La Psicologia dell’audiovisivo
Se pensate che lo psicologo sia soltanto colui che sta seduto e ascolta i problemi della gente rimarrete sorpresi dallo scoprire quest’ultima frontiera della psicologia applicata: la psicologia dell’audiovisivo. Stefano Paolillo nel suo testo omonimo offre spunti interessanti per una declinazione della competenza psicologica al servizio della progettazione e realizzazione di sceneggiature, programmi televisivi o videogiochi. I prodotti audiovisivi permeano l’universo comunicativo dei nostri tempi con obiettivi e risultati spesso non scontati.
All’inizio era il cinema muto, poi arrivarono i dialoghi e i suoni, poi le prime tv, i palinsesti televisivi che si arricchivano sempre di più entrando pervasivamente nelle case e nelle vite di tutti… Oggi internet, videogiochi, tecnologie multimediali all’avanguardia hanno reso l’audiovisivo un elemento ineliminabile dalle nostre vite, uno strumento di comunicazione, narrazione e costruzione di realtà. La psicologia può offrire diversi contributi in quest’ambito sia per chi gli audiovisivi li fa, sia per chi ne usufruisce.
A chi si rivolge la psicologia dell’audiovisivo
Stefano Paolillo nel suo libro Psicologia dell’audiovisivo (Psiconline, 2012) offre una panoramica interessante sulle possibili declinazioni e applicazioni della psicologia alla produzione e fruizione degli audiovisivi. La psicologia può rivolgersi a chi gli audiovisivi li fa, offrendo consulenza alla progettazione degli stessi, ma può rivolgersi anche a chi ne usufruisce spesso troppo passivamente senza operare un vaglio critico di ciò che viene offerto, può infine rivolgersi agli stessi psicologi là dove l’audiovisivo può diventare esso stesso uno strumento di intervento psicologico.
La consulenza dello psicologo per l’audiovisivo
Il più famoso caso in cui uno psicologo venne reclutato per le progettazione e realizzazione di un audiovisivo fu forse quello di Carlo Alberto Cavallo che collaborò alla selezione dei partecipanti al cast del Grande Fratello, una sorta di “selezionatore del personale” a fini apparentemente inconsueti, con il compito di assortire i potenziali protagonisti del primo grande reality della storia televisiva italiana in base alle loro caratteristiche di personalità. In realtà la psicologia può offrire consulenza e affiancamento alla realizzazione di audiovisivi con prospettive molto più ampie che riguardano da un lato la domanda e i bisogni del potenziale pubblico che gli audiovisivi possono intercettare, dall’altro le effettive ripercussioni che tali prodotti hanno in chi ne usufruisce. Le intenzioni del realizzatore e gli effetti sullo spettatore, in altre parole, sono due poli non scontatamente coincidenti, la psicologia ha, in quest’ottica, la possibilità di avvicinarli intervenendo ad un livello essenzialmente consulenziale.
Non farsi manipolare dall’audiovisivo
Ma che dire di chi fruisce degli audiovisivi? Che dire, in altri termini, degli spettatori di film e programmi televisivi, dei fruitori di videogiochi e prodotti multimediali, degli internauti più accaniti che dalla rete usufruiscono di un’offerta di audiovisiva potenzialmente illimitata? Spesso è difficile districarsi in questo universo così pervasivo e contraddittorio, dove tv e media offrono un’ “agenda” già predefinita di notizie informazioni che tendono a dirigere la nostra attenzione e a predeterminare a cosa dedicheremo il nostro interesse e cosa invece tralasceremo illudendoci che non sia importante perché semplicemente in questo momento “non fa notizia”. L’agenda mediale seleziona per noi cosa è importante e cosa non lo è tendendo in un certo senso, come osserva Anna Oliverio Ferraris, a manipolare la nostra mente (Chi manipola la tua mente? Vecchi e nuovi persuasori: riconoscerli per difendersi, Giunti, 2010).
L’audiovisivo come strumento di intervento psicologico
Infine l’audiovisivo può costituire uno mezzo a servizio della psicologia, non più, quindi, oggetto, ma strumento stesso dell’intervento dello psicologo. Fare audiovisivi significa, infatti, utilizzare una forma narrativa, quella della musica applicata alle immagini, ed è proprio sostenendo la costruzione e ricostruzione di narrazioni e percorsi di senso che l’intervento psicologico può promuovere un cambiamento. Si va dall’utilizzo dei videogiochi a scopi educativi e formativi per i bambini, all’utilizzo della macchina da presa e del video per la narrazione autobiografica e la scoperta di sé, all’utilizzo mirato di film per sollecitare dibattiti, condivisioni e pensieri su determinate tematiche o disagi psicologici.
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