Perché le madri stanno annegando nello stress
Diventare madri nell’era postmoderna sembra rappresentare un’inevitabile fonte di stress. A causa sia di aspettative ideali e perfezionistiche sulla maternità; sia di politiche sociali ed economiche insufficienti. La maternità rischia di rimanere un problema meramente “individuale” e “privato”, non adeguatamente considerato a livello collettivo, politico e sociale.
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La maternità ci riguarda tutti, uomini e donne, cittadini e politici, genitori e non.
Questa sembra essere la conclusione che emerge tra le righe del volume di Caitlyn Collins (2019), sociologo americano appartenente, dunque, a uno dei paesi occidentali che meno riconosce tutele alle madri che lavorano. Eppure, sostiene Collins, per far funzionare la maternità l’impegno individuale non basta… Concepire la maternità in termini solo di efficienza individuale non fa che aumentare lo stress delle donne bloccate su ideali impossibili di lavoro e carriera.
Lo stress delle madri: paesi occidentali a confronto
La maternità è associata ancora troppo spesso ad un sostanziale declino dell’impegno lavorativo delle donne, portando a salari più bassi delle madri rispetto alle donne senza figli. La differenza tra uomini e donne nell'esperienza del mercato del lavoro contribuisce anche al divario retributivo di genere: il cosiddetto gender pay gap che risulta dunque aggravarsi per coloro che tentano di conciliare famiglia e lavoro. Ma quello economico-materiale non è l’unico risvolto del problema.
Collins ha trascorso cinque anni a studiare come le donne gestiscono la maternità, fra lavoro e vita familiare, intervistando 135 madri lavoratrici della classe media in Svezia, Germania, Italia e Stati Uniti.
Trasportando i lettori nelle case, nei quartieri e nei luoghi di lavoro delle donne, Collins mostra che i desideri e le aspettative delle madri dipendono fortemente dal contesto. Di tutti i paesi industrializzati occidentali, gli Stati Uniti sono all'ultimo posto per politiche di sostegno della famiglia e le madri americane risultano avere i maggiori livelli di stress e sensi di colpa e i più alti tassi di povertà.
In Svezia, rinomata per le sue politiche sulla parità di genere, le madri si aspettano di poter contare sul sostegno di partner, datori di lavoro e del governo. Nell'ex Germania dell'Est, con una tradizione molto più improntata al lavoro subordinato e impiegatizio, le madri non avvertono conflitti sul lavoro, ma spesso riducono orari e ambizioni di carriera. Dati i forti valori patriarcali e tradizionalisti, le madri della Germania occidentale e dell'Italia sperimentano invece più spesso lo stigma se scelgono di voler comunque perseguire una carriera.
I problemi della donne relative alla maternità nel mondo occidentali, sostiene Collins, al di là delle differenze nelle politiche sociali dei vari paesi, risentono fortemente delle credenze culturali sull’uguaglianza di genere, l’occupazione e la maternità.
Lo stress delle madri: aspettative impossibili
Sebbene con importanti differenze geografiche, tutte le madri risultano gravate dallo stress di non riuscire a conciliare famiglia e lavoro, non solo o non tanto in termini materiali, ma in termini affettivi e di realizzazione personale. Su entrambi i versanti infatti le donne che diventano madri possono scoprire di sentirsi schiacciate da aspettative idealistiche e assolutizzanti sia verso figli che verso il lavoro.
In ognuno dei due ambiti ci si aspetterebbe da loro una dedizione totalizzante, che non ammette sconti e deroghe di alcun tipo. Il risultato è quello inevitabilmente paradossale che ogni madre conosce: il tempo dedicato ai figli può essere vissuto come una “mancanza”, una “rinuncia” al lavoro (che a volte purtroppo si rischia di pagare effettivamente cara); al tempo stesso anche il tempo dedicato al lavoro (che sia questo meramente necessario o fonte di autorealizzazione della madre come persona) viene vissuto, in termini speculari, come una “defezione” alla cura che si dovrebbe/vorrebbe assicurare alla famiglia.
Su questo paradosso, secondo Collins e altri ricercatori, gravano due elementi che si influenzano rinforzandosi a vicenda: le aspettative perfezionistiche e irrealistiche che la cultura occidentale nutre nei confronti sia delle madri che della dedizione alla carriera; le politiche sociali assenti o carenti che lasciano il problema tutto a carico dell’individualità dei singoli senza riconoscerne la portata anche sociale e collettiva. Ennesimo risultato, questo, del mondo capitalistico e globalizzato in cui viviamo un mondo dove ognuno è preteso artefice di sé stesso fino alle estreme e impossibili conseguenze…
Lo stress delle madri: alto e basso reddito
Diversi studi hanno dimostrato e documentato come le donne, dopo la maternità, vadano invariabilmente incontro a una penalizzazione economica dovuta ad una più o meno prolungata esclusione o marginalizzazione dal mercato del lavoro. Uno studio del 2009 ad esempio ha preso in considerazione un campione di madri britanniche, americane e tedesche osservando che nel Regno Unito e negli Stati Uniti si registrava una perdita salariale più consistente a causa dell’esclusione o precarizzazione delle donne nel mercato del lavoro (Gangl e Ziefle, 2009). Le madri tedesche sembravano riuscire a mantenere con più continuità il loro impiego registrando però una forma “interna” di discriminazione che rendeva più difficile per loro avere accesso ad opportunità di crescita e di carriera (in accordo con i dati dell’indagine di Collins).
Uno studio successivo del 2018 documenta come, negli ultimi decenni, si stia iniziando ad assistere ad un’attenuazione di questo fenomeno, almeno nelle fasce di lavoratori ad alto reddito dove risulta spesso azzerato lo svantaggio delle madri. Il problema permane, tuttavia, per le fasce lavorative medio-basse (Glauber, 2018).
Lo stress delle madri: famiglia allargata e famiglia nucleare
Per le madri può essere difficile riuscire a rimanere o a rientrare nel mercato del lavoro, non solo a causa di insufficienti tutele politiche; ma anche a causa della struttura familiare di provenienza. Si potrebbe pensare che avere a disposizione una famiglia allargata e poter contare sull’aiuto di altri sia un elemento che avvantaggia la carriera della madri. Stando a uno studio condotto in Cina (Yu e Xie, 2018) dove le famiglie multi generazionali sono più diffuse, non sarebbe proprio così poiché una struttura familiare più tradizionale, sarebbe anche quella di stampo più patriarcale che meno favorisce l’impegno e la realizzazione professionale delle donne.
Da un lato, dunque, un contesto sociale fortemente individualistico, come quello statunitense, penalizzerebbe la maternità perché porrebbe le donne di fronte ad un dilemma insolubile: dare il 100% delle loro energie e del loro tempo sia ai figli che alla carriera.
Dall’altro, una società più tradizionale, come quella ancora vigente in Cina e altri paesi, seppur mettendo a disposizione della maternità aiuti e sostegni intrafamiliari, sembra esser capace di valorizzare le donne solo in quanto madri, ritenendo la maternità valorialmente incompatibile con un impegno professionale elevato. Dalla padella nella brace dunque…
Lo stress delle madri: una prospettiva a lungo termine
Alcuni ricercatori, come lo stesso Collins, hanno provato a dare al problema un respiro più ampio, non si sono cioè limitati a osservare che destini subiva la carriera lavorativa delle donne nei primi anni dopo la maternità; ma hanno provato a guardare “oltre” a cosa avveniva nei decenni successivi.
Kahn e collaboratori (2014) ad esempio, hanno evidenziato che la penalizzazione economica e lavorativa della maternità sembra attenuarsi con l’avanzare dell’età fino ad eliminarsi per le donne di età fra i 40 e i 50 anni che presumibilmente non sono più gravate dal carico di cure che l’infanzia dei figli richiede o, se registrano una maternità in più tarda età, lo fanno quando hanno raggiunto ormai prospettive e posizioni di carriera consolidate.
Killewald e Zhuo (2019), studiando come evolvevano le carriere delle donne nei 18 anni seguenti alla maternità, hanno delineato 5 modelli di evoluzione del lavoro a lungo termine delle madri statunitensi: coloro che mantenevano un lavoro a tempo pieno per necessità meramente economica; coloro che, diventando madri giovanissime, entravano nel mercato del lavoro solo dopo la maternità; coloro che tramutavano il loro impiego precedente in un impegno part time rinunciando però a possibilità di carriera e coloro che rimanevano inoccupate, uscendo dal mercato del lavoro, o per difficoltà a mantenere o trovare un lavoro o perché in condizioni economicamente agiate che consentivano di dedicarsi esclusivamente alla famiglia.
Lo stress delle madri: un problema che riguarda tutti
Invece di ridimensionare le aspettative, tradizionalmente oblative e sacrificali, rispetto alla maternità; sembra che il mondo capitalistico occidentale abbia raddoppiato la dose: alle donne si chiede ora non solo di sacrificarsi totalmente in nome dei figli ma anche di fare altrettanto nel lavoro se desiderano fare carriera o solo mantenere un impiego con uno stipendio decoroso. E sembra che ciò che rende molte donne inclini a sentirsi schiacciate da questo dilemma insolubile sia l’estremo individualismo in cui versa la società attuale, individualismo che, nell’incoraggiare le persone a far di loro stesse e delle loro vita una scelta sempre più “libera” e personale, ha eliminato forme di tutela pur indispensabili specie in quei versanti, come la maternità è, in cui i problemi delle persone non sono solo di rilevanza e portata individuale ma anche collettiva e sociale.
Il mito, tutto dei giorni nostri, che essere impegnati, senza tempo libero e totalmente oberati di lavoro, fino ad erodere spazi personali e privati, sia sinonimo di successo, di grinta e di un modo ottimale di far bene le cose sembra rivelare tutta la sua fallacia e inefficacia proprio nel caso delle madri.
Aspetteremo che questo metta a repentaglio la sopravvivenza della nostra specie per cambiare rotta? Si dice che siamo un paese che invecchia e le soluzioni sembrano spesso chimere inarrivabili. Forse prima di “fare” bisognerebbe provare e pensare, a sentire, per vedere se lì da qualche parte di noi esseri umani iperconnessi nel terzo millennio sia rimasto un barlume di una consapevolezza tanto semplice quanto oggi dimenticata: la maternità e i bambini, non sono problemi solo individuali di chi “vuole” e di chi “può”, sono anche problemi collettivi perché riguardano il futuro di tutti.
Bibliografia:
Collins, Caitlyn. (2019). Making Motherhood Work: How Women Manage Careers and Caregiving, Princeton, NJ: Princeton University Press.
Gangl M. e Ziefle A. (2009). Motherhood, labor force behavior, and women's careers: an empirical assessment of the wage penalty for motherhood in Britain, Germany, and the United States, Demography; 46(2):341-69.
Glauber R. (2018). Trends in the Motherhood Wage Penalty and Fatherhood Wage Premium for Low, Middle, and High Earners, Demography; 55(5):1663-1680.
Kahn J.R., García-Manglano J. e Bianchi S.M. (2014). The Motherhood Penalty at Midlife: Long-Term Effects of Children on Women's Careers, Journal of Marriage e family.;76(1):56-72.
Killewald A. e Zhuo X. (2019). U.S. Mothers' Long-Term Employment Patterns, Demography; 56(1):285-320.
Yu J. e Xie Y. (2018). Motherhood Penalties and Living Arrangements in China, Demographic Research; 80(5):1067-1086.