Disabilità: andare oltre pregiudizi e stereotipi
Il 3 Dicembre ricorre la giornata mondiale delle persone con disabilità: vediamo come le parole delle stesse persone con disabilità possono far andare oltre pregiudizi e stereotipi, stimolandoci a cambiare inaspettatamente punto di vista!
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La disabilità sembra esistere solo quando ci riguarda. O fa notizia. E' ancora troppo difficile conoscerla e concepirla come un aspetto del vivere di tutti. Accettare che ci riguardi anche quando non sono affari nostri.
Le Paralimpiadi sono una occasione eccezionale per riflettere sulla potenzialità di quanti vivono e compiono imprese gloriose oltre un handicap ed esiste una Giornata mondiale delle persone con disabilità fra i cui obiettivi c'è proprio quello di sensibilizzare e proporre nuovi punti di vista sul tema.
Giornata internazionale delle persone con disabilità: le origini e gli obiettivi
La Giornata internazionale delle persone con disabilità che ricorre il 3 dicembre di ogni anno è stata istituita nel 1981 con l’obiettivo di sensibilizzare istituzioni e opinione pubblica sul tema della disabilità e dell’inclusione/integrazione sociale delle persone disabili.
Molto tempo è passato dalla Legge 517/1977 che aboliva le classi differenziali e segnava finalmente il diritto dei bambini con disabilità all’inclusione scolastica.
Molto ancora deve essere fatto sul piano culturale, ma la cultura si costruisce non solo nei palazzi del potere, ma anche dal basso dalle esperienze di vita delle singole persone e attraverso i media sono oggi le stesse persone con disabilità come la campionessa Bebe Vio o il grande Alex Zanardi a poter far sentire la propria voce e a rappresentare degli esempi sia per altri che si trovano nella stessa condizione sia per quanti si trovano “dall’altra parte” a confrontarsi con pregiudizi e stereotipi sulla disabilità.
La Giornata internazionale delle persone con disabilità sottolinea l’importanza dell’inclusione e integrazione delle persone con disabilità; questo vuol dire andare oltre il semplice superamento delle discriminazioni, tristi retaggi del passato, e guardare alla disabilità da altri punti di vista.
Due storie che vanno oltre l'ordinario
“La felicità non è nel risultato: quando hai conquistato una medaglia è già finito tutto. Felicità è quello che c’è prima del traguardo, fare una cosa amandola. L’ambizione è il colpo di reni che ti permette di tagliare la linea prima degli altri. La passione ti porta sino a lì."
Queste parole sono senza dubbio quelle di un campione, una persona sicuramente superiore alla media dunque, con doti fisiche certamente maggiori rispetto a quelle che ha ognuno di noi… è esattamente così, ma a pronunciarle non è un atleta “ordinario” ma uno che non esiteremmo a definire “straordinario” da ogni punto di vista: è Alex Zanardi icona del mondo dello sport e campione paraolimpico che con queste frasi ha recentemente rilasciato un’intervista in occasione dell’uscita del suo ultimo libro scritto a quattro mani con Gianluca Gasparini: “Volevo solo pedalare… Ma sono inciampato in una seconda vita” (Rizzoli, 2016) in cui racconta la sua straordinaria carriera. Oggi il campione lotta nuovamente per la vita a seguito di un incidente nel 2020 durante una gara di handnike, la disciplina che gli ha restituito una seconda vita dopo la prima tragedia sportiva del 2001 in cui perse entrambi gli arti inferiori in un testacoda sulla pista di Lausitzring, in Germania.
La disabilità è tutt’altro che una condizione “assoluta” o “oggettiva”: ci possono essere barriere fisiche e architettoniche o psicologiche che impediscono a un disabile di essere una persona a 360°: uno scivolo occupato da un’auto in sosta, la pedana non funzionante di un autobus, la commiserazione o l’indifferenza.
La storia di Alex Zanardi e di altri è invece un esempio non solo per altre persone con disabilità ma anche per coloro che non vivono questa condizione in prima persona.
Irriverente ironico e contro ogni pregiudizio o luogo comune sulla disabilità è anche il romanzo autobiografico di Angela Gambirasio “Mi girano le ruote” (2016, Voltalacarta Editrici), scrittrice e blogger che in 183 pagine tratteggia i toni di quella che lei stessa definisce “una storia che non sta in piedi”, uno spaccato quotidiano della vita di una persona con disabilità ad uso e consumo di colui che la Gambirasio definisce “bipede” e che, spesso, non ha nessuna “abilità” per comprendere…
Niente di personale, la Gambirasio in fondo guarda con benevolenza alle mancanze nei “normodotati”: “Odiassi davvero i bipedi, potrei investirne a centinaia ogni giorno, potendo sempre dimostrare la mia ragione sul foglio di costatazione amichevole” scrive nel suo blog.
Disabilità e sessualità senza barriere