Cosa stimola a fare cambiamenti nella vita

Smettere di fumare, cambiare alimentazione, prendere decisioni… Spesso i migliori buoni propositi falliscono contro l’inerzia delle abitudini. Ma alle volte gli eventi “critici” possono rivelarsi un’inaspettata opportunità per attuare cambiamenti prima impensabili. Vediamo perché.

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La nascita di un figlio, la morte di una persona cara, la perdita di un lavoro, un innamoramento… Alcune fasi della vita rappresentano momenti di “crisi”, di passaggio, che richiedono – nel bene o nel male – di modificare elementi importanti della propria identità.

 

Queste occasioni, se sono accolte come “sfide” evolutive, possono rappresentare altrettante opportunità per realizzare finalmente cambiamenti “salutari” nel proprio stile di vita (smettere di fumare, cambiare alimentazione, gestire il tempo di lavoro ecc.) che fino a quel momento sembravano impossibili o destinati a essere procrastinati all’infinito.

 

Punti di svolta…

Le persone per lo più sanno cosa vorrebbero cambiare nella propria vita e quali scelte andrebbero nella direzione di un loro miglior benessere: lo si vede dalla immancabili liste dei buoni propositi che vengono stilate all’inizio di ogni anno, rinnovate prontamente dopo l’estate e troppo spesso largamente inevase. 

 

Diversi studi hanno però preso in esame quando e come le persone invece riescono, spesso in breve tempo, a modificare queste abitudini protratte da lunghi periodi. Smettere di fumare o cambiare alimentazione sono fra i comportamenti finora meglio studiati.

 

Generalmente nel corso della vita adulta tendiamo a mantenere il nostro stile alimentare piuttosto stabile nel tempo e siamo generalmente piuttosto restii a modificarlo, giacché esso è il risultato di tutti quei pensieri, vissuti e strategie comportamentali che abbiamo sviluppato come risultato delle esperienze passate. Ma nell’arco della vita possono verificarsi punti di svolta che ci inducono a cambiarlo in modo più o meno sostanziale.

 

Secondo una rassegna condotta da Devine nel 2005, questo avverrebbe spesso in coincidenza con momenti di transizione da una fase all’altra del ciclo di vita (es. matrimonio, diventare genitori, uscita di casa dei figli, separazione o divorzio, trasloco, cambiamento di lavoro o di status socio-economico).  

 

Ridefinire la propria identità

Nei casi sopra citati, tuttavia, alcune persone reagiscono cambiando il proprio stile alimentare, altre no. Secondo Devine, le prime associano a una transizione esistenziale anche un cambiamento a livello identitario, riconfigurando il proprio approccio al cibo. Questo intento può scaturire ad esempio nell'adozione di una dieta vegetariana o nel successo di un regime per la prevenzione di malattie cardiache

 

Il cibo e l’alimentazione, d’altronde, spesso rappresentano un mezzo per definire la propria identità e comunicarla agli altri (Conner e Armitage, 2002; Bisogni, et al., 2002).

 

In conclusione, dalla rassegna citata sembra che, affinché una transizione esistenziale possa riflettersi in una modifica dell’alimentazione, sia necessario che comporti un cambiamento identitario a cui la persona farebbe fronte intervenendo sull'immagine che ha di sé.

 

Le conclusioni a cui giunge la rassegna di Devine risultano congruenti con quelle precedenti di Herman e Polivy (1984): un evento emotivamente stressante – che incrina l'equilibrio esistenziale precedente – incide sul comportamento alimentare soprattutto quando viene vissuto come una minaccia alla propria identità. In altre parole, quegli eventi critici che minano l'autostima e l’immagine di sé sembrerebbero più inclini a incidere sul comportamento alimentare (Pennella e Rubano, 2019).

 

Subire l’impatto degli eventi o reinventare sé stessi?

Un altro importante contributo è quello apportato dagli studi di Jane Ogden e colleghi (Ogden, et al., 2008; 2009). Essi evidenziano i limiti di quelle ricerche che si sono concentrate solo sulle dimensioni strategiche e comportamentali per la diminuzione e il mantenimento del peso corporeo.

 

Le teorie di stampo socio cognitivo, come il Modello Transteorico del Cambiamento (Prochaska e DiClemente, 1983), descrivono il cambiamento alimentare come un processo che avviene attraverso una serie di fasi e step lungo le quali si modificano le motivazioni e le strategie utilizzate. I risultati, secondo queste teorie, arrivano soltanto nel lungo periodo.

 

Altri studi condotti su ex fumatori evidenzierebbero invece diverse “storie di successo” in cui una modifica sostanziale e duratura di un comportamento sia avvenuta anche in breve tempo senza essere stata preceduta da una lunga e processuale pianificazione.

 

Sono questi i casi in cui, ad esempio, un problema di salute acuto correlato al fumo avrebbe giocato un ruolo critico costituendo di per sé stesso un punto di svolta nel determinare un’interruzione, improvvisa e duratura nel tempo, dell'abitudine sbagliata.

 

In questi casi, le persone sarebbero in grado di intervenire in modo sostanziale su certi stili di vita (dieta, fumo, attività fisica) adottando comportamenti più sani come strumenti di autoregolazione per ristabilire un nuovo equilibrio, rinnovare sé stessi e gestire il cambiamento di fronte a una crisi.

 

L’esempio delle “storie di successo

Le persone protagoniste delle “storie di successo” studiate da Ogden e colleghi quindi non solo modificavano le loro abitudini, ma riuscivano a mantenere una costanza nel lungo periodo. Secondo i ricercatori questo sarebbe sostenuto da tre fattori:

 

> il venir meno della funzione che il precedente comportamento (mangiare o fumare) svolgeva nella loro vita;

> lo stabilirsi di nuove circostanze di vita che impediscono/limitano la possibilità di portare avanti le vecchie abitudini;

> percepire finalmente di avere il controllo sul cambiamento.

 

Questi tre elementi aiutano a perseverare nel lungo termine e così contribuiscono a sostenere un rinnovamento identitario che porta a un nuovo equilibrio

 

Tale meccanismo, concludono gli autori, evidenzia che:

> da un lato l’impatto delle crisi esistenziali e del modo in cui vengono vissute può di per sé stesso innescare un cambiamento senza che sia necessaria una pianificazione cosciente, come suggeriscono invece le teorie socio cognitive;

> dall’altro, il cambiamento alimentare può essere interpretato come strumento di autoregolazione attraverso il quale la persona costruisce una nuova immagine di sé e della propria vita. 

 

Adattamento allo stress e salute

Non tutte le persone che attraversano crisi identitarie reagiscono però adottando nuovi stili di vita più salutari. Come mai?

 

Una successiva indagine quantitativa di Ogden e colleghi (Ogden et al., 2009) ha esaminato il ruolo degli eventi di vita nella perdita e nell'aumento di peso. Ne è emerso come le crisi esistenziali (problemi relazionali, gravidanza, malattie, morte di una persona cara) incidessero sul peso non tanto a seconda del tipo di evento, ma di come questo era stato percepito dal soggetto:

 

> se positivo, controllabile e prevedibile era associato a un dimagrimento e all'incremento dell'esercizio fisico;

> se imprevisto e fuori controllo, a un aumento di peso. 

 

In altre parole: le persone che vivono le crisi esistenziali come “sfide” positive sono anche quelle più motivate a modificare in senso salutare i propri stili di vita per rinnovare la propria immagine, adattandosi meglio al cambiamento e integrando l’evento critico nella propria identità personale

 

Queste conclusioni sembrano in assonanza con quanto evidenziato da uno studio del 2010 di Sutin e colleghi: gli eventi di vita stressanti, se vissuti come punti di svolta negativi che creano una discontinuità dell’esperienza esistenziale della persona, sono più facilmente associati a un peggioramento delle condizioni di salute fisica e a un aumento dello stress psicologico percepito. Ciò al contrario non avviene se gli eventi stressanti vengono percepiti come esperienze da cui si è tratto un insegnamento.

 

Le crisi esistenziali rappresentano punti di rottura che hanno bisogno di essere integrati nel resto dell’esperienza individuale a seconda anche del tempo trascorso e dell’età della persona. Il modo in cui le persone riescono a fare questo passaggio influenza il loro grado di salute fisica e psicologica.

 

Crisi vuol dire anche rinnovamento

Riassumendo, un evento di vita stressante o una crisi esistenziale possono essere vissuti e affrontati secondo due diversi approcci che possiamo rappresentare come estremi di un continuum (Pennella, 2014):

 

> uno di tipo cumulativo (affine al concetto piagetiano di assimilazione) in cui anche gli eventi più drammatici vengono man mano “archiviati” e “messi da parte” senza venire elaborati, rimanendo una sorta di “area cieca” nell’esperienza personale che non apporta nessuna nuova conoscenza di sé e degli altri;

 

> l’altro di tipo trasformativo (affine allo speculare concetto piagetiano di accomodamento) che vede tali eventi come occasione di cambiamento. Se le premesse in base alle quali ci si rapporta all'esperienza vengono messe in discussione e parzialmente modificat dall'accaduto, l'evento va ad ancorarsi e integrarsi al resto della trama narrativa dell’esistenza personale.

 

Il cambiamento delle abitudini alimentari testimoniato dalle “storie di successo” resocontate dalle ricerche prima citate sembra associato a un approccio trasformativo alle crisi esistenziali e a un desiderio di rinnovamento della propria identità personale e della propria immagine di sé.

 

"La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato.

 

Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. La vera crisi è la crisi dell’incompetenza. L’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia.

 

Senza crisi non c’è merito. È nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere nella crisi è esaltare il conformismo. Invece, lavoriamo duro. Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa, che è la tragedia di non voler lottare per superarla” (A. Einstein, 1955).

 

Bibliografia

Bisogni C.A., Margaret D., Connors M., DevineC.M., Sobal J. (2002), Who We Are and How We Eat: A Qualitative Study of Identities. Food Choice, Journal of Nutrition Education and Behavior, 34 (3): 128-139.
Corner, M., & Armitage, C.J. (2002). La psicologia a tavola, trad. it., Il Mulino, 2008.

Devine, C.M. (2005). The life course perspective: understanding food choices in time, social location, and history. Journal of Nutrition Education and Behavior, 37(3):121-128.

Herman, C. P., & Polivy, J. (1984). A boundary model for the regulation of eating. In A. J. Stunkard, & E. Stellar. Eating and its disorders, Raven Press.

Ogden, J., & Hills, L. (2008). Understanding sustained behaviour change: The role of life crises and the process of reinvention. Health: An International Journal, 12, 419–437.

Ogden, J., Stavrinaki, M., & Stubbs, J. (2009). Understanding the role of life events in weight loss and weight gain. Psychology, Health & Medicine, 14:2, 239-249.

Pennella A.R. (2014), Sul concetto di esperienza, in A.R. Pennella (a cura di), Separazioni, perdite e lutti nella vita quotidiana e in psicoterapia, Ti Pubblica, Vignate: 29-39.

Pennella A.R., Rubano C. (2019). Understanding emotional issues of clients approaching to nutrition counseling: A qualitative, exploratory study in Italy. Journal of Health and Social Sciences 2019;4(1):73-84.

Prochaska, J.O., & DiClemente, C.C.D. (1982). Transtheoretical therapy: Toward a more integrative model of change. Psychotherapy: Theory Research and Practice, 19, 276–288.

Sutin, A.R., Costa, P.T., Wethington E., & Eaton W. (2010). Perceptions of stressful life events as turning points are associated with self-rated health and psychological distress. Anxiety, Stress, & Coping: An International Journal, 23:5, 479-492.