Cura dell'anoressia: cosa vuol dire?

Da un disturbo del comportamento alimentare come l’anoressia si può uscire? Qual è la “cura” dell’anoressia più appropriata? In realtà si tratta di andare oltre la stessa sintomatologia alimentare per affrontare la sofferenza e la confusione affettiva che essa nasconde

Cura dell'anoressia: cosa vuol dire?

Quale cura dell’anoressia? Si tratta infatti di uno dei disturbi del comportamento alimentare che creano maggior allarme nei familiari e nei medici di una ragazza con questo problema (che, a dire il vero, conta alcuni casi anche negli uomini). Chi le è vicino, infatti, difficilmente resterà indifferente all’estrema magrezza che una giovane donna con una problema di anoressia può raggiungere; la cura dell’anoressia viene quindi invocata, cercata, richiesta in primo luogo dagli altri sperando che ella torni a mangiare. Chi invece vive in prima persona un problema di anoressia spesso lo nega, ha un’alterata percezione del proprio corpo, non riconosce la propria magrezza e non cerca quindi un aiuto.

 

Cura dell’anoressia: di cosa stiamo parlando?

L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare spesso anche molto grave che può in alcuni casi portare persino alla morte (vedasi la tristemente nota vicenda di Isabelle Caro). Tuttavia si tratta di una problematica complessa che ha radici profonde nella storia affettiva e evolutiva di chi la sta vivendo. La cura dell’anoressia non può essere intesa come semplice eliminazione del sintomo: il problema non è che la ragazza torni a mangiare e ad essere come “prima”, ma che trovi la sua strada per crescere e per cambiare il rapporto con se stessa, il proprio corpo e le proprie emozioni prima che col cibo in sé.

 

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Cura dell’anoressia: andare oltre le apparenze

La cura dell’anoressia è spesso difficile e, certo, non immediata proprio perché il “sintomo” assume una funzione di protezione – per quanto disfunzionale – rispetto ad una disorganizzazione degli affetti e delle relazioni interne. Un percorso psicologico e psicoterapeutico di cura dell’anoressia incontra come primo ostacolo proprio il fatto che una ragazza vive questo problema come egosintonico e investe con molta difficoltà in un percorso di cambiamento. La cura dell’anoressia non parte dal sintomo fisico ma mira al disagio che esso nasconde: un’incapacità di riconoscere gli stimoli del proprio corpo e di discriminare le proprie emozioni (Paolo Cotrufo, Anoressia del sessuale femminile, 2005); la fame emotiva che non si è capaci di accettare e di gestire viene confusa ed assimilata con la fame fisica che, per questo, si cerca di controllare e di allontanare (Mara Selvini Palazzoli, L'anoressia mentale, 1963).

 

Cura dell’anoressia: lasciarsi nutrire dagli affetti

Qualunque percorso di cura dell’anoressia deve tener conto che il tenace rifiuto del cibo e l’ostentata magrezza che ne consegue rappresentano spesso una difesa da un profondo senso di inadeguatezza; la ricerca di un ideale assoluto di perfezione e di rifiuto della dipendenza (dal cibo come dagli affetti) lasciano la ragazza bloccata, totalmente incentrata sulla questione del cibo e del corpo e sostanzialmente incapace di investire in qualunque altra attività o rapporto umano, in poche parole incapace di vivere e di crescere non solo fisicamente ma, soprattutto, psicologicamente. Per questo motivo la cura dell’anoressia come percorso psicoterapeutico è connessa al raggiungimento di un’adeguata regolazione affettiva affinché la ragazza possa sperimentare e gestire l’intera profondità delle proprie emozioni e dei propri affetti ed utilizzarli come base delle proprie motivazioni e delle proprie scelte. La “cura” dell’anoressia è soprattutto questo.

 

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