriale anche qualora vi sia un’apparente parità nella suddivisione dei compiti pratici poiché questa è comunque appannaggio del controllo materno. In altre parole: le madri che esprimono un sessismo ostile verso gli uomini e il proprio compagno e che vedono le relazioni di genere come una lotta di potere possono essere disposte a delegare compiti fisici di routine al padre ma restie a rinunciare alla responsabilità e al controllo.
Dalla svalutazione alla valorizzazione dell’altro
Il gatekeeping materno e le sue ripercussioni nell’organizzazione familiare e nell’esercizio delle funzioni genitoriali apre ad alcune interessanti riflessioni.
Anzitutto, come si è già detto, il sessismo non è un atteggiamento di pertinenza esclusivamente maschile: pregiudizi e stereotipi sui ruoli di genere fanno parte della cultura in cui viviamo e influenzano in modi diversi ma non per questo meno profondi sia gli uomini che le donne.
Anche queste ultime dunque possono rendersi, spesso inconsapevolmente (come in modo altrettanto inconsapevole può accadere a molti uomini) portatrici di quei cliché che avallano una disuguaglianza e una discriminazione ai danni del proprio genere di appartenenza. Troppo spesso, nel dibattito sull’uguaglianza di genere, ci si ferma alle manifestazioni di eclatante discriminazione o agli atteggiamenti di aperta ostilità.
Ancora troppa poca attenzione di dedica a una revisione critica e consapevole di come ognuno di noi possa scoprirsi inevitabilmente condizionato da modelli culturali radicati e agiti in maniera spesso irriflessiva.
In secondo luogo, il gatekeeping impone di riflettere, ancora una volta, su cosa si possa intendere per parità di genere. Il rischio, sempre in agguato, è quello di confonderla con una pericolosa pretesa di uguaglianza indifferenziata che sprona le donne a mimare nel mondo del lavoro un modello maschile così come gli uomini (che qualcuno ha infelicemente definito “mammi”) a emularne uno di tipo femminile nella vita familiare.
La sfida rimane sempre quella di costruire una parità fondata sul rispetto, e non sulla negazione, delle differenze. Elemento questo quanto mai essenziale nella differenziazione, appunto, dei ruoli genitoriali. La questione forse non è, o almeno non solo, chi fa cosa, ma quanto i due partner siano in condizione di nutrire un sentimento di fiducia, stima e, perché no, incoraggiamento verso i reciproci ruoli e mansioni genitoriali.
Uscire dalla competizione – spesso come abbiamo visto fondata sulla svalutazione – è il primo passo per rispettarsi e ritrovarsi su un nuovo piano di parità e di scambio. Ne deriveranno, ci auguriamo, figli e figlie più consapevoli e liberi.
Bibliografia
Allen, S. M., & Hawkins, A. J. (1999). Maternal gatekeeping: Mothers’ beliefs and behaviors that inhibit greater father involvement in family work. Journal of Marriage and the Family, 61, 199–212
Coltrane, S. (1996). Family man: Fatherhood, housework, and gender equity. New York: Oxford University Press.
Gaunt R. & Pinho M. (2018). Do sexist mothers change more diapers? Ambivalent sexism, maternal gatekeeping, and the division of childcare. Sex roles, 79: 176-189.
Glick, P. & Fiske, S. T. (1996). The ambivalent sexism inventory: Differentiating hostile and benevolent sexism. Journal of Personality and Social Psychology, 70, 491–512.
Glick, P., & Fiske, S. T. (1999). The ambivalence toward men inventory: Differentiating hostile and benevolent beliefs about men. Psychology of Women Quarterly, 23, 519–536.
Glick, P., & Fiske, S. T. (2001). Ambivalent sexism. Advances in Experimental Social Psychology, 33, 115–188.
Glick, P., Fiske, S. T., Mladinic, A., Saiz, J. L., Abrams, D., Masser, B., … Lopez-Lopez, W. (2000). Beyond prejudice as simple antipathy: Hostile and benevolent sexism across cultures. Journal of Personality and Social Psychology, 79, 736–775.
Glick, P., Lameiras, M., Fiske, S. T., Eckes, T., Masser, B., Volpato, C., … Wells, R. (2004). Bad but bold: Ambivalent attitudes toward men predict gender inequality in 16 nations. Journal of Personality and Social Psychology, 86, 713–728.
Thompson, L., & Walker, A. J. (1989). Gender in families: Women and men in marriage, work, and parenthood. Journal of Marriage and the Family, 51, 845–871.