Strategie per perdere un brutto vizio (avviando una buona abitudine)
Molte persone vorrebbero imparare a perdere un brutto vizio ma finiscono per rimanere schiave delle cattive abitudini e di stili di vita spesso non salutari. Come fare? Ci vuole metodo e consapevolezza perché non esistono formule “magiche”.
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Molte persone non riescono a smettere di fumare e finiscono per convincersi che non potranno far altro che dipendere dalla nicotina tutta la vita.
Altre hanno il vizio del gioco e continuano ad animarsi di buoni propositi che immancabilmente infrangono dopo poco tempo. Gli esempi potrebbero continuare… Come mai perseveriamo in comportamenti che sappiamo essere dannosi? Come possiamo eliminare una cattiva abitudine?
Eliminare una dipendenza o liberarsi di un vizio?
Anzitutto va fatta una distinzione tra una cattiva abitudine, un vizio che non riusciamo ad eliminare e una vera e propria dipendenza.
Sebbene la distinzione tra le due possa apparire sfumata, quando si instaura una vera e propria dipendenza questa va riconosciuta come tale ed è necessario chiedere aiuto. L’essere umano può sperimentare una dipendenza patologica da una varietà di sostanze e comportamenti compreso ciò che solitamente viene considerato socialmente accettabile, desiderabile o veicolo di convivialità.
Si pensi alla dipendenza da sport, alla dipendenza da lavoro, allo shopping compulsivo (non a caso queste forme sono denominate dipendenze senza sostanze); ma anche al significato socializzante del bere alcol, del fumo e in alcuni casi fina anche del gioco.
Questi comportamenti, in cui alcuni possono eccedere altri indugiare solo occasionalmente, sono spesso considerati normali e se ben socializzati possono mascherare per lungo tempo forme di abuso e di dipendenza. Dove sta il confine?
Nella dipendenza patologica la persona gradualmente, senza quasi rendersene conto, finisce per sostituire le relazioni con gli altri con la relazione con la sostanza/comportamento da cui è dipendente. Tutti i suoi pensieri saranno rivolti ad essa e impiegherà anche una considerevole quantità di tempo per procurarsi la sostanza o l’occasione per dedicarsi al comportamento patologico. Ad esempio rinuncerà a incontri con amici o familiari per l’ennesima sessione di allenamento in palestra, interromperà regolarmente le situazioni conviviali per il bisogno di sigarette o non frequenterà certi posti dove saprà di non poter fumare per molto tempo. O, ancora, le conseguenze del suo comportamento le impediranno di svolgere adeguatamente i suoi doveri come andare al lavoro, aver cura dei figli eccetera (possono essere i postumi di una sbornia, la perdita al gioco, un’abbuffata avuta la sera prima). Sono solo esempi che naturalmente vanno valutati nel quadro più globale di ogni singola persona.
Ma nella misura in cui tali comportamenti arrivano chiaramente a compromettere le relazioni e più in generale il funzionamento lavorativo e sociale siamo di fronte ad una dipendenza (da sostanze o senza sostanza), non si tratta di un semplice brutto vizio, ma di un disturbo per il quale è importante chiedere aiuto.
Perdere un brutto vizio: perché è così difficile
Fuori dall’ambito di pertinenza della psicopatologia, tutti possono però riscontrare nel proprio stile di vita una serie di abitudini, più o meno di lunga data, che ritengono dannose o superflue e che vorrebbero modificare senza tuttavia veramente riuscirci. Perché è così difficile?
Spesso è difficile prendersi cura di sé e soprattutto non è scontato riuscirci mantenendo certi risultati nel lungo periodo. Siamo esseri umani infatti e come tali spesso schiavi delle abitudini che, dopo poco tempo, tornano immancabilmente a prendere il sopravvento. I motivi per cui questo accade possono essere molti, due però spiccano in maniera particolare.
In primo luogo, molti dei brutti vizi che vorremmo toglierci sono in realtà anche i nostri più frequenti antistress. Accendiamo una sigaretta antistress, ci riempiamo un bicchiere di vino o perseveriamo a comprare oggetti che non utilizzeremo mai solo perché questi (o altri) sono i modi in cui cerchiamo di rilassarci, riposare la mente e riprenderci dopo una giornata stancante, una discussione, un momento di difficoltà. E il bello è che spesso non ci rendiamo neanche conto e reiteriamo questi comportamenti in maniera del tutto irriflessiva e “automatica”.
In secondo luogo tendiamo ad identificarci con le nostre abitudini, buone o cattive che siano: spesso le utilizziamo inconsapevolmente come modi per definirci, per sottolineare o esibire una carta immagine di noi. Si pensi ai molteplici significati che può assumere il fatto di accendersi una sigaretta, soprattutto in presenza di altri, o ai valori associati al consumo di certi alimenti o ancora ai significati culturali e sociali che ha il bere vino in certe realtà territoriali dove bere un “bicchiere” è considerato l’obbligatorio lasciapassare per poter iniziare ogni conversazione quotidiana (come in altre realtà è il caffè).
Tutto questo ci evidenzia quanto modificare certe abitudini, per quanto dannose per la nostra salute, implichi qualcosa di più di una mera “correzione” comportamentale. Poter mantenere questi cambiamenti nel lungo periodo implica ad esempio dover apprendere nuove strategie per fronteggiare le situazioni di stress e vivere diversamente alcune occasioni di convivialità sociale.
Perdere un brutto vizio: piccoli passi
Spesso quando si decide di modificare un comportamento, anche se si tratta di un’abitudine che si attua da lungo tempo, si immagina di poter fare questo istantaneamente, dall’oggi al domani senza vie intermedie.
Sebbene talvolta avvenga che alcune persone modifichino improvvisamente certe abitudini, come il fumo, magari dopo l’incorrere di un’emergenza di salute che funge loro da “avvertimento”, questa non è la regola.
Solitamente le persone attraversano un processo molto più lungo e sfumato nel tempo che passa dalla graduale presa di coscienza del problema, all’attuazione di una strategia comportamentale, fino al mantenimento nel lungo periodo intervallato da fisiologici incidenti di percorso.
Solitamente le persone decidono di modificare un brutto vizio non perché “è bene farlo”, ma quando questo assume significati positivi e incoraggianti per le loro vite. Ad esempio in occasione di cambiamenti o fasi di transizione esistenziale dove modificare certe abitudini in meglio contribuisce ad alimentare la piacevole sensazione di un “nuovo inizio”.
Attenzione tuttavia ad obiettivi troppo elevati: può darsi che non sia possibile eliminare improvvisamente un certo comportamento ma che sia più opportuno procedere per piccoli passi con una gradualità e identificare una nuova strategia, altrettanto gratificante ma sana, che possa sostituirne la funzione.
Se ad esempio si vuole riuscire a svegliarsi molto presto la mattina per avere tempo per svolgere una serie di attività per sé sarà molto più utile programmare anticipi graduali di pochi minuti, piuttosto che anticipare da un giorno all’altro la sveglia di mezzora o un’ora. Questo perché il modo migliore per modificare una vecchia abitudine è quello di instaurarne una nuova e le abitudini si sa: hanno bisogno di tempo per consolidarsi…