Il ruolo della comunicazione interpersonale nella relazione d’aiuto

La comunicazione interpersonale è lo strumento principale attraverso il quale creare e sostenere nel tempo una relazione d’aiuto efficace. Occorre agire a tre livelli: sapere, saper fare e saper essere. Comunicare vuol dire anche ascoltare in modo attivo ed empatico: vediamo come

Il ruolo della comunicazione interpersonale nella relazione d’aiuto

Comunicare con gli altri è indispensabile e non solo impossibile come sostiene la Scuola di Palo Alto. Nella relazione d’aiuto una corretta comunicazione interpersonale è addirittura uno strumento di lavoro irrinunciabile per raggiungere i propri obiettivi di sostegno all’altro. La relazione d’aiuto si stabilisce tra una persona che è in difficoltà o che ha un bisogno e un’altra che è in grado di sostenere questa richiesta. Ci sono due presupposti che devono essere soddisfatti per essere in grado di aiutare qualcuno: la capacità di restare se stessi all’interno della relazione e secondariamente di comprendere empaticamente il mondo dell’altro senza restarne invischiati e senza dare giudizi. Accettare qualcuno vuol dire creare una relazione e ciò avviene grazie a una comunicazione interpersonale basata sull’accettazione incondizionata.

 

I presupposti della comunicazione interpersonale

Accettare l’altro è un compito indispensabile nella relazione d’aiuto, ma è tutt’altro che semplice. Chi si trova a dover richiedere/ricevere aiuto non necessariamente si comporta o si è comportato in modo conforme a chi lo deve sostenere. Gli schemi di valutazione della realtà sono personali e molto diversi, ma accettare l’altro significa cercare di assimilare la sua visione del mondo e di comprendere il significato che ha per l’altro un’azione, un avvenimento, una persona, ecc. La sospensione del giudizio si accompagna a un’attribuzione piena di sincerità e si fonda anche sulla natura asimmetrica della relazione in cui i due interlocutori occupano posizioni differenti. La comunicazione interpersonale nella relazione d’aiuto si fonda su tre competenze: sapere, saper fare e saper essere. Il sapere fa riferimento alla conoscenza delle teorie di comunicazione che poi devono essere applicate in modo efficace (saper fare). In ultimo occorre sviluppare una sorta di meta riflessione su di sé e sul proprio stile di comunicazione.

 

La comunicazione interpersonale vuol dire anche saper ascoltare

La comunicazione interpersonale richiede anche saper ascoltare. L’ascolto è doppio perché oltre ai bisogni del paziente ogni operatore deve prendersi del tempo per ascoltare se stesso. Ad ogni modo, l’ascolto attivo è una parte fondamentale della comunicazione nella relazione d’aiuto. Ascolto attivo ed empatia sono due facce della stessa medaglia poiché se si è predisposti ad accettare l’altro, sarà più facile adottare uno stile di ascolto attento alla visione altrui senza creare barriere alla comunicazione interpersonale. L’ascolto attivo si basa su un comportamento proattivo non volto alla ricerca dei dettagli di una storia, ma di come l’avvenimento è stato vissuto da chi lo racconta.

 

I ponti e le barriere della comunicazione interpersonale

Quali sono le buone pratiche che favoriscono la comunicazione interpersonale in una relazione d’aiuto? Vediamole:

- sospensione del giudizio e della necessità di ‘inquadrare’ la situazione attraverso i propri schemi d’interpretazione;

- ascoltare e attendere perché spesso la parte importante giunge alla fine del racconto dopo che l’utente ha ‘testato’ la pazienza del proprio interlocutore;

- mostrare empatia anche attraverso delle domande con cui chiedere conferma delle proprie intuizioni circa lo stato d’animo dell’interlocutore (mai dare nulla per scontato);

- curare le condizioni ambientali entro cui la comunicazione avviene affinché l’altro sia a proprio agio il più possibile.

 

Spesso nella comunicazione quotidiana troviamo delle barriere che bloccano l’ascolto e che devono essere evitate in un contesto professionale:

- non dare ordini o mettere in guardia l’altro sulle conseguenze del proprio comportamento (solo i genitori fanno le ramanzine);

- evitare di moralizzare il comportamento;

- non fare facili interpretazioni, né consolare;

- non usare la logica o fornire (costringere a) delle soluzioni.

 

Fonte Immagine: tohoscope